La sfortuna degli uni fa la fortuna degli altri. Mentre l’Europa è sempre più affossata dalla crisi, il “Sud” del mondo continua a crescere. E questo trend non riguarda più solo i Paesi emergenti, ma anche l’Africa, proprio in virtù dei crescenti scambi con i cosiddetti Brics.
Il continente africano, enorme risorsa di petrolio e materie prime e allo stesso tempo mercato fertile per investimenti in infrastrutture, trasporti e sviluppo industriale e agricolo, ha visto negli ultimi 10 anni incrementare notevolmente i suoi rapporti commerciali in particolare con Cina e Brasile.
Il volume di scambi fra la locomotiva sudamericana e il continente nero è passato dal 2000 al 2010 da 4 a 20 miliardi di dollari, secondo i dati della Banca mondiale. A novembre il presidente brasiliano Dilma Rousseff ha anche fatto un tournèe in diversi Stati africani, indicandoli come una priorità: “La crisi europea ha accelerato la nostra strategia: il Brasile deve assolutamente posizionarsi e sin da subito sul mercato africano, che è in forte crescita”.
Ma la Cina è ancora più avanti: secondo uno studio dell’agenzia di rating Fitch, nel 2010 il colosso asiatico rappresentava già il 14% delle importazioni e il 17% delle esportazioni totali del continente africano, incentrate soprattutto su petrolio, minerali di ferro, rame e carbone. Come Paesi, i più attivi in questi rapporti sono l’Angola, la Repubblica democratica del Congo e lo Zambia.
Il giro d’affari commerciale Cina-Africa è passato in dieci anni da meno di un miliardo di dollari a più di 16 miliardi, mentre gli investimenti cinesi nel 2010 hanno raggiunto la cifra di 11 miliardi di dollari, di cui un terzo nel settore delle materie prime. Ma non è tutto. Pechino ha realizzato un vero e proprio piano strategico sul continente, sviluppando sei aree economiche specializzate, in particolare in Zambia, Nigeria e Etiopia.
Ma il dato più significato è che la Banca import-export cinese (Exim) nell’ultimo decennio ha concesso ben 67,2 miliardi di dollari di prestiti nel continente africano, di cui il 3% sono prestiti a condizioni più vantaggiose di quelle del mercato. Giusto per fare un raffronto, nello stesso periodo i prestiti della Banca mondiale sono stati di “soli” 54,7 miliardi di dollari.
“L’interesse della Cina e di altri emergenti per l’Africa si spiega semplicemente con la volontà di evitare un’eccessiva esposizione sul debito europeo”, spiega Arnaud Louis, analista di Fitch. “Le risorse minerarie e petrolifere continueranno a tirare la crescita, ma soprattutto si sta espandendo il mercato interno, gonfiato dai crescenti consumi della classe media, in particolare in Paesi come la Nigeria, il Ruanda, l’Uganda e il Kenya”, analizza ancora Richard Fox, coautore della ricerca di Fitch.
La stessa agenzia di rating è sempre più interessata al dinamismo africano. Dieci anni fa, valutava solo un Paese, oggi ben 16, e il tasso di crescita del continente è stato stimato tra il 5 e il 6% nel 2012, secondo solo all’Asia.
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