Anche il voto finale della Camera è stato favorevole alla Manovra Monti: il testo è stato approvato con 402 sì, 75 no e 22 astenuti. Nel primo pomeriggio Montecitorio aveva dato il via libera alla questione di fiducia posta dal Governo sul provvedimento con 495 voti favorevoli, 88 contrari e quattro astenuti (tutti del Pdl).
In serata, prima del voto finale del provvedimento, il premier Mario Monti è intervenuto a Montecitorio, sottolineando il senso di responsabilità mostrato dalle forze politiche e rimarcando che, se non verrà meno, “l’Italia si salverà”. Il Presidente del consiglio ha quindi replicato al suo predecessore, Silvio Berlusconi, che giovedì aveva previsto una rapida crisi per il nuovo Governo: “Non mi sento assolutamente disperato – ha detto monti guardando il Cavaliere -. Non ho nessun motivo di disperazione”.
Quanto al presidente Giorgio Napolitano, ha riconosciuto che il Governo Monti è la risposta giusta alla crisi, nonostante “le scelte severe e coraggiose” che il Paese deve affrontare.
Una volta terminato il primo round alla Camera, il decreto passerà all’esame del Senato per la seconda lettura. I lavori di Palazzo Madama dovrebbero concludersi in brevissimo tempo: l’ok definitivo è previsto per il 23 dicembre, naturalmente senza alcuna modifica al testo.
Il voto di oggi era scontato, ma dall’esito finale emergono indicazioni importanti per il Governo. La tensione che da giorni mette a rischio gli equilibri del Parlamento ha trovato riscontro nei numeri: rispetto al voto di fiducia dello scorso 18 novembre, in occasione del suo insediamento, l’Esecutivo ha perso per strada ben 61 voti (da 556 a 495).
Un trend che non fa ben sperare per il prosieguo della legislatura. Al momento, però, l’unico ad avere certezze sembra essere Umberto Bossi. A chi gli chiedeva se Monti riuscirà ad arrivare al 2013, il leader della Lega ha regalato una delle sue esternazioni pittoresche: “Ma siete matti?!”.
Oltre al Carroccio e ai deputati Idv (Cambursano escluso), hanno votato contro anche Alessandra Mussolini, Domenico Scilipoti, tre deputati di Grande Sud, due delle minorazione linguistiche e il pidiellino Giorgio Stracquadanio.
Un capitolo a parte è quello delle assenze: sono mancati all’appello ben 23 deputati del Pdl, tre di Fli e due del Pd, più cinque del Gruppo Misto e due di Popolo e Territorio. Fra le defezioni eccellenti, quelle di Giulio Tremonti, Paolo Romani, Guido Crosetto, Pietro Lunardi e Antonio Martino. Insomma, sembra ormai iniziata la manovra di allonanamento del partito di Berlusconi dal governo Monti.