Cesare Geronzi, ex presidente di Generali e di Capitalia, è stato condannato oggi dal Tribunale di Parma a 5 anni nell’ambito del processo Ciappazzi, una tranche del procedimento principale sul crack Parmalat sulla omonima azienda di acque minerali che l’ex-patron di Parmalat Calisto Tanzi acquistò dal gruppo Ciarrapico.
Geronzi è stato riconosciuto colpevole di bancarotta fraudolenta e di usura aggravata, in quanto, stando all’accusa, avrebbe fatto pressioni perché nel gennaio 2002 Calisto Tanzi, alla guida del gruppo Parmalat, acquistasse l’azienda di acque minerali Ciappazzi dal gruppo Ciarrapico, che era fortemente indebitato con la banca romana. Condannato a 3 anni e 7 mesi anche Matteo Arpe, ex-ad di Capitalia, con la sola accusa di bancarotta fraudolenta, in merito a un prestito ponte da 50 milioni di euro concesso dall’istituto di cui era amministratore delegato al gruppo agroalimentare.
Il procedimento di primo grado vedeva imputate in tutto otto persone, tra cui il gruppo UniCredit (in quanto ex Banca di Roma) condannato dal tribunale di Parma, in solido con gli imputati condannati nel processo sulla vendita delle acque minerale Ciappazzi, a risarcire le parti civili che si erano costituite nel procedimento. L’ammontare del risarcimento sarà stabilito in sede civile.
I giudici di Parma hanno condannato il gruppo bancario (in quanto “erede” della Banca di Roma), assieme agli imputati condannati, anche al pagamento di una provvisionale pari al 4% dell’importo nominale delle azioni od obbligazioni Parmalat possedute dalle parti civili. UniCredit si era aggregata con Capitalia, la ex Banca di Roma.
Gli altri condannati sono Alberto Giordani (quattro anni), Alberto Monza, Riccardo Tristano e Antonio Muto (tutti a tre anni) e Luigi Giove e Eugenio Favale (entrambi a due anni e sei mesi).