L’Italia si presenta come un Paese a bassa intensità energetica, ma ad alta dipendenza. E’ quanto emerge dall’ultimo “Focus” elaborato da Bnl.
Nel 2009, l’intensità energetica, misurata come rapporto tra il consumo lordo interno di energia e il Pil a prezzi costanti, era pari a 140 kg di petrolio equivalente per ogni mille euro di Pil. Lo stesso rapporto in Germania era uguale a 151 e in Francia a 164. Su livelli più bassi il Regno Unito, paese nel quale nel 2009 servivano 114 kg di petrolio equivalente per ottenere mille euro di Pil, e il Giappone (92 Kg).
L’andamento degli ultimi quindici anni evidenzia in Italia un miglioramento dell’intensità energetica meno ampio di quello riscontrato in quasi tutte le altre economie avanzate. A fronte di una bassa intensità energetica, l’Italia presenta, però, una forte dipendenza dalle importazioni per il soddisfacimento del proprio fabbisogno: l’85% dei consumi viene soddisfatto ricorrendo agli acquisti dall’estero di energia. Nell’Unione europea valori più elevati si riscontrano solo in Irlanda, Cipro, Lussemburgo e Malta. In Francia, le importazioni coprono circa la metà del consumo complessivo, mentre questo rapporto scende a meno del 40% in Svezia e a poco più di un quarto nel Regno Unito.
Nel comparto del gas naturale e in quello del petrolio le importazioni in Italia coprono oltre il 90% del consumo, mentre per il carbone questo rapporto raggiunge il 100%. La dipendenza dall’estero dell’Italia è il risultato sia della limitata disponibilità di materie prime, sia dello scarso peso delle fonti alternative nella produzione interna di energia. L’energia elettrica generata da fonti termiche, mediante l’utilizzo di combustibili fossili, rappresenta, infatti, quasi l’80% della produzione complessiva, a fronte di un valore intorno al 56% nell’Unione europea. In Francia, i combustibili fossili sono utilizzati per produrre solo poco più del 10% dell’energia elettrica complessivamente generata. In Italia, i consumi di energia elettrica hanno raggiunto nel 2010 i 310 mila gigawattora.
A livello settoriale, l’industria assorbe il 38% del consumo complessivo, un valore 8 punti percentuali superiore a quello dei servizi. Le utenze domestiche pesano per circa un quinto del totale. Marginali risultano i consumi nel comparto dell’agricoltura e in quello delle costruzioni. Guardando gli ultimi quaranta anni, la composizione dei consumi elettrici per settori ha subito significativi cambiamenti. Negli anni Settanta il peso dell’industria risultava molto più ampio, con quasi due terzi del consumo nazionale attribuibile al comparto manifatturiero, mentre il peso dei servizi era limitato a meno del 15%.