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Corte dei Conti: concordato rischia di essere condono preventivo

Il presidente della Corte dei Conti ha dichiarato che il concordato preventivo biennale potrebbe avere degli effetti discriminanti verso i lavoratori che non hanno la partita Iva e potrebbe sfavorire i ceti sociali più deboli. Secondo la magistratura contabile la riforma fiscale dovrebbe principalmente focalizzarsi sulla ricerca di nuove fonti di gettito.

Corte dei Conti: concordato rischia di essere condono preventivo

Il concordato preventivo biennale, previsto dalla riforma fiscale, rischia di ”trasformarsi, in concreto, in una sorta di mero condono preventivo”. E’ il parere del presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, sentito in commissione Finanze della Camera sulla delega al Governo per la riforma fiscale. Sul condono il confronto è serrato: tra maggioranza e opposizione ma anche tra sindacati, imprese e banche. La magistratura contabile ha voluto avvertire: saranno grandi le differenze che verrebbero a nascere tra i lavoratori con partita Iva (a cui è destinato il concordato) e gli altri lavoratori, come i dipendenti (che non potranno beneficiare dell’imposizione ‘scontata’).

In particolare Giampaolino ha rimarcato i possibili effetti di ”discriminazione, costituzionalmente rilevanti, che tale particolare regime impositivo potrebbe provocare nei confronti delle restanti categorie di contribuenti che continueranno a essere assoggettate invece all’imposizione analitica”.

Il tema del condono sarà al centro delle audizioni che cominciano oggi pomeriggio al Senato in commissione Finanze. L’oggetto: una indagine conoscitiva sulla riforma fiscale. Ma intanto la Corte dei Conti, evidenziando i limiti della legge delega al governo, pone il problema di nuove fonti di gettito, piuttosto che di condoni. Dice Giampaolino: “Occorre domandarsi se le incertezze che gravano sulla copertura della delega fiscale e assistenziale non rendano necessario esplorare fonti di gettito nuove, in direzione di basi imponibili personali o reali che non insistano sul lavoro e sulle imprese”.

Già. Perché Giampaolino non nasconde che la riforma fiscale, prevista dalla legge delega, presenterebbe problemi di copertura e risulterebbe anche a sfavore dei ceti sociali più deboli. In pratica, ha spiegato il presidente, i risparmi di un riordino della spesa sociale potrebbero “risultare in larga parte controbilanciati dalle risorse che sarà necessario mettere in campo per assicurare servizi adeguati a una prevedibile impennata del fenomeno della non autosufficienza”. Inoltre Giampaolino ha ricordato che in molti casi con la spesa sociale “si è in presenza di erogazioni monetarie che fanno parte di una ‘politica nascosta’ di contrasto alla povertà”.

Per il presidente della Corte dei Conti, infine, la delega fiscale avrebbe mezzi di copertura “incerti, limitati e talora superati dagli eventi”, in considerazione anche del fatto che molti strumenti sono già stati utilizzati nelle ultime manovre.

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