Il governo greco ha approvato il taglio di 30.000 lavoratori pubblici, rendendo esecutiva un’intesa preliminare in questo senso raggiunta con i capi della delegazione Ue-Fmi-Bce. La nuova sforbiciata chiesta dall’Europa dovrebbe servire a sbloccare la sesta tranche di aiuti decisiva per evitare il default. Anche se, nonostante questi sacrifici, il deficit di Atene sarà del 6,8% sul Pil contro il 6,5% concordato con i rappresentanti della trojka. Ma assai ridimensionato rispetto all’attuale 8,5%. La determinazione di George Papandreou raccoglie consensi alla vigilia del vertice dell’Ecofin in Lussemburgo. “Con molta probabilita’ la Grecia ricevera’ la prossima tranche di aiuti internazionali di cui ha bisogno per evitare il fallimento”, ha detto il ministro delle finanze austriaco Maria Fekter, in un’intervista al quotidiano tedesco Welt am Sonntag. ”La probabilita’ che la tranche da 8 miliardi di euro sia versata alla Grecia, a mio avviso, e’ decisamente piu’ forte della probabilita’ che non lo sia”, ha detto Fekter. Nel frattempo però Alexander Dobridnt, un funzionario della coalizione di Angela Merkel ha detto che «affinché la Grecia torni ad essere economicamente stabile, ha bisogno di uscire dalla zona euro, almeno temporaneamente».
Il dossier Grecia non sarà l’unico argomento in discussione al vertice del Lussemburgo. The Wall Street Journal anticipa che si parlerà anche di una miniriforma che dovrebbe consentire ai Paesi in regola con il tetto del 3% sul Pil di operare con maggior flessibilità sul fronte del deficit per fronteggiare un ciclo negativo. Una maggior libertà di azione consentita solo a Germania, Finlandia, Olanda e Svezia che incontra però l’ostilità di altri Paesi a partire dall’Italia: il rischio è di allargare il solco tra le due Europe.
La ripresa della produzione di greggio della Libia non implica l’aumento delle quote di produzione dell’Opec. E’ questo il parere dei due maggiori fornitori del cartello, l’Arabia Saudita e l’Iran. I mercati, ha sostenuto il ministro saudita Ali Al-Naimi, “sono stabili ed in equilibrio”. “Il Regno – ha aggiunto in un’intervista ad un giornale di Ryiad – è pronto a vigilare perché sia difesa la stabilità del mercato”. Identica posizione da parte di Mohammad Ali Khatibi, il ministro di Teheran, che ha sottolineato “la mancanza di una tendenza precisa” sul lato della domanda.
Oggi scade il termine per la presentazione delle liste per il consiglio di piazzetta Cuccia. La “new entry” più prestigiosa potrebbe essere quella di Francesco Giavazzi per conto di Assogestioni, che fa leva sul 25% di flottante in mano al mercato, mentre le Fondazioni, forti del 9 per cento del capitale, proporranno il nome di Fabio Roversi Monaco. Fondi e Fondazioni non sono riuscite a trovare l’accordo su un rappresentante comune in cda e alla testa del collegio sindacale. E così Assogestioni è pronta a schierare anche un candidato per i controlli interni nella persona del commercialista milanese Natale Freddi in sostituzione di Marco Reboa, già indicato dalle Fondazioni.
Già nota invece la composizione della lista di maggioranza, di cui non farà parte Diego Della Valle. In questo caso le matricole sono Elisabetta Magistretti, membro indipendente dell’audit Pirelli, e Anne Marie Idrac, già presidente delle Sncf transalpine. Venerdì scorso è scaduto intanto il termine per le disdette al patto di sindacato: escono Commerzbank, Sal Oppenheimer, Santusa (Banco de Santander), più un quarto socio minore. E’ salita poco sotto il 5,5% la quota di Vincent Bolloré.
Si riparte. Oggi le Borse entrano nell’ultimo quarto dell’anno, per tradizione dedicato al window dressing (ovvero l’abbellimento dei conti in vista della chiusura di fine anno). Stavolta la parola d’ordine è cancellare, almeno in parte, la memoria di un trimestre terribile. Piazza Affari ha comunque chiuso in deciso calo l’ultima seduta di una settimana che ha visto registrare il segno più, una rarità in un trimestre, il terzo del 2011, che è stato fra i peggiori per le Borse mondiali nella storia recente.
L’indice FtseMib è sceso oggi dell’1,3%, tornando sotto quota 15.000 punti. Nella settimana l’indice ha guadagnato l’8,5%, mentre nel mese di settembre ha ceduto il 4,6%. Tra luglio e settembre, il FtseMib ha lasciato sul terreno il 26%, che è esattamente la stessa perdita dall’inizio dell’anno.
Vigilia di fuoco in Bpm. Domani il cda di piazza Meda esaminerà l’aspetto più scottante di una partita torrida: il controllo di fatto del sindacato su nomine e gestione della banca, oggetto dell’ispezione mirata di via Banca d’Italia. All’ordine del giorno, infatti, figura a valutazione di “accordi paralleli per le carriere e delibere conseguenti”. Inoltre il cda si convocherà per ammettere a libro soci i candidati della lista di maggioranza che dovranno essere indicati in assemblea per far parte del futuro Consiglio di sorveglianza. Ma a questo punto tutto potrebbe essere rimesso in discussione. Dopo le dimissioni del leader interno della Fiba Cisl, Franco Filettini, è stata infatti la volta di Daniele Ginese, coordinatore della Fabi, sostituito dal commissario straordinario Guliano De Filippis. Una novità che rischia di spiazzare la cordata di Carlo Bonomi, sostenuta dallo stesso Ginese.
Non tutti possono permettersi di ricevere un finanziamento con un margine di 70 punti base sull’euribor. Ma l’Enel non è un cliente qualsiasi. E così Enel Distribuzione, interamente posseduta dalla casa madre, ha sottoscritto nella tarda serata di venerdì un contratto di finanziamento per 350 milioni di euro con la Bei, che ha inoltre manifestato la disponibilità a finanziare gli investimenti nella rete fino ad un importo complessivo di 1 miliardo di euro. Il contratto di finanziamento “Enel Efficienza Rete III” avrà una durata di 20 anni (con scadenza al 15 dicembre 2031), un preammortamento di 5 anni (fino al 15 dicembre 2016) e sarà erogato entro la fine del 2011. “Sono molto interessata a valutare nuovi criteri tariffari allo scopo di accelerare la trasformazione delle reti di rame in investimenti in fibra ottica”. Il commissionario Ue alle Telecom, la signora Neelie Kroes, anticipa così il suo prossimo ultimatum agli ex monopolisti: un forte taglio alle tariffe praticate dagli altri gestori sulla rete tradizionali a meno che gli ex incumbent non investano il surplus in reti a fibra ottica.