Per il destino dell’euro quella che comincia oggi ha le sembianze di una settimana cruciale. Non solo per capire la fattibilità del lancio, caldeggiato dagli Usa e discusso al G20 e ai vertici del Fondo Monetario Internazionale, di un piano da 3mila miliardi salva-euro ma anche per il voto del Parlamento tedesco di giovedì sul fondo salva-Stati. Ma una cosa è chiara fin da ora: la sveglia che americani e Paesi emergenti hanno suonato nel fine-settimana all’Europa ha forse aperto gli occhi anche a chi pensava che il default della Grecia, il contagio di tutto il Vecchio continente e la crisi dell’euro fossero solo materia per impalpabili convegni accademici.
Sfortunantamente, la dura legge del calendario è implacabile: se entro ottobre la Grecia non riceve i mezzi per pagare gli interessi sul suo mostruoso debito pubblico (200% del Pil), deve dichiarare bancarotta. E in uno dei primi lunedì di novembre sarà default, con la gente che corre agli sportelli delle banche a ritirare i propri risparmi, imprese che chiudono, posti di lavoro, salari e pensioni che vanno in fumo o si decurtano anche più della metà. Ma c’è dell’altro: Nouriel Roubini sarà anche un catastrofista ma ha calcolato che se la Grecia va in default, entro tre mesi tocca anche a Spagna e Italia. A Natale, altro che panettone e champagne.
Naturalmente l’allarmismo è l’ultima cosa che serve, ma aprire gli occhi e agire subito è il meno che si possa pretendere da chi ha responsabilità pubbliche.
C’è però un altro punto che merita qualche chiarimento: il fondo internazionale salva-euro o il fondo europeo salva-Stati vanno benissimo e prima decollano meglio è. Ma non si è mai visto curare una polmonite con un’aspirina. La liquidità aiuta e serve a guadagnare tempo, ma l’origine del mal d’Europa (e d’Occidente) ha due nomi precisi: debito pubblico e assenza di crescita. O si aggredisce il debito e si stimola lo sviluppo o non usciremo dal tunnel. Ognuno deve fare la sua parte e a noi italiani tocca un compito ancora più ingrato: recuperare la fiducia e la credibilità perduta.
E’ avvilente vedere lo spettacolo di un Governo e di un premier del tutto assenti dalla scena internazionale e preoccupati solo di difendere la loro poltrona piuttosto che combattere la crisi economica e finanziaria a viso aperto. Non basta avere una risicata maggioranza parlamentare per governare. Galleggiando si declina e stavolta si può addirittura affondare.