BORSE, ANCORA GIU’, MILANO LA PEGGIORE
NON BASTA LA DIGA SVIZZERA CONTRO IL FRANCO
Manco il tempo di attendere il suono della campanella che apre la sessione di Wall Street e sulle Borse europee si è scatenato un nuovo tornado di vendite, tanto per anticipare le sventure dei listini Usa, già annunciate dal deciso ribasso dei future Usa. A farne le spese più di tutti è stata però Piazza Affari, in caduta libera dopo le 14: la perdita, mentre si susseguivano le sospensioni per eccesso di ribasso (tra gli altri Intesa, Unicredit, Banca Mps, Bpm, Fiat Industrial, Exor e Stm), ha superato la soglia del 3 per cento. Per la prima volta da quando esiste l’indice (giugno 2009) l’Ftse/Mib è sceso sotto quota 14.000 punti. L’Italia resta l’anello debole di una situazione ad alta tensione nell’eurozona, dove le novità negative non mancano: a luglio gli ordinativi dell’industria tedesca sono scesi del 2,8%, assai di più della prima stima (-1,5%) . Poi, in linea con il resto d’Europa il clima è migliorato grazie al dati economici in arrivo dagli Usa. Ma i timori di un peggioramento della crisi europea del debito hanno ripreso piede, così che la seduta si è avviata verso un esito pesante anche se non disastroso come quello di lunedì. Piazza Affari, con un ribasso dell’1,98%, resta la piazza più fragile, nonostante le novita’ introdotte nella manovra. Grosse perdite, ancora una volta, per Fiat -3,87% ed Exor -6,52%. -5,4% per Fiat Industrial. In flessione di oltre il 3% Telecom Italia, Stm e Prysmian.
LO SPREAD BTP/BUND RESTA A QUOTA 363 BP
NUOVI TIMORI SUL DEFAULT DELLA GRECIA
In Europa la situazione è leggermente migliore: Francoforte e Parigi perdono l’1,7%. Zurigo è in rally (+3,5%) dopo che la Swiss National Bank è scesa in campo annunciando che impedirà un apprezzamento del franco sull’euro oltre la soglia di cambio 1,20. L’euro si rafforza sulla valuta elvetica a 1,203, +8% rispetto all’1,10 registrato stamattina in apertura, ma scivola nuovamente contro dollaro a 1,407. Ma tornano le pressioni sui periferici. Il rendimento del Btp a 10 anni perde parte dei guadagni di stamattina e si porta al 5,47% (-6 punti base), il rendimento del bund tedesco torna ai livelli di ieri a 1,844%: lo spread è 363, vicino ai massimi di 371 di ieri. In attesa dell’esito del vertice tra i ministri delle finanze di Finlandia,Germania ed Olanda sulle garanzie a fronte degli aiuti alla Grecia, c’è da registrare una dichiarazione della cancelliera Angela Merkel: se Atene non rispetterà gli impegni entro la fine del mese, non arriveranno nuovi fondi tedeschi. Puntuale l’agenzia Bloomberg fa sapere che, secondo fonti bene informate, Atene non riuscirà a rispettare gli obiettivi di risanamento finanziario che si era data: se questo fosse confermato, si potrebbe fermare l’erogazione degli aiuti finanziari che l’Unione Europea sta fornendo per impedire la bancarotta del Paese e lo sgretolamento dell’euro. A Piazza Affari le banche tornano nel mirino dei venditori anche se persiste il divieto di vendite allo scoperto. Unicredit ha perduto il 4,4%%: l’ad Federico Ghizzoni, intervenuto stamattina in una conferenza a Francoforte, ha affermato che il sistema italiano delle banche è solido e ha detto che Unicredit punta ad avere un Roe (ritorno sul patrimonio) almeno superiore al costo dell’equity, in medio con il settore delle banche, intorno all’11%. Ma lo stesso Ghizzoni ha aperto, per la prima volta, all’ipotesi di aumento di capitale (“si vedrà a fine anno”): basta molto meno, di questi tempi, per gettare nel panico il mercato. Chiusura negativa anche per Intesa -3,11 e Ubi – 32,60%.
ANCHE A WALL STREET SOFFRONO LE BANCHE
MA L’INDICE ISM FA DA ARIGINE AL RIBASSO
Anche le banche Usa soffrono. Un po’ per la loro esposizione, un po’ per le conseguenze dalla citazione del governo federale a 17 istituti per i danni subiti dalle agenzie federali sui mutui. Citigroup accusa nelle prime battute una perdita del 7%, Bank of America del 5,4%, Jp Morgan del 4. Oggi il Financial Times scrive che i grandi istituti di credito americani sono in trattativa con i procuratori nell’ambito della causa intentata dalla Federal Housing Finance Agency (Fhfa) contro 17 banche per i danni subiti dalle agenzie statali Fannie Mae e Freddie Mac sui titoli subprimes. Secondo il quotidiano londinese alle banche sarebbe stato proposto un accordo per limitare le loro responsabilità legali in cambio di un risarcimento multimiliardario. L’Apocalisse bancaria ha fatto passare in secondo piano l’indice dei direttori degli acquisti delle società dei servizi salito a 53,3 da 52,7 di luglio, assai meglio della stima degli economisti che si aspettavano un calo a 51. Nonostante questo dato, l’indice Dow Jones ha aperto sotto del 2,2%, l’indice S&P500 del 2,3% ed il Nasdaq del 2%. Un report di Hsbc non aiuta a migliorare il sentiment degli operatori: gli analisti della principale banca britannica hanno tagliato le stime di crescita dell’economia globale per i prossimi due anni e scrivono che ogni misura di stimolo dell’economia avrà comunque un effetto limitato. I timori di un rallentamento dell’economia pesano sul barile, il petrolio Wti scende del 2,6% a 84,17 dollari. Debole l’oro, che scende dello 0,2% a 1.896 dollari l’oncia.
OBAMA SFIDA I REPUBBLICANI SULLA RIPRESA DEL LAVORO
TAGLIAMO LE TASSE ALLA CLASSE MEDIA, NON AI RICCHI
Secondo l’agenzia Bloomberg il presidente Barack Obama si accinge a sfidare i repubblicani sul loro stesso terreno: il taglio delle tasse. La differenza è che stavolta la Casa Bianca, a differenza di quanoto predicato dal Tea Party, vorrebbe concentrare gli sgravi sulla classe medio-bassa. “Avete detto di essere il partito antitasse? – ha detto rivolto ai repubblicani il presidente nel corso del discorso di Detroit per celebrare il Labour Day –. Lo vedremo. Presto potrete dimostrare che siete capaci di combattere contro le tasse agli Americani che lavorano con la stessa foga con cui difendete i miliardari e le compagnie petrolifere”. L’occasione del cambio di rotta sarà il discorso che Obama terrà alle Camere unite l’8 settembre, quando illustrerà la sua ricetta per far ripartire l’occupazione. L’obiettivo è di stimolare i consumi delle famiglie. Che rappresentano il 70 per cento del prodotto interno lordo. Il rischio è di devastare una volta per tutte il bilancio federale. Ma, una volta preso atto dell’indisponibliità dei repubblicani a collaborare sul fronte del risanamento del debito o a finanziare nuova spesa pubblica, il presidente sembra convinto di poter rilanciare la sfida in campo avverso con una mossa politica estrema: il Tea Party, movimento anti-tasse, dovrà dire se è a favore o contro i tagli ai tributi delle classi medie, che metteranno a grave rischio il budget federale. In questo modo, tra l’altro, Obama rimuove un altro elemento di incertezza: gli sgravi fiscali a suo tempo decisi da George Bush scadono a fine 2012. Obama, nei fatti, li rinnova e li amplifica. E il debito federale resta in ostyaggio di questa sfida alla roulette russa che pesa sugli equilibri del pianeta.