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La paura della recessione e della Tobin Tax affossano le Borse: Milano e l’Europa cominciano male

Piazza Affari (alle ore 12 perde oltre il 3%) e l’Europa cominciano subito male, ma il crollo è globale – Il report Morgan Stanley sulla crescita, i futures sul petrolio e la caduta dell’interbancario peggiorano gli umori – La Fed mette sotto osservazione le banche europee – A Milano la Fiat ha perso in un solo mese un terzo del proprio valore

La paura della recessione e della Tobin Tax affossano le Borse: Milano e l’Europa cominciano male

Il crollo dei listini europei e di Wall Street ha prodotto i suoi effetti sulle borse asiatiche. L’indice Msci Asia Pacific accusa perdite nell’ordine del 2 per cento, i T bond americani hanno sfondato a Tokyo il muro del 2 per cento: un investimento nel decennale rende l’1.97%. L’indice Nikkei 225 è sotto del 2,19%, l’Hang Seng di Hong Kong, poco prima della chiusura, è in rosso del 2,79%.

A peggiorare gli umori, già pessimi, del mercato, contribuiscono il calo dei futures sul petrolio e la caduta dell’attività sull’interbancario: la Fed ha messo sotto osservazione le richieste delle banche europee in Usa. Le perdite asiatiche vanno ad accumularsi al calo della capitalizzazione delle borse nel giovedì nero: la capitalizzazione è scesa di 300 miliardi di euro in una sola seduta.

La sindrome recessione sbriciola Wall Street

Sindrome recessione. Il virus che ha colpito la zona euro non ha risparmiato i mercati americani che hanno vissuto una nuova giornata di paura, come dimostra il livello eccezionale del Vix, l’indice di volatilità, e soprattutto un paio di record: il rendimento dei T bond decennale, più che mai considerato un approdo sicuro, è scivolato al 2 per cento, il minimo dal 1951, presidente Harry Truman; il prezzo dell’oro ha toccato quota 1.826 dollari l’oncia, nuova tappa verso il tetto dei 2mila.

Intanto, i listini segnavano pesanti perdite: lo Standard & Poor’s 500 è sotto del 4,5 %, il Dow Jones ha perduto più di 420 punti pari al 3,7%. Peggio di tutti il Nasdaq con una perdita del 5,2%. La maglia nera spetta al settore Financials, che ha lasciato sul terreno il 5% abbondante.

A rendere sempre più palpabile il rischio recessione ha contribuito una nuova serie di dati macro: l’indice Fed di Filadelfia, che misura le condizioni delle imprese di una delle aree più importanti degli Stati Uniti, è crollato ai minimi dal marzo 2009 attestandosi per il mese di agosto a -30,7, contro una previsione di +2. Un dato superiore allo zero indica un’espansione nella zona che copre Pennsylvania orientale, sud del New Jersey e Delaware. “Dato il peso strategico di questa regione per l’economia Usa – si legge in una nota del Credit Suisse – non è esagerato dire che ad agosto è iniziata la recessione negli Stati Uniti”. Intanto il dipartimento del Lavoro ha reso noto il dato sulle nuove richieste di occupazione: 408.000 contro i 400.000 previsti dagli economisti. E ancora: in luglio sono state vendute 4,67 milioni di case contro una previsione di 4,9 milioni. Si profila, per il 2011, il peggior risultato degli ultimi 13 anni.

Aumentano i prezzi e frena il PIL

Infine, il dato più preoccupante: l’incremento dello 0,5% dei prezzi alla produzione di luglio, contro una previsione di -0,2%. Ma la combinazione di aumento dei prezzi e frenata del Pil evoca lo spettro più temuto: la stagflazione, l’incubo degli anni Settanta. Di fronte a questo spettro l’America si divide, a partire dalla cabina di regìa della Fed. “Per la prima volta da 19 anni – commenta sul New York Times un gestore di Federal Investors, Lawrence Creatura – la Fed è profondamente divisa, anche nelle comunicazioni al mercato”. Il presidente della Fed di New York ha sottolineato che la ripresa degli Stati Uniti nel 2011 è più lenta del previsto e che le stime per i prossimi mesi sono state tagliate. I timidi segnali di recupero dell’occupazione osservati a inizio 2011 sono stati negati col passare dei mesi. Charles Plosser, il “falco” della Fed di Philadelphia, a proposito della strategia di Bernanke che intende tenere i tassi vicino allo zero fino al 2013, ha parlato di “scelte inappropriate in tempi inappropriati”. Infine, Morgan Stanley ha rivisto al ribasso le stime sul Pil mondiale del 2011 e 2012 : l’economia globale è “pericolosamente vicina alla recessione” e a provocare la stagnazione sono state le politiche economiche sbagliate negli Stati Uniti ed in Europa. E ora ai timori sulla situazione dei debiti pubblici si riaffacciano quelli ancora più pericolosi della recessione, In questa cornice è maturata la pioggia di vendite che ha investito tutti i listini, con poche eccezioni. Da segnalare la perdita di Bank of America (–7,5 %) e di Hewlett-Packard (-5%) alla vigilia dei dati trimestrali.

La Borsa di Milano ancora maglia nera

Ma l’America non ha fatto altro che amplificare le tensioni già esplose nei mercati del Vecchio Continente, tutti in profondo rosso. Milano e Madrid sono state le peggiori in Europa chiudendo in calo del 6,2%, a seguire Francoforte -6%, poi Parigi -5,4% e Londra -4,6%. Dopo una breve boccata d’ossigeno, insomma, si tornano a rivivere i momenti di panico delle settimane passate. Con una differenza non trascurabile. Se nei mesi scorsi si vendeva perché si temevano gli esiti della crisi del debito pubblico, da quando i dati hanno mostrato che la crescita economica della Germania si è fermata nel secondo trimestre, si vende perché si scommette su una gelata di tutte le economie mondiali, anche di quelle emergenti. Ad appesantire le Borse europee è anche la notizia che Angela Merkel e Nicolas Sarkozy hanno inviato una lettera al presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy nella quale ribadiscono l’intenzione di presentare entro la fine di settembre la proposta di istituire una tassa sulle transazioni finanziarie (Tobin Tax).

Fiat, in un mese perso un terzo del valore

A Milano, che alle 12 di oggi è sotto del 3%, scendono indistintamente tutti i settori. Fiat, ancora una volta, conquista la maglia nera della peggiore blue chip, in ribasso dell’11,8% dopo la diffusione di alcune anticipazioni sull’andamento delle immatricolazioni in Brasile. Ma la crisi dei valori industriali, i più legati al ciclo economico, non ha risparmiato nessuno: Fiat Industrial perde il 13%, Pirelli il 9,2%. L’indice Stoxx delle società europee dell’automotive ha perso il 6,4%.

Continua, intanto, la discesa di petroliferi e di utility. Eni ha perso il 4,8%, Saipem il 6,6%, mentre il petrolio tipo Wti tratta a 83,5 dollari il barile (-5%). Vendite anche sulle utility: Enel -5,4%, Snam Rete Gas -3,5%, Terna -1,8%.

Profondo rosso per il sistema bancario, nonostante il divieto di vendite allo scoperto. Sui mercati tornano a diffondersi rumors sulla crisi di Société Générale ma nel mirino c’è anche la finanza della City. In Italia le vendite hanno colpito tutte le banche: Bpm -7,4%, Unicredit -7,4%, Intesa Sanpaolo -9,2%. Per una volta non si tratta di un caso italiano visto che l’indice Stoxx delle banche europee perde il 6,2%: il Wall Street Journal riporta che la Federal Reserve di New York ha innalzato il livello di sorveglianza sulle filiali della banche europee attive negli Stati Uniti in quanto teme che si possa registrare una crisi di liquidità. Il presidente della Fed di New York, William Dudley, ha risposto alle indiscrezioni affermando che la banca centrale guarda tutte le banche con lo stesso metro. Non ha certo cancellato le paure la notizia che la Bce ha finanziato con 500 milioni un importante istituto di credito che si è scontrato con l’improvviso ritiro delle controparti Usa. Nel Midex, infine, Indesit ha chiuso con un ribasso dell’11,1%: Goldman Sachs ha tagliato il target price a 7 euro da 9,4 euro.

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