Il bicchiere è mezzo vuoto o mezzo pieno? Dopo il discorso di Berlusconi in Parlamento e l’incontro di oggi con le parti sociali, i mercati ritengono che il bicchiere sia mezzo vuoto, mentre il Governo insiste nel dire che è mezzo pieno e che i mercati non lo capiscono.
Se qualcuno si era illuso che quei segnali forti di svolta che non erano venuti ieri dal discorso del Presidente del Consiglio, sarebbero arrivati oggi dopo l’incontro con le parti sociali, si dovrà ricredere. Berlusconi continua a rifiutare di prendere atto della bocciatura della sua politica operata dai mercati. Anche stamane ha ripetuto alle parti sociali che il suo Governo in questi anni ha fatto molto, che la crisi è in realtà internazionale ed in particolare europea e che quindi la vera soluzione non può che essere ricercata in quelle sedi. Tremonti ha ripetuto che la crescita dipende da tante condizioni generali e non si può fare per decreto.
Poco o nulla si è detto sulla drammatica perdita di competitività dell’Italia, le cui produzioni perdono colpi nell’export, sul marasma politico-amministrativo che scoraggia gli investimenti, sull’ipertrofia del nostro sistema istituzionale che produce tante chiacchiere e pochi fatti concreti. Anzi nel corso della riunione Berlusconi si è ancora una volta lamentato degli scarsi poteri di cui dispone la Presidenza del Consiglio, le cui decisioni possono essere bocciate o stravolte dal Quirinale, dalla Corte Costituzionale, dalle Regioni, dal Parlamento, dai singoli magistrati. Insomma siamo alla paralisi. Per il momento, quindi, non si gioca la carta di qualche provvedimento capace di modificare le aspettive dei mercati circa la capacità dell’Italia di tornare nei prossimi anni ad un tasso di crescita più elevato.
Ai sei punti dell’agenda delle riforme presentati dalle parti sociali, il governo ne ha aggiunti due e si è convenuto sulla necessità di cominciare subito a studiare in concreto le forme di intervento in modo da varare i relativi provvedimenti già i primissimi giorni di settembre. Tra questi punti spicca la opportunità di varare una modifica costituzionale per rendere obbligatorio il pareggio del bilancio, come suggerito dal sen. Nicola Rossi; l’utilizzo della delega fiscale e previdenziale in modo da apportare quei tagli alle spese e quel riordino del fisco che possa consentire, senza aumento della pressione fiscale, un visibile alleggerimento degli oneri a carico del lavoro e delle imprese; ed infine il varo di un nuovo statuto dei lavori che integri ed in parte sostituisca lo Statuto dei lavoratori che ormai ha quarat’anni e li dimostra tutti.
Inoltre bisogna passare per il taglio dei costi della politica, anche al di là di quanto detto ieri alle Camere da Berlusconi, da un rilancio effettivo delle infrastrutture fatto attraverso la riforma delle normative che bloccano l’esecuzione di ogni grande opera e non solo con l’effetto annuncio dei vari miliardi straziati dal Cipe che poi non si tramutano mai in spesa effettiva ed infine le liberalizzazioni e le privatizzazioni, su cui peraltro la Cgil non sembra affatto d’accordo.
Riforma fiscale e statuto dei lavori, che contiene una riforma delle relazioni industriali, sembrano i due punti fondamentali per ridare competitività al Paese. Sono anni che se ne parla. Possibile che il Governo non abbia finora studiato nulla di concreto? Oppure non c’è stata finora da parte del Governo la forza di affrontare riforme difficili che possono dar fastidio anche a gruppi di propri elettori o a segmenti della variopinta galassia berlusconiana? Ci si muove con cautela per cercare la copertura delle forze sociali e, almeno in parte, dell’opposizione? Ma i mercati concederanno il tempo necessario per l’espletamento dei riti bizantini del nostro sistema politico?
Manca la fiducia nell’Italia e nel suo sistema politico. La perdita di credibilità personale del Presidente del Consiglio e di molti suoi ministri a cominciare da Tremonti per finire al nuovo ministro dell’Agricoltura, è concreta e palpabile presso le migliaia di operatori che devono decidere se e quanto investire sui titoli italiani. Certo magari è anche vero che quando si diffonde la sfiducia e la paura, le decisioni dei risparmiatori e dei gestori dei fondi possono portare a delle esagerazioni. Oggi tanti corrono a comprare Franchi svizzeri che rendono zero, oppure oro ad un prezzo stratosferico. Ma per convincerli a tornare sui propri passi occorrono atti concreti, non commissioni di studio.
Oggi si richiedono interventi immediati per bloccare la spirale della sfiducia evitando che la crisi finanziaria si trasferisca attraverso l’aumento dei tassi e la scarsità del credito, all’economia reale. Il Patto per l’Italia tra Governo e parti sociali può servire, ma perchè aspettare settembre? Forse sarebbe meglio lavorare da subito giorno e notte e varare già la prossima settimana un pacchetto completo di misure atte a tranquillizzare gli operatori. E poi si vedrà se le opposizioni che incontrano anch’esse questo pomeriggio le parti sociali, continueranno a porre una pregiudiziale politica oppurre acconsentiranno a varare una manovra per mettere in sicurezza la fragile navicella italiana.
Nel loro tour de force le parti sociali incontreranno in serata anche il nuovo segretario del Pdl Angelino Alfano che ieri ha difeso orgogliosamente il primato della politica rispetto ai mercati che, a suo parere, non possono determinare un cambio di Governo. Forse Alfano non ha riflettuto a sufficienza sul fatto che i mercati, che lavorano tutti i giorni, hanno la possibilità di segnalare, prima di quanto non possano fare gli elettori, le carenze di una certa impostazione politica e “votano con le gambe”, cioè voltano le spalle a Governi confusi ed inefficienti. Forse Alfano rimpiange l’epoca dei mercati chiusi, quando l’esportazione dei capitali era punita con la pena di morte, e quando i governi potevano imporre ogni sorta di penalizzazione ai propri cittadini. I mercati sono espressione di libertà ed un partito che si chiama Popolo delle Libertà dovrebbe saperlo meglio di tutti.