Fa davvero piacere leggere sul Financial Times di stamane un’intervista al nostro ministro dell’Economia Giulio Tremonti che dice: “E’ la fine dell’era del deficit spending. Il deficit spending viene archiviato”. Era ora che si sentissero parole come queste, alle quali va sicuramente il plauso di tutta l’Italia che lavora e che produce. Al contrario di quanto spesso sembrano credere le agenzie di rating – ma non sarebbe tempo di farle tacere nelle fasi di crisi? – e chi, con loro, alimenta la speculazione finanziaria contro il nostro Paese, è vero che l’Italia non è la Grecia ed è vero che non siamo alla vigilia di una replica del 1992 quando ci trovavamo sull’orlo della bancarotta. Però il continuo allargamento dello spread fra i rendimenti dei bund tedeschi e quelli dei nostri titoli di Stato non è un evento da prendere alla leggera. Ed è questa la chiave con cui leggere la manovra di bilancio che il Consiglio dei ministri varerà oggi insieme alla legge delega per la riforma fiscale. Giusto non promettere tagli di tasse se la riforma non avviene a costo zero e altrettanto giusto non promettere investimenti – spesso indispensabili ma spesso solamente superflui – se la loro copertura finanziaria non è garantita. Meglio i tagli di spesa mirati piuttosto che i tagli lineari, purché di tagli veri si tratti e non solo di vaghe promesse o di languide carezze.
Ci sarà tempo per valutare le singole misure della manovra e il suo impianto complessivo, anche perché, come sempre avviene in questi casi, la situazione è fluida e quel che sembra certo adesso non lo è più fra un’ora. Molti provvedimenti , come si sa, vengono annunciati per testare le reazioni del pubblico e dell’elettorato, ma non sembrano diventano realtà. C’è però un punto cruciale che è chiaro fin da ora: l’assoluto squilibrio tra l’entità degli interventi previsti per quest’anno (1,8 miliardi di euro) e per il 2012 (5 miliardi) e di quelli – assai più massicci (40 miliardi)– previsti per il 2013 e il 2014, cioè per dopo le elezioni. Capiamo le ansie di un premier che è in caduta libera nei consensi elettorali e che vede il rigore di Tremonti come il fumo negli occhi, ma in italiano il rinvio dell’aggiustamento dei conti si chiama in un solo modo: furbata. Esattamente ciò di cui l’Italia non ha bisogno, come ha saggiamente evidenziato da Oxford il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, quando ha ricordato che “non c’è dubbio che chi prende delle decisioni oggi, si assume delle responsabilità anche per domani”. Ben detto, Presidente.
Manovra economica, che errore rinviare a dopo le elezioni i veri tagli di spesa
di Franco Locatelli – Lo slittamento al 2013 e 2014 della parte più consistente (40 miliardi) della manovra è dovuto unicamente a motivi politici ed elettoralistici, ma così si scherza con il fuoco e si espone l’Italia al rischio di nuove ondate speculative. Il saggio richiamo del Capo dello Stato rafforza la linea del rigore del ministro Tremonti