Quattro test, uno più impegnativo dell’altro, attendono in settimana il Governo che nel Consiglio dei ministri di giovedì – preceduto domani da un vertice di maggioranza a Palazzo Grazioli guidato da Silvio Berlusconi – ha promesso di varare la manovra economica per avvistare nel 2014 il pareggio di bilancio, avviare la riforma del fisco, ridurre gli odiati costi della politica e procedere alle nomine ai vertici della Banca d’Italia per la successione a Mario Draghi, destinato alla apresidenza della Bce.
MANOVRA DA 43 MILIARDI, MA DOLCISSIMA NEL 2011
Per tenere sotto controllo i conti pubblici e onorare gli impegni assunti con l’Europa il Governo si appresta a varare una manovra da 43 miliardi in 4 quattro anni. Ma le preoccupazioni del premier di perdere altri consensi elettorali indurranno il Governo a muoversi con dolcezza nel 2011 (solo tre miliardi di manovra) e l’anno prossimo (cinque miliardi) per poi calcare la mano nel 2013 (20 miliardi) e nel 2014 (15 miliardi), ammesso e non concesso che la legislatura prosegua il suo cammino regolarmente. Basterà tutto questo a convincere i mercati finanziari che la situazione italiana è pienamente sotto controllo e a non alimentare rovinose ondate speculative contro l’Italia?
STATALI, PENSIONI, SANITA’ SOTTO TIRO
Malgrado i tagli di spesa previsti in questo biennio si preannuncino molto leggeri (troppo leggeri, secondo molti economisti), le polemiche e i contrasti sia politici che sindacali sulla manovra non mancheranno. Cisl e soprattutto Cgil si sono già fatte sentire. Nel mirino finiranno gli statali, ai quali il Governo riserverà il blocco dei contratti per un anno (o, in alternativa, il blocco del turnover) e il taglio del 5 per cento delle retribuzioni superiori ai 70 mila euro lordi l’anno.
Giro di vite anche per le pensioni con il probabile aumento dei contributi per i parasubordinati ma soprattutto con l’anticipo al 2013 dell’aggancio automatico dell’età di pensione alle speranze di vita e il graduale innalzamento a 65 anni di età del pensionamento per le donne del settore privato. Stretta in arrivo per i fondi agli enti locali (ma i Comuni virtuosi saranno premiati), ai ministeri e alla sanità, dove si profilano l’adozione dei cosiddetti costi standard e tagli anche su farmaci e acquisti.
LIBERALIZZAZIONI, PROVE DI RIPARTENZA
Nella manovra del Governo potrebbe arrivare la legge annuale sulla concorrenza, reclamata con forza dall’Antitrust, misure di cauta liberalizzazione degli ordini professionali e norme per colmare il vuoto lasciato dai referendum.
MENO IRPEF, PIU’ IVA , ALIQUOTA UNICA AL 20% PER LE RENDITE FINANZIARIE
Insieme alla manovra, il Governo presenterà nella riunione di giovedì del Consiglio dei ministri il decreto delegato per l’attesa riforma fiscale a costo zero che ridurrà a tre le aliquote dell’Irpef ( 20%, 30% e 40%) e a cinque le imposte (Irpef, Iva, Ires, Imu service tax e Irap) ma soprattutto ridurrà l’Irpef dei ceti più deboli compensando i minori introiti per l’erario con uno sfoltimento delle detrazioni e delle deduzioni e con la promessa di una più vigorosa lotta all’evasione fiscale e forse con l’aumento dell’Iva sui beni di lusso. La riforma prevede anche l’armonizzazione al 20% della tassazione sulle rendite finanziarie, pur escludendo i titoli di Stato e la salvaguardia dei rendimenti dei fondi pensione: in pratica scenderà il prelievo sui depositi e sui conti correnti e salirà quello sulle azioni e sulle obbligazioni. Un modesto prelievo è previsto per le transazioni finanziarie, sulla falsariga del vecchio fissato-bollato.
FISCO: GIRO DI VITE SU SLOT MACHINE, GIOCHI E SCOMMESSE
La manovra fiscale immaginata dal Governo prevede anche un giro di vite sulle slot machine e sui giochi non regolari. Proroga di un anno degli studi di settore. Il dubbio, al di là dei tempi di attuazione e della sostenibilità politica della riforma, è se la lotta all’evasionefiscale, che colpisce i privilegi di molte categorie, si rivelerà davvero efficace e tale da compensare i minori introiti prodotti dalla riforma stessa.
MENO AUTO BLU, VITALIZI E BENEFIT PER I POLITICI
Se il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, riuscirà a vincere fino in fondo la sua battaglia, il Governo dovrebbe anche ridurre i costi della politica, tagliando finalmente le auto blu dei ministeri, i voli di Stato ma anche i rimborsi ai partiti e i vitalizi e i benefits dei parlamentari, che mal si conciliano con i sacrifici chiesti al Paese per uscire dalla crisi. I malumori del Palazzo verso questo giro di vite – che ha una valenza etica oltre che economica – sono numerosi e bisognerà vedere se alla fine non ci sia il rischio che la montagna partorisca il topolino.
BANKITALIA: SUCCESSIONE INTERNA O NO?
Dopo il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia (ma non è certo che sia già pronto martedì), Berlusconi ha promesso di avviare in settimana anche l’iter per la successione a Draghi e la nomina del nuovo Governatore, che avviene con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Governo , dopo aver sentito Via Nazionale. Sostanzialmente la scelta è tra una soluzione interna – che premierebbe la squadra di Draghi e porterebbe alla guida dell’istituto di Via Nazionale l’attuale direttore generale Fabrizio Saccomanni, valorizzando l’indipendenza e la continuità della banca centrale – o una scelta esterna che manderebbe in campo il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli. Se la scelta cadesse su Saccomanni, occorrerebbe anche nominare il nuovo dg di Via Nazionale, carica per la quale sono in corsa sia candidati esterni (Lorenzo Bini Smaghi) che interni (Ignazio Visco e Anna Maria Tarantola). Il problema, in sostanza, è politico: premiare o no il lavoro di Draghi con una successione che ne garantisca la continuità o cambiare tutto, come chiede Tremonti, anche a rischio di affievolire l’indipendenza non solo reale ma percepita della banca centrale? “Seppur involontariamente, Vittorio Grilli – ha scritto ieri sul Corriere della Sera Francesco Giavazzi, che di Grilli è amico ed estimatore –si trova oggi in una posizione sgradevole e ambigua: di essere una pedina nel gioco di forza tra Tremonti e Berlusconi e con questa premessa, malgrado e sue indubbie qualità, sarebbe un governatore dimezzato”. Giavazzi, che suggerisce la nomina di Saccomanni per esaltare l’indipendenza e la continuità di Banca d’Italia, conclude così: “Se a Mario Draghi va il merito di aver ricostruito la reputazione internazionale della Banca d’Italia, non c’è dubbio che chi l’ha riconsegnata al proprio ruolo di istituzione vigile ed autorevole è stato il suo direttore generale, Fabrizio Saccomanni. Forse proprio per questo egli oggi incontra l’ostilità di molti banchieri italiani, il che va solo a suo merito”.