La povertà, mai pensarci troppo: l’importante è agire nei limiti del possibile. Esther Duflo, la studiosa parigina, ha tenuto al Festival dell’economia di Trento una lezione in cui ha spiegato il suo metodo concreto per valutare e portare avanti progetti di sviluppo. Porsi domande difficili ed esagerate, come per esempio chiedersi se gli aiuti internazionali elimineranno la povertà nel mondo o se la crescita è la soluzione migliore per sconfiggere la miseria, non serve a nulla.
Lo ha detto chiaro e tondo la docente al Mit di Boston, designata come una delle 100 persone più influenti al mondo dalla rivista “Time”. Laureata in economia (ma anche in storia) nelle facoltà parigine più prestigiose, è cofondatrice dell’Abdul Latif Jameel Poverty Action Lab, il laboratorio di ricerca del Mit, che compie valutazioni scientifiche sui programmi di sviluppo contro la miseria in tutto il mondo. La giovane economista propone un approccio alternativo alla lotta alla povertà: un metodo basato sulla sperimentazione sul campo che prevede valutazioni sistematiche dei risultati.
In questo si differenzia dagli approcci degli organismi internazionali e dei governi: non si pone l’obiettivo di sconfiggere la povertà in toto, ma di individuare problemi specifici e portare a termine i progetti uno ad uno. Da anni conduce ricerche sul campo in molti Paesi in via di sviluppo. In Cina ha sperimentato che, facendo diminuire il prezzo del riso del 10% per incentivare gli individui a comprarne e mangiarne di più, in realtà si otteneva il risultato contrario: se ne consumava meno. Il denaro che non veniva più speso per comprare il cereale faceva sentire le persone più ricche e le spingeva ad acquistare beni, come gamberetti o credito per il cellulare, da loro ritenuti più “lussuosi”.
L’economista lamenta che molti progetti di sviluppo non prendano in considerazione queste preferenze: non prevedono che gli individui massimizzino l’utilità e non il loro fabbisogno calorico. E’ un aspetto che va riformato. In India invece ha trovato il modo per aumentare di molto, nei piccoli villaggi del Rajasthan, la percentuale di bambini vaccinati. E’ necessario costruire dei campi sanitari e distribuire un chilo di lenticchie per ogni bambino immunizzato.
L’incentivo in natura crea una notevole differenza: ben il 38% di bambini in più sono sottoposti alla profilassi (mentre si riscontra un aumento del 17% se si costruisce solamente il campo sanitario senza distribuire lenticchie). La Duflo non tradisce le sue tradizioni francesi: “Esistono beni e servizi che dobbiamo essere disposti a sussidiare per sempre – ha dichiarato –. Noi lo facciamo già: per esempio nei nostri Paesi la vaccinazione è gratuita e obbligatoria perché il beneficio sociale è maggiore del costo privato.” La sostenibilità della società va sempre considerata nel suo insieme: il costo delle lenticchie è altamente inferiore al beneficio sociale che deriva dall’immunizzazione dei bambini. C’è chi dice che Esther Duflo è più un ingegnere che un economista perché risolve i problemi specifici, quasi perdendo di vista il “grande problema”.
Eppure i governi e le istituzioni internazionali non le stanno dando retta: “Per colpa dell’ideologia, dell’ignoranza e dell’inerzia”, ha sottolineato a Trento l’economista. Ma, secondo la Duflo, se si è disposti a riformare i sistemi, attraverso interventi poco costosi, gli effetti e i progressi possono essere notevoli. Quindi non bisogna cercare di sconfiggere la povertà, ma occorre realizzare piccoli successi che migliorino concretamente la vita di alcuni poveri: “possiamo farlo tutti”.