E ora che Berlusconi e il centro-destra hanno perso i ballottaggi (il 4 a 0 subito nei quattro capoluoghi di regione non ammette dubbi) cosa succede per quanto riguarda il governo del Paese? Tutto dipenderà da come andrà il forte tentativo di resistenza da parte del premier sconfitto. Non c’è dubbio infatti che Berlusconi, nelle ultime battute della campagna elettorale, più che di vincere i ballottaggi, si è preoccupato di spiegare che anche in caso di sconfitta il governo sarebbe rimasto al suo posto. Visto che, a suo dire, può ancora contare su una robusta maggioranzaa in Parlamento.
Per contro anche le forze di opposizione non sembrano in grado di mettere subito in campo una credibile alternativa. Non a caso sinora Bersani ha parlato soprattutto di ridare la parola ai cittadini con elezioni anticipate. Le quali, però, difficilmente potrebbero essere fissate prima dell’inizio della prossima primavera. Vale a dire tra un anno o giù di lì. Il problema di governare il Paese si pone invece da subito, visto che, per evitare di fare la fine di Spagna e Grecia, l’Italia dovrà preparare una manovra economica di almeno 40 miliardi di euro. E allora? Andiamo con ordine. Il tentativo di resistenza che Berlusconi farà deve partire da tre punti fermi: la tenuta dell’alleanza della Lega, la compattezza dei cosiddetti responsabili, e un Pdl che fa quadrato attorno al suo capo. Più di un segnale ci dice che la Lega non è affatto convinta che l’alleanza con Berlusconi sia irreversibile. Quanto ai responsabili, le dimissioni del sottosegretario Melchiorre alla viglia del voto e i numerosi mugugni di questi giorni sono lì a dimostrare che sintomi di sbandamento si avvertono anche nella pattuglia generosamente raccolta attorno all’onorevole Domenico Scilipoti.
Infine il Pdl: si assiste ad una guerra di tutti contro tutti. Quanto sta accadendo a Roma e nel Lazio con Polverini e Alemanno ormai in rotta con buona parte della loro maggioranza è qualcosa di più di un segnale. Berlusconi per ora pensa a convocare gli stati generali. Ma a molti questa soluzione sembra più un “escamotage” per non fare un Congresso vero che una carta vincente per rilanciare un partito in forte difficoltà. Anche nel centro-sinistra, pur nettamente vincitore dei ballottaggi, i problemi non mancano: i candidati a più forte caratterizzazione “radicale”, come Pisapia e de Magistris (ma c’è anche il precedente Vendola) sono quelli che maggioramente incontrano il favore degli elettori. E questo qualche turbamento nell’ala più moderata del Pd lo provoca. Al tempo stesso l’intesa con i centristi (Casini, Rutelli e ora Montezemolo) è tutta da costruire. Certo, Bersani esce complessivamente rafforzato dal voto, ma nel partito le anime con le quali fare i conti sono molte. Insomma. un’alternativa al governo di centro-destra non ‘è ancora a portata di mano. Ecco quindi che il primo problema che si trovano oggi di fronte le forze politiche (in caso che la resistenza di Berlusconi fallisca) è quello di governare la transizione. Almeno per un anno.
Qualcuno potrebbe dire che ci vorrebbe un governo tecnico. Ma, a parte il fatto che anche i governi tecnici rappresentano sempre una soluzione politica, non sembra si vedano personaggi della portata di un Ciampi all’orizzonte. Bisognerà comunque trovare un punto di equilibrio tra le diverse forze politiche, di maggioranza e di opposizione, qualcosa che, senza chiamarsi così, somigli ad un governo di unità nazionale in grado di fare una manovra da 40 miliardi. Magari, mettendo il più possibile i partiti al riparo dell’impopolarità. Al tempo stesso si dovrebbe mettere a punto una nuova legge elettorale, ormai chiesta anche dalla Lega. I nomi? Tremonti ha certamente il merito di aver difeso i conti pubblici anche dalle mire propagandiste della maggioranza, può contare sul sostegno della Lega e su una non pregiudiziale ostilità delle opposizioni. Ma nel Pdl non gode di grandi simpatie. Pisanu? E’ quello che negli ultimi tempi ha fatto sentire più di una volta la sua voce critica dalle fila del partito di maggioranza relativa. E’ un uomo di grande esperienza, al quale non sono mancati riconoscimenti da parte del centro e del centro-sinistra. Ma vale anche per lui quanto detto su Tremonti a proposito della probabile ostilità del Pdl. Un uomo del centro come Casini? Forse prefigurerebbe scenari non ancora maturi. Di queste cose comunque si parlerà con maggior cognizione di causa, quando sarà chiaro l’esito del tentativo di resistenza di Berlusconi, che è facile prevedere, ci sia.