Il polverone sollevato ieri sera dalle nuove analisi delle banche d’affari Goldman Sachs e Morgan Stanley non sparirà tanto presto. Invertendo i loro consigli del mese scorso, che invitavano a vendere, ora parlano di una netta tendenza al rincaro per il greggio. Per Goldman si arriverà a punte di 130 $/barile per il Brent già in autunno, con un traguardo di 140 $ nel 2012. Per Morgan Stanley si arriverà a 120 quest’anno e 130 nel prossimo, complice la situazione libica, che minaccia una riduzione dell’offerta di un petrolio molto apprezzato dalle raffinerie.
Le reazioni sorprese sono venute già ieri: “I fondamentali dipingono scenari differenti”, notava Davide Tabarelli al “Sole 24 Ore”. Diametralmente opposto anche il parere degli analisti di Crédit Agricole: “Quando supera i 110 dollari, la domanda di greggio si assottiglia, tanto che è prevedibile un ritorno verso 85 $/barile nel secondo semestre dell’anno in corso”. Scatenati anche molti operatori indipendenti: “Goldman Sachs continua a emettere profezie che si autoavverano, grazie al suo potere finanziario. La banca d’affari è più potente di uno stato sovrano, qualcosa di molto vicino alla Spectre contro cui doveva combattere James Bond nelle spy story di Ian Fleming”.
D’altra parte la manipolazione è un’accusa che l’americana Commodity Futures Trading Commission, l’autorità che vigila sui mercati, non risparmia ai traders colti in fallo. Purtroppo i tempi tecnici dei procedimenti non sono proprio fulminei: ieri sera Cftc ha annunciato che sono state riscontrate attività illegali da parte di James Dyer, della Parnon Energy, e di Nick Wildgoose, di Atrcadia Energy. Ammassando petrolio fisico nei terminali a loro disposizione (anche a Cushing, l’hub del Nymex nell’Oklahoma) avrebbero creato nel primo trimestre 2008 una falsa carenza che avrebbe permesso 50 milioni di dollari di illeciti guadagni. In seguito infatti i due traders avrebbero assunto posizioni di vendita allo scoperto, vantaggiose all’atto dello smobilizzo delle scorte accumulate.
I due imputati agivano in passato per Bp, la major che nel 2003 aveva dovuto versare 2,5 milioni di dollari al Nymex per motivi similari. Nel 2008 invece le società di Dyer e Wildgoose facevano già capo al magnate John Fredriksen, nato in Norvegia, con quartier generale a Cipro e con una solida posizione, la 72esima, nella lista di Forbes sulle persone più ricche del mondo, grazie a un patrimonio stimato 10,7 miliardi di dollari. Quanto invece alla più grande trading company del mondo, la Glencore International, oggi il suo debutto al listino di Hong Kong ha replicato l’andamento debole già visto a inizio settimana a Londra.
Il ceo Ivan Glasenberg si è detto fiducioso per il futuro: oggi la situazione è monopolizzata dalla crisi greca e dal leggero rallentamento degli acquisti cinesi, ha detto, aggiungendo che però anche l’offerta di materie prime si sta assottigliando. “produrre materie prime – dice Glasenberg – è sempre più difficile e costoso”. Il mercato però sembra valutare troppo costosa l’Ipo da 530 pence per azione con cui Glencore è sbarcata a Londra la scorsa settimana.