“A looser” e “Mr Too Late”. È un attacco durissimo e per certi versi senza precedenti quello di Donald Trump nei confronti del presidente della Federal Reserve Jerome Powell. Dopo le pressioni delle settimane passate, il presidente americano torna ad inveire contro il numero uno della banca centrale americana. La sua colpa? Non aver (ancora) tagliato i tassi di interesse. Parole che hanno avuto immediate ripercussioni sui mercati: mentre le Borse europee erano chiuse per festività, Wall Street lunedì è finita nuovamente in profondo rosso, zavorrata dal timore che l’indipendenza della Fed sia di giorno in giorno più a rischio.
L’attacco di Trump a Powell
“Molti invocano tagli preventivi ai tassi”, ha scritto Donald Trump in un post su Truth. “Con i costi energetici in forte calo, i prezzi dei generi alimentari (incluso il disastro delle uova di Biden!) sostanzialmente più bassi e la maggior parte delle altre cose in calo, l’inflazione è praticamente nulla – ha continuato il presidente Usa – con questi costi in così netto calo, proprio come avevo previsto, non può esserci quasi inflazione, ma può esserci un RALLENTAMENTO dell’economia a meno che Mr. Troppo Tardi, un grande perdente, non abbassi i tassi di interesse, ORA. L’Europa ha già tagliato i tassi sette volte. Powell è sempre stato Troppo Tardi, tranne nel periodo elettorale quando abbassò i tassi per aiutare il sonnolento Joe Biden, poi Kamala, a essere eletto. Come ha funzionato?”.
La pressione di Trump su Powell diventa dunque più serrata di giorno in giorno. Quello di lunedì non è infatti un attacco isolato, anzi. Giovedì scorso, rispondendo alle domande dei giornalisti durante il bilaterale con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni giovedì, riferendosi al numero uno della Fed, Trump aveva detto “non sono contento di lui”, affermando che potrebbe licenziarlo se volesse.
Ancora prima, sempre su Truth, l’inquilino della Casa Bianca aveva invitato Powell ad abbassare il tasso di interesse a breve termine della Fed: “Il licenziamento di Powell non arriverà mai abbastanza velocemente!”, aveva aggiunto.
Powell è stato inizialmente nominato da Trump nel 2017 ed il suo mandato è stato rinnovato per altri quattro anni nel 2022, quando il presidente era Joe Biden. Il suo incarico alla guida della Federal Reserve scadrà nel maggio del 2026.
In una conferenza stampa a novembre, Powell aveva dichiarato che non si sarebbe dimesso se Trump gli avesse chiesto di farlo e questo mercoledì ha ribadito che “la nostra indipendenza è una questione di legge”. Ha poi aggiunto: “Non siamo rimovibili se non per motivi di lavoro. Abbiamo mandati molto lunghi, apparentemente infiniti”.
Perché Powell non taglia i tassi
Jerome Powell si trova attualmente in una posizione molto delicata, che molti commentatori non hanno esitato a definire come “l’incubo di ogni presidente di una banca centrale”.
Il motivo? Dopo aver alzato i tassi tra il 2022 e il 2023 per domane l’impennata dell’inflazione scatenata dal Covid, i prezzi sono effettivamente scesi, passando dal 9,1% del 2022 al 2,4% del mese scorso. Nel frattempo, la Fed nel 2024 ha tagliato i tassi tre volte. Da allora, però, Powell e la maggior parte degli altri responsabili delle politiche della Fed hanno sottolineato che stanno tenendo i tassi fermi a causa dell’incertezza creata dai dazi voluti da Trump. Le tariffe, infatti, potrebbero nuovamente far salire i prezzi, motivo per cui i tassi non sono stati ulteriormente tagliati, anche se, nel caso in cui la crescita rallentasse o gli Usa finissero in recessione (sempre per colpa dei dazi), la Fed potrebbe decidere di agire con una sforbiciata per dare una spinta all’economia. Powell è dunque davanti a un bivio e per il momento ha scelto la strada della cautela. Che a Trump piaccia o no (no).