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Usa-Cina, la guerra commerciale si intensifica: Pechino blocca le terre rare e mette in crisi la supply chain globale

Secondo il New York Times, Pechino ha bloccato le spedizioni di terre rare dai porti cinesi, colpendo direttamente la produzione di tecnologie avanzate

Usa-Cina, la guerra commerciale si intensifica: Pechino blocca le terre rare e mette in crisi la supply chain globale

La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina non accenna a rallentare, anzi, si fa sempre più serrata. Dopo l’annuncio da parte del presidente Usa Donald Trump di nuove tariffe sui semiconduttori, Pechino ha reagito con una contromossa di peso: la sospensione dell’export di metalli, magneti e terre rare, materiali fondamentali per settori chiave come la difesa, l’elettronica e l’industria automobilistica. Un colpo diretto alla supply chain globale.

Mentre le tensioni tra Washington e Pechino si inaspriscono, l’Unione europea si concede una tregua temporanea: la sospensione dei dazi reciproci per 90 giorni offre a Bruxelles un margine di respiro, in attesa di negoziati che restano comunque incerti, data l’imprevedibilità del tycoon della Casa Bianca. Al momento, l’Europa affronta un dazio del 10% su tutte le esportazioni verso gli Usa e del 25% su acciaio e alluminio. In questo clima, giovedì 17 aprile la premier Giorgia Meloni volerà a Washington per tentare di allentare la tensione con Trump, mentre il giorno successivo il vicepresidente americano Vance sarà atteso a Roma.

Trump alza i dazi, la Cina blocca alcune terre rare

Pechino ha tirato fuori l’asso nella manica: le terre rare. In realtà, la dura contromossa cinese sarebbe scattata il 4 aprile scorso, poco dopo l’introduzione dei “dazi reciproci” da parte di Trump. Secondo il New York Times, il governo cinese ha imposto restrizioni all’esportazione di sei metalli pesanti, tra cui l’ossido di disprosio, essenziali per la produzione di magneti. Questi componenti sono cruciali per una vasta gamma di applicazioni, dai motori elettrici ai droni, dai robot ai missili. Poiché la Cina controlla circa il 90% della produzione mondiale di terre rare, la mossa di Pechino ha avuto un impatto immediato e drammatico. Le spedizioni, di solito regolari, sono ora ferme nei porti cinesi. Inoltre, scrive il NYT, l’esportazione di questi materiali avverrà d’ora in poi solo con licenza speciale, rendendo ancora più difficile il loro accesso.

Impatto devastante sulle catene produttive mondiali

Questa sospensione ha gravi ripercussioni sul comparto tecnologico e industriale globale. I componenti a base di terre rare sono cruciali non solo per la transizione elettrica, ma anche per prodotti convenzionali come auto a benzina, missili, satelliti e droni. A preoccupare è soprattutto la scarsità delle scorte, visto che molte aziende — per ragioni economiche — hanno scelto negli ultimi anni di mantenere magazzini ridotti al minimo, confidando in forniture costanti.

Se il blocco dovesse prolungarsi, alcune fabbriche statunitensi rischierebbero di sospendere la produzione di automobili e dispositivi tecnologici avanzati. A rendere la situazione ancora più delicata, Pechino sta mettendo a punto nuove normative per un controllo ancora più stringente sull’export, ipotizzando, secondo il NYT, restrizioni permanenti per alcune aziende, comprese quelle legate al settore militare americano.

La diplomazia del bambù contro la tempesta dei dazi

Nel bel mezzo di questa tempesta commerciale, Xi Jinping è in Vietnam per la sua prima missione internazionale del 2025, con tappe in Malesia e Cambogia. Il presidente cinese ha ribadito che il protezionismo non porta a nulla di buono e che una guerra commerciale “non avrà vincitori”. Il Vietnam, da parte sua, continua a coltivare una posizione di equilibrio tra Pechino e Washington, adottando quella che viene definita “diplomazia del bambù” — flessibile ma resistente —, per mantenere buoni rapporti con entrambe le superpotenze.

Nel frattempo, l’interruzione delle forniture cinesi di terre rare minaccia di innescare una crisi di lungo termine, con ripercussioni non solo per l’industria americana, ma per l’intero assetto economico globale.

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