La lettera verrà resa nota solo oggi ma già se ne conoscono a grandi linee i contenuti. Fissa i punti essenziali del nuovo piano “Rearm“, porta la firma della presidente della Commissione Ursula von der Leyen e sarà inviata oggi agli Stati membri in vista del vertice Ue straordinario di giovedì prossimo al quale interverrà anche il presidente ucraino, Volodymir Zelensky.
“Stiamo lavorando intensamente alla preparazione del Consiglio europeo insieme al presidente Antonio Costa”, ha detto von der Leyen, spiegando che “abbiamo bisogno di un massiccio aumento della difesa, senza alcun dubbio”. La presidente ha ribadito che “vogliamo una pace duratura, ma una pace duratura può essere costruita solo sulla forza. E questo significa cominciare rafforzando noi stessi. Questo è lo scopo del piano che presenterò agli Stati membri”. Si prevedono economie di scala, forme di razionalizzazione e partnership tra Stati membri e anche un fondo creato con debito comune.
La “Regina Ursula” vuole estendere il potere di Bruxelles
Le capitali europee temono però che la presidente della Commissione von der Leyen sfrutti questa crisi per estendere i poteri di Bruxelles a nuovi ambiti e rafforzare la sua influenza sui governi nazionali come durante la pandemia di Covid-19 quando gli acquisti dei vaccini furono gestiti da Bruxelles. Un approccio centralizzante che le è valso il soprannome di “Regina Ursula”. Alcuni leader dell’Ue non vogliono che ciò accada di nuovo su una questione delicata come la spesa per la difesa. “La difesa è ancora in gran parte una responsabilità nazionale” affermando fonti diplomatiche spiegando l’opposizione a un fondo di difesa gestito dalla Commissione. In particolare, paesi come la Polonia e la Finlandia vogliono proteggere la difesa dai tentativi di ingerenza della Commissione.
Difesa, ecco il piano “Rearm” in 5 punti
Il piano in cinque punti di von der Leyen, esposto nella lettera inviata ai capi di Stato e di Governo dei Ventisette in vista del vertice straordinario di giovedì, dovrebbe mobilitare in totale 800 miliardi di euro.
Il primo punto del piano è l’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale del Patto di stabilità per permettere agli Stati membri di poter spendere per la difesa anche sforando il 3% del deficit. “Se gli Stati membri aumentassero la loro spesa per la difesa dell’1,5% del Pil in media, ciò potrebbe creare uno spazio fiscale di circa 650 miliardi di euro in un periodo di quattro anni”, ha spiegato.
Il secondo punto è un nuovo strumento per fornire 150 miliardi di euro di prestiti agli Stati membri per investimenti nella difesa. “Si tratta fondamentalmente di spendere meglio e spendere insieme. Stiamo parlando di domini di capacità paneuropei” favorendo gli acquisti congiunti per risparmiare e permettendo di aumentare anche la fornitura di attrezzatura militare all’Ucraina.
Il terzo punto: la flessibilità nel bilancio europeo per permettere agli Stati che lo vorranno usare programmi di politica di Coesione per aumentare la spesa della difesa.
Gli ultimi due punti mirano a mobilitare il capitale privato accelerando l’Unione del risparmio e degli investimenti e attraverso la Banca europea per gli investimenti.
Difesa, i meccanismi del piano
Il piano “Rearm” nella prima bozza delle conclusioni del vertice di giovedì richiama la dichiarazione di Versailles del marzo 2022 e il fatto che l’Ue deve diventare più “sovrana” e maggiormente “responsabile” della propria difesa. Si chiede alla Commissione di proporre “ulteriori fonti di finanziamento per la difesa a livello Ue, anche attraverso una flessibilità aggiuntiva nell’uso dei fondi strutturali e a presentare rapidamente proposte in merito”. Nelle conclusioni si afferma che l’Unione dovrebbe “accelerare” la mobilitazione degli strumenti necessari a finanziare gli investimenti che andranno fatti. Si sottolinea la necessità che gli Stati Ue aumentino “in modo sostanziale” la spesa per la difesa e, per questo, si invita la Commissione a raccomandare un modo per utilizzare le “flessibilità” del patto di stabilità per stralciare la spesa per la difesa.
Von der Leyen ha spiegato che questo meccanismo sarà applicato “in modo controllato e condizionato” per impedire una spesa incontrollata da parte dei Paesi fortemente indebitati. Ma gli stati più rigorosi come la Germania e i Paesi Bassi, e i grandi potenze militari come la Grecia, vogliono limitare la clausola di emergenza ai Paesi che spendono già più del 2% del loro prodotto interno lordo per la difesa, come incentivo per gli altri a raggiungere tale obiettivo. L’idea non piace però agli stati che non hanno raggiunto il 2% come Italia e Spagna.
Si fa poi riferimento alle opzioni di finanziamento: si chiede al consiglio dei governatori della Banca Europea per gli Investimenti (Bei) di adattare “con urgenza” le prassi di finanziamento per l’Europa della difesa, in particolare “rivalutando la lista delle attività escluse”. Adottando gli standard Esg (Environmental, Social, Governance, ndr), la difesa viene oggi esclusa dai. Si identificano poi aree “prioritarie” per agire a livello Ue in termini di capacità militari. In conformità con il lavoro già svolto dall’Agenzia Europea per la Difesa e in “piena coerenza” con la Nato, ci si concentra su “aerei e sistemi di difesa missilistica; sistemi di artiglieria; missili e munizioni; droni e sistemi anti-droni; abilitatori strategici (come i tanker, gli aerei cisterna) e protezione delle infrastrutture critiche, anche in relazione allo spazio; mobilità militare; cibernetica; intelligenza artificiale e guerra elettronica”.
Si sottolinea poi l’importanza di usare “più sistematicamente l’aggregazione della domanda, l’armonizzazione dei requisiti e gli acquisti congiunti” nel campo della difesa. Si chiede alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento di semplificare le procedure di appalto, per eliminare le “strozzature” che tuttora “ostacolano una rapida crescita dell’industria della difesa”. Si raccomanda all’esecutivo Ue di dare priorità ad un provvedimento Omnibus per la difesa. Un’Ue più forte è “complementare” alla Nato e “contribuirà positivamente alla sicurezza transatlantica e globale. Si esorta anche la Commissione a tenere conto di queste priorità nell’ambito del prossimo Mff, il quadro pluriennale di bilancio dell’Ue (2028 2034). Il Consiglio Europeo, anche in questo caso, tornerà su questi temi sia nel Consiglio di marzo che in quello di giugno soprattutto dopo lo shock determinato dalla nuova postura sull’Ucraina dell’amministrazione Trump.
Il summit del 6 marzo
Il summit di giovedì verrà aperto da uno “scambio di vedute” con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che, dopo essere stato cacciato dalla Casa Bianca venerdì scorso dopo uno scontro in diretta tv con il presidente Donald Trump e il vicepresidente Jd Vance, è stato ricevuto domenica a Londra dai leader europei con tutti gli onori. Sull’Ucraina la Ue “rimane impegnata a fornire sostegni aumentati politici, finanziari, economici, umanitari, militari e diplomatici”. Perchè un’Ucraina “in grado di difendersi è parte integrante di qualsiasi futura garanzia di sicurezza”.
C’è infine da decidere la sorte dei fondi russi detenuti in banche europee. Si tratta di circa 200 miliardi di euro detenuti nell’istituto finanziario Euroclear con sede a Bruxelles che sta fruttando cospicui interessi. Gli Stati Uniti detengono invece solo 5 miliardi di dollari. Il sequestro di tali beni sarebbe un’opzione drastica che garantirebbe quasi certamente all’Europa un posto più importante al tavolo delle trattative, dopo che gli Stati Uniti e il Cremlino ne hanno escluso l’opportunità nei recenti colloqui a Riad, in Arabia Saudita. Tuttavia i governi dell’Ue restano divisi sul fatto che lo scongelamento di quei fondi dimostrerebbe a Trump che Bruxelles ha ancora un po’ di forza, o se si ritorcerebbe contro di loro. Con i beni russi congelati “possiamo sostituire il sostegno degli Stati Uniti se gli Stati Uniti decideranno comunque di non sostenere più l’Ucraina”, ha affermato lunedì il ministro degli Esteri estone Margus Tsahkna.
“Abbiamo 300 miliardi di euro di beni russi congelati in Europa e dobbiamo usarli”, ha detto Tsahkna ai giornalisti a Bruxelles, insieme ai suoi omologhi di Danimarca, Svezia, Lituania e Lettonia. I paesi baltici e nordici, vicini della Russia, pensano che i soldi debbano essere consegnati immediatamente all’Ucraina. Questa posizione è sostenuta da Polonia, Repubblica Ceca e dal massimo diplomatico dell’Ue, l’ex premier estone Kaja Kallas. Nel campo opposto Francia, Germania, Italia, Spagna e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che temono che confiscando i fondi l’Ue spaventerebbe gli investitori internazionali e rinuncerebbe al suo più grande vantaggio nei colloqui di pace.