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Borsa chiusura 3 febbraio: la parziale retromarcia di Trump sui dazi non basta, listini in rosso. A Milano occhi sul risiko, giù Stellantis

I dazi di Donald Trump slitteranno di un mese e Wall Street riduce le perdite. In Europa il clima è temporalesco e le vendite colpiscono il settore auto. Dollaro e oro prendono il volo. A Milano Mps in vetta

Borsa chiusura 3 febbraio: la parziale retromarcia di Trump sui dazi non basta, listini in rosso. A Milano occhi sul risiko, giù Stellantis

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ricomincia a strapazzare anche i mercati finanziari con esternazioni sulla sua politica doganale e dopo aver annunciato nel fine settimana nuovi dazi su Canada (25%), Messico (25%) e Cina (10%) oggi, nel tardo pomeriggio europeo, fa una parziale retromarcia. Secondo la presidente messicana Claudia Sheinbaum le tariffe slitteranno di un mese, almeno per il paese del Centro America e ciò è confermato dalla Casa Bianca. Così questo dimostra a tutti che le trattative restano aperte. Dopo la notizia Wall Street riduce le perdite, pur restando in calo (ora DJ -0,2%, S&P 500 -0,6%, Nasdaq -0,9%) e i listini del Vecchio Continente respirano un po’ alla fine degli scambi, mentre il Consiglio Ue in una riunione straordinaria sta valutando come reagire a eventuali tariffe. 

In ogni caso il clima è temporalesco e il Toro appare spaventato a tutte le latitudini: Milano -0,69%, Francoforte -1,3%, Londra -1,03%, Parigi -1,2%, Amsterdam -0,62%, Madrid -1,34.

Oro e super dollaro

A soffrire di più sono i titoli del settore automobilistico, mentre l’avversione al rischio pesa anche sulla criptovalute, nonostante la volatilità indotta dal susseguirsi delle notizie provenienti da Washington. 

Al contrario il dollaro e l’oro prendono il volo. Lo spot gold tratta oltre 1823 dollari l’oncia.

Si raffreddano gli acquisti sul petrolio che appare poco variato, mentre i prezzi del gas ad Amsterdam sono a 53,750 euro al Mwh. 

In ambito valutario è ancora super dollaro, il biglietto verde ridimensiona i guadagni dopo le notizie dal Messico. L’euro, che era sceso sotto 1,03, ora tratta su quella linea. Per la moneta unica la perdita è di circa mezzo punto percentuale, dimezzata rispetto alle ore precedenti.

Sale leggermente l’inflazione in Europa

La cornice a questo quadro sono dati macro poco rassicuranti, in una prospettiva di commercio imbrigliato che potrebbe pesare sulla crescita e far salire l’inflazione. Già a gennaio il caro vita si è leggermente rafforzato in Eurolandia, mentre la manifattura ha mostrato qualche segno di vitalità ma restando in contrazione. Di contro è salito il Pmi a stelle e strisce.

Secondo la stima flash di Eurostat il mese scorso l’inflazione annuale nell’area euro è aumentata al 2,5%, dal 2,4% di dicembre, mentre a gennaio 2024 era al 2,8%. In Italia l’inflazione è salita all’1,7% dall’1,4% di dicembre e 1,5% di novembre. Intanto la manifattura europea rialza timidamente la testa: l’indice Pmi sale a 46,6; in Italia a 46,3 da 46,2 a dicembre; in Francia a 45 punti dai 41,9 punti; in Germania risale a 45 punti da 42,5 punti di dicembre. Di tutt’altro tenore sono i dati a stelle strisce, che mostrano un Ism manifatturiero in espansione a 50,9 da 49,3 di dicembre e ben oltre le attese.

In Piazza Affari salgono Tim e Mps, Stellantis crolla

Anche in Piazza Affari il settore più colpito dalle vendite è quello delle quattro ruote, che ha trasferito in Messico gran parte dell’assemblaggio e produzione di componenti. La blue chip in maglia nera è Stellantis -4,52. Gli analisti di Intesa Sanpaolo osservano che nell’area Nafta (Usa, Messico e Canada) “Stellantis ha 11 stabilimenti di assemblaggio, di cui 2 in Canada e 3 in Messico. Secondo le nostre simulazioni, il totale delle importazioni da Messico e Canada dovrebbe rappresentare circa il 37% dei ricavi totali del gruppo negli Usa”. Così perde quota anche Pirelli -3,37%.

Il rosso è acceso per Saipem -3,42%, Stm -3,05%, Nexi -2,76%, Interpump -2,45%.

Di contro sale Telecom +1,43% e l’effervescente settore bancario anima ancora il dibattito e gli acquisti, almeno su Mps +1,42%. La fiammella dell’appeal speculativo sul settore è stata tenuta accesa nel weekend dalla notizia che Unicredit (-0,72%) possiede il 4,1% del capitale di Generali (+0,33%). Una quota che potrebbe avere un peso quando si tratterà di nominare il nuovo cda e quando si confronteranno Mediobanca (-0,79%), Delfin e Caltagirone, assieme al Mef. Questi ultimi sono anche i principali azionisti di Mps, protagonista del recente blitz con cui ha annunciato un’ops su Piazzetta Cuccia, accolta per la verità con freddezza da investitori e analisti. 

Salgono infine Leonardo +1,06%, Recordati +0,85%, Cucinelli +0,56%. Spunti sulle utility.

Spread in leggero rialzo

Limita i danni nel finale anche la carta italiana, con lo spread tra Btp 10 anni e Bund di pari durata che sale a 111 punti base, ma in un contesto di tassi calanti. Il Btp è al 3,5% contro il 2,39% del titolo tedesco.

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