Mps tenta la scalata a Mediobanca. L’obiettivo è il controllo delle Generali, fino a oggi impegnata nell’alleanza coi francesi di Natixis. E il governo Meloni “benedice” l’affondo con lo sguardo rivolto al terzo polo. Un vero e proprio terremoto ai piani alti della finanza italiana con ripercussioni sulle dinamiche del pianeta banche, a partire dalle mosse di Andrea Orcel su Banco Bpm. E dunque, dopo un susseguirsi di indiscrezioni, il via libera ora è ufficiale: il cda di Banca Montepaschi di Siena ha detto sì al lancio di un’offerta pubblica di scambio volontaria su tutte le azioni di Mediobanca.
Nel 2007, con Antonveneta, a Mps andò male. Con il nuovo tentativo, e in tutt’altro scenario, Siena ha già convocato per il 17 aprile 2025 la sua assemblea dei soci con, all’ordine del giorno, la delibera sull’aumento di capitale al servizio dell’offerta medesima. Un’operazione che, a seguire, potrebbe partire tra giugno e luglio.
L’Ad di Mediobanca, Alberto Nagel, l’avrebbe già bollata come “operazione non concordata e ostile”. Di sicuro, si tratta di una mossa (definita “non noiosa” e “al di fuori dei soliti schemi e rituali” dall’Ad di Mps, Luigi Lovaglio), che prelude a un deciso scompiglio nell’assetto della finanza italiana spostando gli equilibri del controllo delle Generali (il cui 13% è in mano a Piazzetta Cuccia) e sparigliando le carte del risiko bancario. Sempre Lovaglio ha fatto sapere che il ministero dell’Economia e delle Finanze “non ha posto alcun limite” alla scalata.
Mps e Mediobanca, l’azionariato: assi e intrecci
L’offerta di Mps su Mediobanca mette in risalto numerosi intrecci azionari che arrivano fino a Generali, con possibili effetti a catena.
Ad esempio, proprio di recente Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio, era salita al 9,78% del capitale di Mps (dal precedente 3,5%) con un investimento di circa 800 milioni a seguito della progressiva cessione, da parte del Tesoro, di quote della banca senese. La mossa di Delfin ha avuto come obiettivo quello di blindare Mps e rafforzare il “nocciolo duro” italiano dopo la discesa del Mef che, comunque, resta primo azionista con l’11,7%, seguito appunto dalla cassaforte dei Del Vecchio con il 9,78%, da Banco Bpm con il 5%, da Francesco Gaetano Caltagirone con il 5,026 e da Anima con il 4 per cento. Vale la pena ricordare che Bpm ha, a sua volta, lanciato un’Opa su Anima.
Gli azionisti – sottolinea la nota diffusa oggi dal Monte – non agiscono di concerto. Dall’acquisizione delle quote della banca senese il risiko bancario è comunque diventato ancora più complesso con l’Ops lanciata da Unicredit su Banco Bpm.
L’asse Delfin-Caltagirone, tuttavia, costituisce anche il blocco di maggior peso fra gli azionisti di Mediobanca: Delfin, infatti, è il primo socio di Piazzetta Cuccia con il 19,8%, Caltagirone secondo con il 5,5%: a conti fatti, insieme detengono il 25,3% della banca d’affari. Terzo azionista è Blackrock con il 4,23 per cento.
Il patto di consultazione, invece, raggruppa l’11,40% degli azionisti: Mediobanca, infatti, è guidata da un gruppo di società legate da un “accordo di consultazione”. Dentro figurano: il gruppo Mediolanum (3,49%), la Fin.Priv (che ha al suo interno Generali, Italmobiliare, Pirelli, Stellantis, Telecom e Unipol), Monge, il gruppo Gavio, la Finpog Italia (gruppo Doris), il gruppo Ferrero, il gruppo Luchini, il gruppo Pecci, e con quote minori ancora Tosco-Fin, Smil, Plt Holding (famiglia Tortora), Fin.Fer (gruppo Pittini) , Vittoria Assicurazioni, Mais, Valsabbia Investimenti e Romano Minozzi.
Mediobanca è poi l’azionista più importante di Generali, con il 13,10% del capitale. Seguono il gruppo Del Vecchio/Delfin con il 9,93, il gruppo Caltagirone con il 6,92% e il gruppo Benetton con il 4,80 per cento.
Mps-Mediobanca, il rapporto di cambio
Il rapporto di cambio è stato fissato a 2,300 azioni di nuova emissione di Mps per ogni azione esistente di Mediobanca, che comporta un prezzo implicito di offerta pari a 15,992 operazione, e un premio pari a 5,03% rispetto ai prezzi ufficiali del 23 gennaio 2025. Il corrispettivo totale è di 13,3 miliardi di euro.
Mps-Mediobanca, i dettagli dell’operazione
Secondo quanto comunica Mps in una nota, l’acquisizione di Mediobanca permetterà a Mps di generare un ritorno sul capitale tangibile di circa il 14%, di avere un indicatore di solidità patrimoniale pro-forma di circa il 16% e di generare circa 700 milioni di sinergie ante imposte all’anno, di cui 300 milioni da ricavo 300 milioni di costo e 100 milioni di funding.
La transazione permetterà di beneficiare del valore delle Dta (attività fiscali differite) di Mps, facendo leva su una base imponibile consolidata più elevata. Il nuovo gruppo sarà, infatti, in grado di accelerare l’utilizzo di 2,9 miliardi di euro di Dta nei prossimi sei anni, con 0,5 miliardi all’anno e un significativo beneficio di capitale.
Il “valore attuale netto stimato a beneficio degli azionisti di Mediobanca aderenti all’offerta” generato dall’accelerazione nell’utilizzo delle Dtra ammonta a “circa 1,2 miliardi di euro, pari a circa il 10% dell’attuale valore di mercato di Mediobanca”.
Mps, ecco cosa ha detto il Ceo Lovaglio nella nota
“Con questa operazione di natura industriale vogliamo segnare un nuovo approccio nel percorso di consolidamento del settore bancario che in maniera innovativa crea valore da subito sia per gli azionisti di Mps che di Mediobanca, e ritengo anche per l’intero sistema Paese. Puntiamo a un nuovo campione nazionale, con due brand di eccellenza, che vogliamo proteggere e ancor più valorizzare”. Così il ceo di Mps, Luigi Lovaglio, nella nota in cui la banca annuncia l’offerta su Mediobanca.
Dall’unione tra la banca “più antica del mondo ancora in attività” (la sua nascita è fissata al 1472) e Mediobanca nascerà “un nuovo e moderno gruppo bancario altamente competitivo. Insieme e a beneficio di tutti gli azionisti, abbiamo l’opportunità di creare un player con un modello di banca globale best-in-class e resiliente, facendo leva su competenze distintive e complementari, capillari reti distributive e agili piattaforme digitali. Una combinazione di business unica di talenti, know-how, brand e valori”.
Mps, cosa ha detto il Ceo Lovaglio agli analisti
In mattinata, il Ceo ha poi replicato alle domande degli analisti, dubbiosi su una combinazione tra una banca commerciale e una banca di investimento. Tra le risposte fornite, una riguarda il ruolo del Tesoro nella vicenda, giacché anche dalle opposizioni al governo sono stati sollevati dubbi in merito alla trasparenza delle operazioni di mercato nel settore del credito laddove lo Stato è il primo azionista di una banca – Mps – e, in quanto tale, non può non essere parte rilevante della decisione.
A tal proposito, Lovaglio ha dichiarato che dal ministero dell’Economia non è stato “posto alcun limite” al deal Mediobanca e già “a dicembre 2022, dopo aver completato l’aumento di capitale da 2,5 miliardi, per la precisione il 16 dicembre, incontrai il ministro dell’Economia (Giancarlo Giorgetti, ndr) per presentare un aggiornamento sulle strategie per il futuro e illustrai tre opzioni: continuare da soli, fare un’operazione fra pari e un’operazione con Mediobanca. Ora è il momento migliore”, ha spiegato.
E ancora: “Voglio essere chiaro, proteggeremo entrambi i marchi” e “non prevediamo di far scomparire il marchio Mediobanca”, che dovrà continuare “ad attrarre i migliori talenti” per permettere a Piazzetta Cuccia “di concentrarsi ancora di più all’attività di M&A a e alle attività tipiche di una banca di investimento, che è il Dna di Mediobanca”.
Il ceo di Mps non esclude, tuttavia, che alcuni banchieri di Mediobanca possano lasciare Piazzetta Cuccia in seguito all’acquisizione di Mps. “Degli impatti sui ricavi ci possono essere, perché perderemo dei talenti, ho visto molti banker che stanno lasciando le loro banche, è una questione anche naturale”, ha detto Lovaglio. “Stiamo considerando anche un impatto negativo sui ricavi ma sarà marginale rispetto alla combinazione del business retail” nel credito al consumo e nell’asset management.
Non da ultimo, un passaggio sul dividendo 2024: “Noi non cambiamo il payout ratio (la percentuale di utile destinata a dividendo) per il 2024, si tratta di un impegno che abbiamo preso con gli azionisti e manteniamo le promesse”.
Mps, con Mediobanca il dividendo arriverà al 100% dell’utile
Dall’integrazione tra Mps e Mediobanca “sono previsti benefici significativi per gli azionisti di entrambe le banche” attraverso la distribuzione di un dividendo per azione “sostenibile e in crescita”. In particolare, si legge nella nota di Mps sull’offerta, è atteso “un incremento a doppia cifra” degli utili per azione ‘adjusted’ e una “generazione organica di capitale superiore all’utile netto che permette un crescente” dividendo per azione “con un pay-out ratio”, cioè la percentuale di utile distribuito sotto forma di dividendo, “fino al 100% dell’utile netto, preservando al contempo una forte solidità patrimoniale”. Per quanto riguarda i costi di integrazione sono “pari a circa 600 milioni di euro al lordo delle imposte, da sostenere nel primo anno di attività”.
Mps, le condizioni per l’offerta
Tra le condizioni a cui è subordinata l’offerta pubblica di scambio di Mps su Mediobanca figura il conseguimento del 66,67% del capitale di Piazzetta Cuccia. Lo si legge nel comunicato in cui il Monte annuncia l’operazione. La condizione di efficacia, al pari delle altre posta da Mps, è rinunciabile “solo espressamente” dalla banca.
Mps: benefici dai flussi di cassa di Generali
Grazie all’acquisizione di Mediobanca Mps diventerà un “operatore che beneficia di un flusso di cassa sostenibile, derivante dall’investimento assicurativo”. Lo si legge nella nota di Mps sull’offerta per Mediobanca, che – lo si ricorda ancora – detiene il 13% di Generali, i cui ricchi e stabili dividendi alimentano il conto economico di Piazzetta Cuccia.
Mediobanca: con Ops addio a Piazza Affari?
L’offerta di Mps su Mediobanca porterebbe anche a un addio di Piazzetta Cuccia a Piazza Affari? L’interrogativo circola insistentemente. Una possibile risposta è contenuta nel comunicato diramato da Mps: “L’obiettivo dell’offerta – vi si legge – è acquisire l’intero capitale sociale dell’emittente e conseguire la revoca delle azioni Mediobanca dalla quotazione su Euronext Milan. Si ritiene, infatti, che il delisting favorisca gli obiettivi di integrazione, creazione di sinergie e crescita tra Mps e Mediobanca”.
Mps-Mediobanca: cosa succede in Borsa?
L’andamento divergente dei titoli Mediobanca e Mps a Piazza Affari, durante la mattinata di venerdì 24 gennaio, con il primo che sale e il secondo che scende drasticamente, trasforma il premio del 5% all’atto dell’annuncio dell’Ops in uno sconto dell’offerta rispetto ai corsi di Borsa. Le 2,3 azioni che Mps (6,62 euro l’una) offre per ogni azione Mediobanca valgono – nella prima parte della seduta – 15,226, a fronte di 16,28 euro che Mediobanca quota in Borsa. In questa prima fase il mercato sta chiedendo a Siena un rilancio di quasi il 7%, che rapportato al controvalore dell’offerta (13,3 miliardi), si traduce in una cifra pari a circa 920 milioni di euro.
Mediobanca, quale possibile difesa?
Per difendersi dall’offerta di Mps, il management di Mediobanca dovrà fare i conti con due ostacoli: la passivity rule, che impone ad Alberto Nagel e soci di portare in assemblea qualsiasi operazione straordinaria, e la presenza nel capitale di Piazzetta Cuccia di Delfin e del gruppo Caltagirone, che dispongono insieme del 25% del capitale della banca guidata da Nagel e i cui rappresentanti nel cda di Mps hanno approvato l’operazione non concordata lanciata dal Monte. Piazzetta Cuccia, tuttavia, potrebbe anche chiedere aiuto a un cavaliere bianco.
(Articolo aggiornato alle ore 12.10)