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Oro e gioielli: i ricavi 2024 in crescita del 6% saranno confermati nel 2025, trainati dall’export. Più forti le aziende con capitale estero

Secondo l’indagine Mediobanca e l’analisi del Centro Studi di Confindustria Federorafi, il settore, uno dei settori trainanti del Made in Italy, vede una maggiore tonicità nelle aziende a capitale estero. Morellato è uno dei rari casi in cui un’azienda italiana acquista realtà oltreconfine (Christ)

Oro e gioielli: i ricavi 2024 in crescita del 6% saranno confermati nel 2025, trainati dall’export. Più forti le aziende con capitale estero

I buoni affari visti nei primi 10 mesi del 2024, che hanno portato a un +5,8% dei ricavi settore orafo-argentiero-gioielliero in Italia, probabilmente verranno confermati anche quest’anno, trainati soprattutto dagli acquirenti esteri. Lo dice la prima indagine di Mediobanca sul settore che ha analizzato i dati finanziari dei 97 maggiori player con un giro d’affari superiore ai 19 milioni di euro ciascuno, a cui si aggiunge l’analisi del Centro Studi di Confindustria Federorafi.

I trend sono stati confermati da parte della maggioranza dei produttori che hanno risposto al questionario proposto dal Centro Studi di Confindustria Federorafi che per il 2025: il 47,5% delle società prospetta una stabilità del volume d’affari rispetto al 2024, il 31,2% si attende un peggioramento, mentre la residua quota del 21,3% ha un sentiment positivo.

L’industria orafa-argentiera-gioielliera è uno dei settori trainanti del Made in Italy che più ha
contribuito a sviluppare l’immagine del nostro Paese in tutto il mondo, grazie alle qualità artigianali e all’originalità dei suoi prodotti. Secondo le rilevazioni Istat, a fine 2022 nel nostro Paese erano attive quasi settemila società con organici complessivi di 31.146 unità, pari in media a 4,5 dipendenti per azienda, con la netta prevalenza di micro e piccole imprese, spesso a carattere familiare.

L’export nel 2024 è stato più dinamico rispetto al mercato interno mostrando rispettivamente una crescita del 7,2% e del 3,0%. L’Italia sul panorama mondiale si colloca in quinta posizione, con una quota di mercato dell’8,7%. Cina e India sono invece il primo e il terzo esportatore mondiale di preziosi, detenendo insieme alla Svizzera (secondo esportatore in qualità di hub e paese di transito dei prodotti orafi italiani e francesi) un terzo circa dell’export complessivo.

Il ritorno alla normalità dopo il boom del 2022

Nel 2023 i 97 maggiori produttori di preziosi attivi in Italia (42 al Centro, 32 nel Nord Est, 21 nel Nord Ovest e 2 nel Sud) hanno complessivamente fatturato 8,4 miliardi di euro (in crescita del 3,9% sul 2022 e del 25,8% sui livelli del 2021), con l’impiego di quasi 16.300 dipendenti (+16,3% sul 2021). Sebbene meno numerose, le imprese del Nord Ovest svettano grazie ai loro maggiori ricavi pari a 145,4 milioni, da confrontarsi con gli 84,6 del Nord Est e con i 60,5 del Centro Italia.

Le società a proprietà estera fanno la differenza

La rilevanza degli operatori a controllo estero appare evidente per dimensioni più che per numerosità (11 imprese): il valore medio dei loro ricavi nel 2023, pari a 203 milioni, è triplo rispetto alle società a capitale italiano (71,3 milioni), per un giro d’affari aggregato di 2,2 miliardi, pari al 26,7% delle vendite complessive. Le società a proprietà estera crescono di più rispetto a quelle a controllo italiano, sia sul 2022 (+15,5% vs +0,3%) che sul 2021 (+39,3% vs +21,5%), in virtù del miglior andamento delle vendite oltreconfine, aumentate a una velocità più che doppia (+42,7% tra il 2021 ed il 2023) rispetto alle imprese a capitale italiano (+19,3%).

Nel 2023 al primo posto per ricavi si è collocata Bulgari Gioielli (870 milioni) che precede Morellato (739 milioni) e PGI (566 mln). Seguono Damiani (334 mln) e UnoAerre Industries (264 mln). In totale sono dieci le società a superare i 150 milioni di ricavi. Con l’acquisizione del gruppo tedesco Christ, Morellato ha quasi raddoppiato il fatturato rispetto al 2022, incrementando all’83,9% il peso del canale retail sul giro d’affari complessivo (rispetto al precedente 69,3%). Si tratta di uno dei pochi casi di imprese italiane del comparto che hanno acquisito realtà oltreconfine.

La redditività (ebit margin) degli operatori del settore orafo-argentiero-gioielliero è salita dal 6,3% del 2021 al 7,8% nel 2022, per poi migliorare ulteriormente all’8,5% nel 2023. Sotto il profilo territoriale le aziende del Nord Ovest esprimono l’ebit margin più elevato (9,7% nel 2023, + 2,7 punti percentuali sul 2021), seguite da quelle dell’Italia Centrale (8,4%, + 0,8 p.p.). Il podio per redditività è per Gimet Brass (40,8%), produttrice di componenti per bigiotteria, seguita dalla toscana Treemme (30,1%) e da Coin Holding (29,9%).

I risultati netti realizzati dall’industria dei preziosi appaiono positivi e in tendenziale crescita. Nel triennio esaminato l’aggregato ha contabilizzato utili per circa 1,2 miliardi, pari al 55% della dotazione patrimoniale di fine 2021, con un’incidenza sul giro d’affari cresciuta dal 4,4% del 2021 al 5,2% del 2023, nonostante il lieve calo sul 2022 (-0,3 p.p.). Gli investimenti nel 2023 sono aumentati del 59,4% sul 2021 e del 34,3% sul 2022.

Per gli operatori a proprietà estera la progressione dal 2021 (+147,1%) è stata molto più accentuata rispetto a quelli a controllo italiano (+38,7%). Anche in base al rapporto tra investimenti e dotazioni iniziali di immobilizzazioni materiali, le società più dinamiche sono quelle a controllo estero e quelle ubicate nel Nord Ovest

Assetti proprietari e base produttiva

Il 77,1% del patrimonio netto dei maggiori produttori di preziosi è riferibile al controllo familiare; considerando inoltre le due società controllate da fondi italiani di private equity, il patrimonio netto in mani italiane sale al 78,4%.

Il 21,6% è invece a controllo straniero. Tra le 11 società a proprietà estera, cinque sono riferibili ad azionisti francesi, tra cui LVMH con tre controllate (Bulgari Gioielli, Vpa – Villa Pedemonte Atelier e B.M.C.), e la connazionale Kering (Pomellato). Due società (PGI e Buccellati Holding) fanno invece parte del colosso svizzero Richemont che, nel corso del 2024, ha esteso la propria presa sull’alta gioielleria italiana con l’acquisizione di Vhernier.

La quotazione delle principali materie prime

Le condizioni geopolitiche e macroeconomiche, particolarmente turbolenti nel periodo post
pandemico, hanno influenzato le quotazioni dell’oro, il bene rifugio per eccellenza, e delle altre commodities utilizzate dal comparto. Tra il 2019 e il 2024 i prezzi dell’oro sono cresciuti a un tasso medio annuo dell’11,4%, aggiornando i picchi massimi dell’ultimo quinquennio nell’ottobre 2024, toccando quota 2.690 dollari/oncia rispetto ai 1.393 dollari medi del 2019.

Discorso analogo riguarda l’argento che è cresciuto a un Cagr dell’11,7% chiudendo a 30,4
dollari/oncia nel dicembre 2024, mentre il platino, dopo aver raggiunto la quotazione media di 1.092 dollarioncia nel 2021, ha rintracciato fino a 936 dollari di fine 2024, segnando comunque nell’ultimo quinquennio una crescita media annua positiva (+2,0%).

Le forti oscillazioni nelle valutazioni delle principali materie prime non solo ostacolano la corretta pianificazione della fase produttiva, ma si riflettono sull’equilibrio finanziario del comparto, causando l’incremento degli stock di magazzino (cresciuti, per le imprese del panel, del 25,8% nel triennio) e dei crediti commerciali (+17,9% sul 2021), quest’ultimi a fronte delle maggiori dilazioni richieste dai clienti sottoposti a crescenti impegni finanziari in virtù dell’aumento delle quotazioni auree.

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