Crescita economica e prosperità sono strettamente connesse con la pace. Perché lo sviluppo si fonda su integrazione e commercio internazionale. Tradotto: solo la pace può assicurare la “prosperità” e lo sviluppo duraturo “dell’economia” mentre la guerra, al netto dei danni materiali e umani (che sono incommensurabili), non può che portare “benefici transitori” e anche la tecnologia militare è utile solo se trova impiego nel campo civile, come nel caso dell’energia atomica o di internet. A parlare è il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta.
Panetta, ecco cosa ha detto il governatore di Bankitalia
È un discorso incentrato sulla necessità di difendere gli aspetti positivi della globalizzazione di fronte a un mondo che si chiude, ma dandole una “coscienza” e riducendo “le diseguaglianze”, quello del governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta al Centro San Domenico a Bologna. L’occasione è l’incontro Economia e pace: un’alleanza possibile promosso dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice. Assieme a lui il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo metropolita di Bologna, e Annamaria Tarantola, già Presidente Fondazione Centesimus Annus pro Pontifice e con una lunga carriera in Banca d’Italia.
Da economista, il governatore sostiene la sua tesi con grafici e numeri alla mano. Il primo evidenzia proprio l’impennata dei conflitti del mondo, una situazione dove “la storia sembra ora fare un passo indietro” ed è ripresa la corsa agli armamenti anche dell’Europa a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
“Senza pace – scandisce Panetta – l’umanità non può prosperare; né può farlo l’economia”. Il governatore ha elencato i danni e i contraccolpi di ogni conflitto e ha sottolineato come “lo sforzo bellico sostiene la domanda aggregata e può stimolare l’innovazione, ma distorcendone gravemente le finalità. I benefici economici sono però transitori e non eliminano la necessità di riconvertire l’economia una volta concluso il conflitto”. Ed è sbagliato “attribuire alla spesa militare il merito del progresso tecnologico”.
“L’investimento militare può generare innovazione se impiegato nella ricerca” ha detto ricordando come il progetto Manhattan, sviluppato negli Stati Uniti durante la Seconda guerra mondiale, ha reso possibile lo sfruttamento dell’energia nucleare. Analogamente il programma Darpa (Defense Advanced Research Projects Agency), avviato negli anni Cinquanta, è legato alla nascita di internet.
In un mondo sempre più chiuso e lacerato e dove si riparla di protezionismo da parte della prossima amministrazione Trump, occorre salvare quindi il ‘buono’ della globalizzazione: la “libera circolazione di merci, capitali, persone e idee” ha fatto uscire milioni di persone dalla povertà estrema, ridotto i conflitti e le diseguaglianze fra gli Stati. Ma quelle interne sono rimaste, non sono cresciute le libertà politiche, una gran parte dell’Africa è ancora al palo. Per questo la globalizzazione “è oggi percepita da molti, a torto o a ragione, come un progetto elitario”.
Non è quindi una questione solo etica. Il contrasto e la riduzione delle diseguaglianze “è un prerequisito per lo sviluppo: se una parte significativa della popolazione è esclusa dalle opportunità economiche, l’intera economia ne risente”, sottolinea. “Ridurre i divari di reddito e di opportunità è fondamentale non solo per costruire una società più giusta ed equa, ma anche per garantire stabilità sociale”.