Mark Zuckerberg vuole salire sul carro dei vincitori Trump–Musk anche a costo di alimentare divisioni e disinformazione. A meno di due settimane dall’insediamento del secondo mandato del tycoon, l’amministratore delegato di Meta ha annunciato la chiusura del programma di fact-checking su Facebook e Instagram negli Usa. Al suo posto, verrà introdotto il sistema delle Community Notes, ispirato a quello di X (ex Twitter). Con toni epici, Zuckerberg ha dichiarato: “È tempo di tornare alle radici della libertà d’espressione.” Tradotto: più libertà per tutti, ma anche più disinformazione.
Dietro questa mossa, però, molti vedono una strategia per strizzare l’occhio al presidente eletto e al patron di Tesla, con cui Zuckerberg sembra condividere ora una visione più “libertaria” del web.
Zuckerberg dice addio fact-checking: libertà o disinformazione?
“La libertà d’espressione deve essere il pilastro del nostro progetto,” ha dichiarato Zuckerberg, promettendo di ridurre drasticamente le restrizioni su temi “sensibili” come immigrazione e identità di genere. Il nuovo approccio affida agli utenti il compito di aggiungere contesto ai post potenzialmente fuorvianti.
In teoria, un sistema democratico. In pratica? Un possibile far west digitale. Chi deciderà chi è “affidabile” per contribuire alle Community Notes? Il rischio di vedere complottisti e troll dominare il dibattito è dietro l’angolo.
Trump e Musk applaudono Zuckerberg
Non sorprende che il primo a gioire sia stato proprio Donald Trump, che ha definito la decisione “un grande passo avanti per la democrazia”, durante una conferenza stampa da brividi. L’ex presidente, bannato da Facebook per due anni dopo l’assalto a Capitol Hill del 2021, sembra finalmente avere un alleato in Zuckerberg.
Ma non è solo Trump a festeggiare. Anche Elon Musk, il guru di X, ha definito “fantastica” la svolta di Meta. D’altronde, Musk ha già dimostrato che lasciare il controllo agli utenti può generare un mix esplosivo di libertà e disinformazione.
La disinformazione fa guadagnare?
Secondo Zuckerberg, il programma di fact-checking era “inefficace” e “troppo soggettivo”. Ma dietro questa retorica potrebbe nascondersi un ragionamento più cinico: meno regole significano più polemiche, più traffico, e quindi più profitti.
Meta sembra pronta a tollerare un aumento di fake news purché questo garantisca maggiore coinvolgimento. Un compromesso che suona bene a chi invoca meno censure, ma che potrebbe avere conseguenze pesanti per la qualità dell’informazione online.
E in Europa?
Per ora, il programma di fact-checking rimane attivo in Europa, ma l’azienda ha dichiarato di voler valutare attentamente le normative europee prima di apportare ulteriori cambiamenti.
Secondo il Digital Services Act (Dsa), le piattaforme hanno l’obbligo legale di mitigare i rischi sistemici, inclusa la disinformazione. Qualsiasi modifica ai sistemi di moderazione deve essere valutata attraverso le valutazioni di rischio obbligatorie.
Zuckerberg dovrà dimostrare che il caos “controllato” non farà naufragare Facebook e Instagram.
Elkann osserva dal Cda
Tra le novità annunciate da Meta c’è anche l’ingresso di John Elkann nel consiglio di amministrazione. Un dettaglio che potrebbe rivelarsi importante: Elkann, con la sua esperienza alla guida di Stellantis e Ferrari, potrebbe avere le carte in regola per aiutare Meta a navigare tra politica e business.
Meta ha deciso di cavalcare il vento della libertà d’espressione, anche a discapito della qualità di informazione. Tutto pur di salire sul carro dei vincitori, ma soprattutto perché non può rischiare di essere tagliato fuori o che il miliardario brasiliano (ormai fuori controllo) si prenda tutto il potere. Zuckerberg, Musk e Trump sembrano pronti a riscrivere le regole del gioco. Ma il rischio è che a farne le spese siano gli utenti, intrappolati in un mondo digitale sempre più confuso e polarizzato.