Lo scorso 27 ottobre la Svimez ha presentato il Rapporto 2024 intitolato Competitività e coesione: il tempo delle politiche. Considerando che il primo Rapporto è stato prodotto nel 1974, va detto che bisogna innanzitutto riconoscere a questa Associazione la preziosa continuità che il suo lavoro ha garantito per così tanto tempo, riuscendo a mantenere viva l’attenzione per un problema storico che continua a caratterizzare lo sviluppo del Paese.
Il Rapporto, come al solito, consiste in una approfondita e dettagliata analisi sulla situazione economico sociale del Mezzogiorno, attraverso la quale si mettono in evidenza alcune importanti positività del percorso realizzato negli ultimi anni dall’economia meridionale rispetto a quella del resto del Paese.
Mezzogiorno: l’andamento recente del Pil
Nell’economia del Sud, infatti, si sono realizzati importanti processi di cambiamento, ma questi, sostiene il Rapporto, per essere resi strutturali e dare fondamento allo sviluppo di lungo periodo, debbono essere accompagnati da adeguate politiche di competitività e coesione. È possibile che ciò si realizzi? È questo l’interrogativo che è implicitamente dietro tutta la stesura del Rapporto e che riceve una prima risposta dall’andamento recente del Pil. Quest’ultimo nel Mezzogiorno nel corso del 2023 è aumentato dell’1,3% e solo dello 0,5% nel Centro-Nord (0,7% in Italia e 0,4% in UE27). Nel 2024 la distanza tra Sud e Centro-Nord si è ridotta di solo 0,2 punti (0,9 contro 0,7). Nel 2025 si prevede il ritorno alla prevalenza del tasso di crescita del Centro-Nord e all’arretramento di quello del Sud: 1% contro 0,7% (Italia 0,9%, Ue27 1,5%). I tagli alla finanziaria nazionale, il progressivo esaurimento dei finanziamenti comunitari, l’incertezza che caratterizza attualmente la prossima politica economica dell’UE, senza considerare l’effetto dei conflitti in corso e le tensioni commerciali globali non garantiscono affatto, quindi, il proseguimento delle tendenze positive che si sono evidenziate negli ultimi anni ai fini di una riduzione del dualismo Nord/Sud. Quest’ultimo, come si è visto dalle previsioni, sembra poter riprendere già ad iniziare dal prossimo anno. Si tratta di capire se e come si potrebbe impedirlo.
Le problematiche attuali del Sud
Durante la presentazione del Rapporto si è affrontata tutta la problematica meridionalistica attuale e si è svolta un’ampia discussione, con testimonianze rilevanti come, ad es., quella del Sindaco di Napoli e nuovo presidente dell’ANCI Gaetano Manfredi.
In sintesi, sul lato delle positività è emerso che nel Mezzogiorno nel corso dell’ultimo biennio sono decisamente migliorate le condizioni del settore delle costruzioni edilizie; il settore del turismo si è espanso; si è rafforzata la competitività della filiera dell’agroalimentare; in alcune aree si sono affermate importanti e moderne realtà riguardanti il digitale, l’energia, l’elettronica. E, ancora, il Rapporto afferma che ad oggi l’Automotive è Mezzogiorno, nel senso che la produzione di auto al Sud vale l’8% del valore aggiunto manifatturiero contro il 4% del Centro/Nord.
Si è messo in evidenza che l’occupazione dal 2019 al 2023 è aumentata del 3,5% nel Sud (con una forte crescita degli occupati nelle costruzioni: +11,1%), mentre nel Centro/Nord ci si è fermati all’1,5%.
A ciò si aggiunge che deve essere riconosciuto ai comuni di aver svolto una funzione importantissima e responsabile nella gestione dei fondi che hanno riguardato la realizzazione dei progetti a loro affidati. E da molti, tra cui in particolare Manfredi e Giannola, si è richiamata la possibilità (peraltro ancora lontana) che il Sud sia portato a svolgere la funzione di hub europeo nel mediterraneo.
Accanto agli aspetti positivi la presentazione del Rapporto e la discussione che ne è seguita si sono soffermate estesamente sull’evidenza dei ritardi e dei problemi sociali che caratterizzano la società meridionale attuale, e per i quali si prevede un peggioramento. Anche qui si può fare riferimento solo agli aspetti più significativi.
La crisi demografica
Sul piano demografico da qui a 25 anni nelle regioni meridionali si concentrerà l’82% della perdita di popolazione nazionale (3.6 milioni). Nel 2050, inoltre, peggiorerà l’indice di anzianità della popolazione meridionale: ci saranno 3 anziani oltre i 65 anni per ogni giovane sotto i 15 anni. Il Mezzogiorno perderebbe 813mila giovani sotto i 15 anni, 4,1 milioni in meno ci saranno nella popolazione tra 15 e 64 anni, 1,3 milioni in più le persone oltre i 65 anni. Già oggi il Mezzogiorno è divenuta l’area a maggior rischio di degiovanimento, con la popolazione di 5-14 anni che tra un solo decennio dovrebbe diminuire di 421.000 unità.
La ripresa occupazionale c’è stata ma ha reso ancora più vecchio e meno femminile il mercato del lavoro meridionale.
Sul piano delle strutture sanitarie basta dire che i posti per 100.000 abitanti nel Mezzogiorno vanno dai 98 della Sicilia ai 226 della Calabria, mentre nel resto del Paese vanno dai 439 della Valle d’Aosta ai 1.061 del Piemonte.
Sul piano degli studi universitari il Mezzogiorno è colpito da una consistente e crescente migrazione intellettuale. 2 studenti meridionali su 10 si iscrivono a una triennale del centro-nord, quasi 4 su 10 a una magistrale in ateneo settentrionale. Nel complesso è diminuito il numero dei laureati nelle università meridionali. In sostanza, parte significativa del capitale umano su cui dovrebbe contare lo sviluppo dell’area meridionale continua a trasferirsi al Nord o all’estero.
Essenziali nuove politiche economiche e sociali
Per concludere. Sembra di poter dire che il titolo di quest’ultimo rapporto: Competitività e coesione: il tempo delle politiche debba essere inteso, più che come riferimento a un processo in atto, come auspicio per progettare l’avvio di politiche economiche e sociali di impostazione europea che abbiano per obiettivo, da un lato, il raggiungimento della competitività economica del sistema produttivo del Sud e, dall’altro, la coesione sociale della popolazione meridionale. Anche se è lo stesso Rapporto a evidenziare sia le vere e proprie mutilazioni cui continuerà ad essere soggetta quest’ultima, sia il clima d’incertezza delle politiche e della disponibilità di risorse comuni da cui è minacciata l’UE.
In conclusione, va tenuto ben presente il significato e il tono aspro con cui presidente della Svimez Adriano Giannola ha chiuso il suo intervento finale: “Dire che il Mezzogiorno è un problema in via di soluzione è un pio desiderio”.