Condividi

Accadde Oggi – Cinque anni fa il primo caso di Covid in Cina: l’inizio di una pandemia che ha cambiato la nostra vita

Cinque anni fa a Wuhan il primo caso di una pandemia globale: quella del Covid-19. Dalla diffusione del virus in Cina al primo lockdown in Italia fino all’arrivo dei vaccini, il mondo ha dovuto adattarsi a una nuova realtà e rispondere con misure straordinarie per limitare i danni

Accadde Oggi – Cinque anni fa il primo caso di Covid in Cina: l’inizio di una pandemia che ha cambiato la nostra vita

Cinque anni fa, il 1° dicembre 2019, fu registrato il primo caso di una polmonite di origine sconosciuta a Wuhan, capoluogo della provincia cinese Hubei. Si tratta del primo caso noto di quello che presto avremmo chiamato Covid-19. A distanza di una settimana, furono registrati altri sette casi. A metà dicembre, la televisione statale cinese, comunicò al mondo la scoperta del focolaio virale a Wuhan. Questi eventi avrebbero dato il via a una crisi sanitaria globale, che ha cambiato radicalmente la nostra quotidianità, il nostro modo di lavorare e di vivere.

Covid: la diffusione del virus e il primo lockdown in Italia

A Capodanno del 2019 la Commissione Sanitaria di Wuhan informa l’Oms – Organizzazione Mondiale della Sanità – del cluster di casi di polmonite registrati nella zona di Hubei. La maggior parte dei casi si collega al mercato di Huanan, un mercato all’ingrosso di pesce e animali vivi. A gennaio 2020, il nuovo virus viene identificato come Sars-cov-2 e la città di Wuhan si chiude in lockdown. L’epidemia raggiunge l’Italia il 29 gennaio 2020, quando due turisti cinesi positivi al virus vengono ricoverati all’ospedale Spallanzani di Roma. Due giorni dopo l’Italia proclama lo stato di emergenza, sospendendo voli da e per la Cina, nonostante il virus stesse già circolando nel Nord del paese. 

Il 18 febbraio 2020 venne identificato quello che, erroneamente, fu definito “paziente zero”: Mattia, un 38enne di Codogno, in Lombardia. In breve tempo nascono focolai in Veneto e nella provincia di Bergamo. Il governo italiano risponde con il primo di molti Dpcm, che impone la quarantena a oltre 50 mila persone in 11 comuni del Nord. Il 9 marzo 2020, data impressa nella memoria collettiva, il premier Conte annuncia che l’Italia sarebbe entrata in lockdown totale. Chiudono tutte le attività non essenziali, le scuole passano alla didattica a distanza e gli spostamenti vengono limitati al minimo. Per la prima volta dal Dopoguerra, l’Italia si trova sotto coprifuoco. Due giorni dopo, con 100 mila casi nel mondo e oltre 100 paesi colpiti, l’Oms dichiara lo stato di pandemia.  

In quei giorni, i palazzi si coprono di striscioni con messaggi di speranza e unione contro le avversità. La realtà però fu ben diversa, seguono mesi di  lunghi dibattiti su lockdown e riaperture. Inoltre, il Covid invece di mettere tutti di fronte alle stesse sfide, ha aumentato le disuguaglianze: i più vulnerabili hanno pagato un prezzo più ampio. 

Covid, un nuovo modo di lavorare: lo smart working

La pandemia ha rivoluzionato il mondo del lavoro. Durante il primo lockdown le persone che lavorano da remoto crescono: si passa da mezzo milione a sei milioni e mezzo. Nel 2024 ancora 3 milioni e mezzo di italiani lavorano in smart working. Questa modalità è molto apprezzata, permette una maggiore flessibilità di orari, di risparmiare tempo e costi di trasporto e garantisce un miglior equilibrio tra vita privata e lavoro. Secondo l’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano il 73% dei lavoratori che se ne avvalgono si opporrebbe se la propria azienda eliminasse questa forma di flessibilità. Il 27% penserebbe seriamente di cambiare lavoro. Non mancano però le criticità, c’è chi pensa che lavorare da casa alimenti l’isolamento sociale e le disuguaglianze, perché non tutti dispongono degli stessi spazi o tecnologie. Oggi si discute molto sul come e in che misura applicare lo smart working, ma una cosa è certa: dopo la pandemia, è difficile pensare a un mondo del lavoro che non lo preveda in alcun modo. 

Covid: i vaccini e il fenomeno dei No Vax

Il 14 dicembre 2020 arriva il primo vaccino contro il Covid-19, sviluppato da Pfizer, seguito dal vaccino Moderna. La mattina del 27 dicembre inizia, simultaneamente in tutta Europa, la campagna vaccinale. La maggior parte della popolazione italiana si vaccina, ma una minoranza rumorosa, quella dei No Vax, polarizza il dibattito pubblico. I dati non lasciano spazio a dubbi. Nel 2021 il tasso di nuove infezioni tra i non vaccinati raggiungeva quasi 700 casi ogni 100.000 persone, contro i 174,6 casi tra i vaccinati. Eppure, a luglio 2021 il 5% degli italiani dichiarava di non essere per niente disponibile a vaccinarsi. 

La resistenza di alcuni a vaccinarsi ha sollevato questioni profonde, su quanto siamo disposti a cooperare per il bene comune, e sulla fiducia che gli italiani hanno nelle istituzioni. La pandemia ha dimostrato quanto sia fondamentale costruire e consolidare questa fiducia, affinché, soprattutto in situazioni di crisi, i cittadini siano in grado di distinguere e accettare informazioni affidabili. Senza credibilità, gli sforzi di scienziati e politici in future crisi rischiano di essere vani.

Commenta