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Sanità pubblica al collasso: troppi anziani, pochi servizi. Il paradosso che minaccia il futuro della salute in Italia

La sanità pubblica è in crisi, con una domanda crescente e risorse inadeguate. Il report di Intesa Sanpaolo, realizzato da Censis e Italiadecide, propone soluzioni per migliorare l’efficienza, ridurre i divari territoriali e potenziare la collaborazione tra pubblico e privato

Sanità pubblica al collasso: troppi anziani, pochi servizi. Il paradosso che minaccia il futuro della salute in Italia

Il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) italiano sta attraversando la crisi più grave dalla sua istituzione nel 1978, un momento critico che mette in evidenza il paradosso del “troppo” e del “troppo poco”. Da un lato, la domanda di salute è in crescita a causa dell’invecchiamento della popolazione, che nel 2050 vedrà il numero degli over 65 triplicare rispetto agli under 14, con un aumento significativo delle persone non autosufficienti o con patologie croniche. Dall’altro, l’offerta di servizi è in calo, gravata dalla carenza di personale sanitario, in particolare nelle specializzazioni mediche e infermieristiche, che non è stata adeguatamente affrontata. La ricerca “Il sistema della salute in Italia” promossa da Intesa Sanpaolo e realizzata da Censis e Italiadecide evidenzia anche l’utilizzo di soluzioni costose e di bassa qualità, come il ricorso alle cooperative per colmare i vuoti, e l’aumento dell’accesso al privato, fenomeni che accentuano ulteriormente la crisi.

A ciò si aggiungono i lunghissimi tempi di attesa per le prestazioni sanitarie, sintomo di disfunzioni strutturali nel sistema. Nel 2022, i nati vivi in Italia sono stati meno di 400mila, con un tasso di natalità inferiore ai 7 per mille abitanti, e nel 2050 si prevede che per ogni bambino ci saranno tre anziani. Questi cambiamenti demografici rendono urgente una risposta sistemica.

La crisi della sanità pubblica

Il Ssn ha mostrato segni di crisi da anni, principalmente a causa del sottofinanziamento. Nel 2018, in occasione del 40° anniversario del sistema, pubblicazioni come La salute sostenibile di Marco Geddes da Filicaia sottolineavano la sostenibilità economica del sistema sanitario, smentendo la narrazione secondo cui fosse troppo costoso. Al contrario, la spesa per la sanità è stata costantemente ridotta, mettendo a rischio la sua efficienza. 

Due fattori hanno accentuato la crisi: la pandemia, che ha aggravato le carenze strutturali del sistema, e la già prevedibile carenza di personale, in particolare medico. Nonostante ciò, fino al 2019, la sanità pubblica italiana era tra i migliori in Europa per aspettativa di vita e mortalità evitabile. La pandemia ha messo in evidenza le fragilità del sistema, riducendo l’aspettativa di vita e interrompendo molte prestazioni sanitarie essenziali.

In sintesi, sebbene il sistema sanitario italiano avesse buone performance pre-pandemia, le sfide strutturali, unite all’impatto del Covid-19, richiedono urgenti riforme e investimenti.

Sanità sottofinanziata in Italia: un problema cronico

Il Servizio Sanitario Nazionale italiano spende meno rispetto a molti Paesi europei, come Germania e Francia, sia in termini di Pil che di investimenti pubblici e privati. Nonostante ciò, non sono previsti significativi aumenti di risorse.

Le conseguenze? Carenza di personale, costi crescenti e difficoltà nell’attuare riforme come l’assistenza territoriale. Secondo il Crea Sanità, servirebbero 15 miliardi di euro l’anno per cinque anni per allinearsi agli standard europei, contro i soli 2 miliardi previsti.

La spending review sanitaria 

La spending review sanitaria, introdotta nel 2010, ha imposto un tetto di spesa per il personale sanitario, fissato ai livelli del 2004 e ridotto dell’1,4%. Nonostante qualche aggiustamento, i limiti sono rimasti invariati. Questa misura, parte di un piano più ampio per razionalizzare risorse e ridurre inefficienze, ha avuto effetti devastanti. Dal 2010 al 2019, il Ssn ha perso 37 miliardi di euro, con tagli significativi soprattutto tra il 2010 e il 2015. Le riduzioni hanno colpito anche ospedali, posti letto e personale, portando alla chiusura di 100 ospedali e a un aumento delle strutture private, contribuendo ai problemi attuali del sistema sanitario.

Carenza di personale

La carenza di personale sanitario in Italia è il risultato di una politica di risparmio iniziata nel 2010. Nel 2020, l’Italia aveva solo 34,3 medici ogni 1.000 anziani, contro i 38,5 della media europea, e 48,9 infermieri ogni 1.000 anziani, un numero ben inferiore rispetto agli altri Paesi. La scarsità di personale, in particolare infermieri e medici specializzati, è legata a un sistema formativo inefficiente e alla “fuga verso il privato” per migliori condizioni di lavoro. Il risultato è un Ssn fragile, con un ricorso costoso a medici temporanei per tamponare le carenze.

Il ruolo del privato nella sanità

Il privato accreditato gioca un ruolo significativo nella sanità pubblica, in particolare nei settori della cronicità e Long Term Care, con una spesa del 17,4% nel 2021. Si concentra soprattutto sulla chirurgia programmata, mentre il pubblico gestisce le emergenze e i casi più complessi. Tuttavia, l’espansione del privato solleva preoccupazioni sulla sostenibilità del sistema e sul rischio di attrarre professionisti dal settore pubblico, che potrebbe aggravare la già grave carenza nel Ssn, in particolare in ambiti come la chirurgia e l’anestesia.

La vera sfida è integrare pubblico e privato in modo equilibrato, valorizzando le potenzialità del privato senza compromettere l’universalismo della sanità pubblica. Questo richiede un intervento per migliorare le condizioni di lavoro e retribuzione nel settore pubblico, aumentando l’attrattività delle carriere sanitarie, e un modello di collaborazione con il privato che rispetti i principi di equità e qualità.

La sanità nel contesto sociale

Lo studio evidenzia anche alcuni fenomeni demografici cruciali per il futuro del sistema sanitario italiano. Tra questi, uno dei più rilevanti è il cosiddetto inverno demografico, che ha avuto inizio nel 2014, quando la popolazione italiana ha cominciato a diminuire. Nel gennaio 2022, i residenti erano circa 59 milioni, con una riduzione del 2,2% rispetto ai 60,3 milioni del 2014. Le previsioni indicano che, nei prossimi 20 anni, la percentuale di persone over 65 arriverà a rappresentare il 34-35% della popolazione, con un rapporto di 300 anziani per ogni 100 giovani.

Questa evoluzione demografica avrà ripercussioni dirette sulla non autosufficienza, con un aumento delle persone anziane che necessitano di assistenza. Oggi, circa 3 milioni di persone in Italia hanno limitazioni gravi che impediscono loro di svolgere attività quotidiane, una cifra che è destinata a crescere, in particolare tra gli over 74, che nel 2040 potrebbero rappresentare più della metà della popolazione con disabilità grave.

I divari territoriali e le disuguaglianze nell’accesso alla salute

Oltre alle sfide demografiche, un altro problema che sta emergendo con forza è quello dei divari territoriali nell’offerta di servizi sanitari. Queste disparità, accentuate dalla pandemia, sono legate anche alla povertà, che continua a crescere, soprattutto tra i più giovani e i più fragili. I divari territoriali e sociali nell’accesso alle cure creano condizioni di disuguaglianza che minano l’efficacia e l’efficienza del sistema sanitario nazionale, richiedendo interventi mirati e una maggiore collaborazione tra pubblico e privato.

Pubblico e privato nella sanità: cosa cambia con il Pnrr?

La pandemia ha mostrato i limiti della sanità pubblica, ora al centro di una “manutenzione straordinaria” grazie al Pnrr. Con una spesa sanitaria sotto la media Ue, un quarto dei medici ultra 65enni e pochi infermieri, il sistema deve evolvere.

Le principali novità del Pnrr includono:

  • Case e Ospedali di Comunità, per avvicinare le cure ai cittadini e ridurre ricoveri inutili;
  • Telemedicina, con servizi digitali come televisite e telemonitoraggio;
  • Collaborazione pubblico-privato, per innovare attraverso startup e nuove tecnologie.

Oggi il privato integra il Ssn con forniture, servizi accreditati e assicurazioni, mentre il Terzo Settore può colmare lacune organizzative ed economiche. La sfida? Costruire una sanità inclusiva, sostenibile e vicina ai cittadini, con pubblico e privato in sinergia.

Sanità in crisi: le soluzioni

La ricerca suggerisce di rendere più efficiente la spesa sanitaria, eliminando sprechi e migliorando la programmazione in base alle proiezioni demografiche, con un serio impegno per aumentare l’efficacia del sistema. Per quanto riguarda l’offerta, è cruciale rilanciare l’appeal delle professioni sanitarie e favorire l’integrazione tra sanità e assistenza, attirando anche lavoratori dall’estero, con un ruolo centrale per il Terzo settore. Inoltre, la digitalizzazione del Ssn e la gestione sicura dei dati sanitari sono punti chiave per una sanità più moderna ed efficiente.

“C’è bisogno non solo di ‘più’ (personale, stipendi, risorse), ma anche di ‘meno’ (rigidità, sprechi, duplicazioni)”, sottolinea Daniela Viglione, direttrice scientifica di italiadecide. Sulla digitalizzazione, poi, evidenzia l’importanza di “rafforzare l’attenzione alla sicurezza dei dati sanitari e della privacy, essenziali alla ricerca e alla gestione sanitaria”. Lo studio si concentra anche sui “divari territoriali, dall’emigrazione sanitaria al disequilibrio regionale domanda-offerta”, spiega Andrea Toma, responsabile dell’Area Economia, Lavoro e Territorio di Censis, che nel rapporto rileva la necessità di “agire su fenomeni di povertà, marginalità e indigenza” e di “sviluppare la collaborazione fra pubblico, privato e Terzo Settore”.

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