I fondi per le rinnovabili stanziati nella legge di bilancio e che le imprese utilizzano sono meno del 2%. In poche parole l’ambizioso Piano Transizione 5.0 rischia di fallire. Con i principali protagonisti delusi, se non addirittura rinunciatari. È noto ormai che nel cammino della transizione energetica l’Italia deve innestare una nuova marcia se vuole avvicinarsi ai traguardi di efficienza energetica, ma deve superare ancora molti ostacoli. Le piccole imprese che devono prendere i soldi della Transizione 5.0 sono ansiose di capire che posizione prenderà il governo durante l’iter parlamentare sulla manovra economica. Secondo l’ACEPER, l’Associazione che da una decina d’anni rappresenta produttori e consumatori di energia, la manovra non aiuta gli imprenditori. Il dito è puntato contro la burocrazia, dato che “soltanto l’1,6% dei fondi viene effettivamente utilizzato dalle imprese italiane. Faticano a investire sull’energia rinnovabile e a installare impianti fotovoltaici ”, ha spiegato Veronica Pitea, Presidente di ACEPER. C’è una sostanziale discrepanza tra fondi stanziati e fondi effettivamente utilizzati. I 12,7 miliardi di euro previsti fino a oggi sono stati richiesti solo da 413 aziende con una percentuale pari all’1,6% delle somme disponibili.
Le cause e le proposte
Perché accade ? Perché la strada per avere i soldi è complicata. Sul reale utilizzo pesa il macigno dei passaggi burocratici. Il governo non ha valutato le conseguenze di una simile impostazione ? Il ministro Gilberto Picchetto Fratin in occasione della Cop 29 di Baku, ha fatto nuove promesse sulla transizione energetica e sul coordinamento delle politiche di settore, ma le lungaggini lo tradiscono. Dovrebbe ascoltarli i produttori e i consumatori di energia che chiedono principalmente la semplificazione delle procedure. È lo strumento che permetterebbe loro di aumentare la competitività sul mercato europeo e liberarsi da sovrapprezzi. D’altra parte alle imprese che hanno in mano anche gli incentivi del Piano Industria 4.0. dovrebbe essere consentito di cumulare gli incentivi. L’operazione ora non è permessa, dicono le imprese, e il governo ha tutti gli strumenti per poter intervenire. In un momento in cui l’economia globale si muove a ritmo serrato, l’Italia dovrebbe rispondere con prontezza, flessibilità e innovazione. “Semplificare l’accesso ai fondi e renderli più inclusivi e adattabili alle esigenze reali delle imprese è una delle sfide più importanti per sostenere la crescita e la competitività del Paese”, ha aggiunto Veronica Pitea. Le indicazioni al governo a fare meglio non mancano di certo e se ci si apre all’ascolto di chi vuole aiutare il Paese a crescere bisogna darsi da fare. Purtroppo quello dell’eccesso di burocrazia è un vecchio refrain molto stonato e odiato dagli italiani.