OpenAI, l’azienda dietro al celebre chatbot ChatGPT, ha compiuto un ulteriore passo avanti nel campo dell’intelligenza artificiale con il lancio di ChatGPT Search. Questa nuova funzionalità, integrata direttamente nell’interfaccia di ChatGPT, permette agli utenti di effettuare ricerche sul web in modo più naturale e conversazionale. Il sito per raggiungere la funzione “ricerca” è quindi sempre lo stesso. La scelta se utilizzare ChatGPT in maniera classica oppure sfruttarlo per lanciare l’interpretazione semantica della query è riservata però solamente a chi si era iscritto alla lista d’attesa e comunque ad utenti registrati selezionati.
Come funziona ChatGPT Search
A differenza dei tradizionali motori di ricerca, che restituiscono una lista di link, ChatGPT Search fornisce risposte dirette alle domande dell’utente, sintetizzando le informazioni più rilevanti da una vasta gamma di fonti online. L’intelligenza artificiale di OpenAI è in grado di comprendere il contesto delle richieste e di offrire risultati personalizzati, adattandosi allo stile di scrittura e alle preferenze di ciascun utente. ChatGPT non è l’unico sistema che si discosta dal tipico funzionamento di un motore di ricerca. Nel 2009, Wolfram Alpha era già in grado di interpretare le parole chiave inserite dall’utente e proporre direttamente una risposta invece che offrire una lista di collegamenti ad altri siti web. Un motore computazionale di conoscenza, rimasto poi relegato al mondo della scienza e soprattutto della matematica, ma davvero rivoluzionario dal punto di vista dell’implementazione.
Quali sono le fonti utilizzate da ChatGPT Search?
OpenAI non ha divulgato nel dettaglio le fonti utilizzate da ChatGPT Search. Alcune partnership sono chiaramente “sospette”, tuttavia, è probabile che il modello si basi su un vasto corpus di dati provenienti dal web, inclusi articoli di notizie, pagine web, libri e documenti scientifici, prelevati da piattaforme proprietarie anche non direttamente in accordo con OpenAI. È importante notare che SearchGPT riguarda la ricerca ed è separato dall’addestramento dei modelli di base dell’intelligenza artificiale generativa di OpenAI. I siti possono essere visualizzati nei risultati di ricerca anche se scelgono di non partecipare all’addestramento dell’intelligenza artificiale generativa.
OpenAI ha inoltre pensato di avere un occhio di riguardo nei confronti degli editori online. Tutte le realtà editoriali online, dalle agenzie di stampa alle testate giornalistiche, dalle società editrici ai blogger, giocano un ruolo chiave per ChatGPT Search e, per questo motivo, OpenAI ha annunciato che esisterà quantomeno la possibilità, per gli editori, di gestire il modo in cui appaiono in SearchGPT.
Quando sarà disponibile ChatGPT Search?
La funzionalità di ricerca è un test. OpenAI raccoglierà tutti i dati dall’esperienza degli utenti selezionati e, nel giro di pochi mesi, sarà disponibile a tutti. L’idea è quella di spingere l’utenza alla registrazione (gli utenti contabilizzati finora sono appena 300.000), sia per motivi statistici, sia per una migliore esperienza durante la ricerca.
Che fine farà la S.E.O.?
C’è da chiedersi se OpenAI stringerà immediatamente accordi commerciali con gli editori oppure passerà, come già successo nel caso di Google, per una prima fase di “banditismo”. Di fatto, i risultati delle query, a seguito di una ricerca classica, si trovano sui rispettivi siti degli editori. E’ solo l’elenco delle fonti che si trova nel dominio del motore di ricerca. Con una ricerca semantica, i risultati rimarranno sulla piattaforma di OpenAI. Insomma, le fonti non godranno di alcun ritorno di click, se non nel caso di utenti incuriositi o desiderosi di approfondimento. Un posizionamento migliore di un sito rispetto ad un altro non avrà alcun vantaggio perché si tratterà di una presenza di facciata.
Al momento la S.E.O. è ben lontana dal suo funerale, ma il futuro di Internet, mai come questa volta, vede all’orizzonte una impensabile rivoluzione che…non è targata Google.