L’era dell’energia illimitata e a zero emissioni è più vicina: la joint venture tra Eni e Mit, Commonwealth Fusion Systems (Cfs), ha ottenuto il via libera per maneggiare materiali radioattivi e accendere il primo plasma nel 2026. Questo traguardo, sostenuto da due miliardi di dollari di finanziamenti, segna un momento chiave nel percorso verso Sparc, il prototipo di centrale a fusione destinato a rivoluzionare il mercato energetico.
Verso la fusione: sicurezza prima di tutto
La nuova licenza per Sparc, concessa dal Massachusetts, conferma che il team di Cfs risponde a tutti i requisiti di sicurezza. “Per fronteggiare il cambiamento climatico, l’energia da fusione è cruciale,” ha spiegato Corinne Mitchell, manager per la sicurezza radiologica. E il messaggio è chiaro: “non basta superare le sfide tecniche, dobbiamo anche garantire la sicurezza per lavoratori, pubblico e ambiente. Questa licenza del Massachusetts dimostra che possiamo farlo. Da qui la collaborazione continua con il Massachusetts Radiation Control Program per garantire la sicurezza dell’impianto Sparc e il rispetto delle normative in ogni fase del progetto.
Un calendario serrato per l’energia pulita
Sparc, con un budget di circa mezzo miliardo di dollari, è un progetto ambizioso ma solo l’inizio: la prossima tappa è Arc, il primo impianto commerciale vero e proprio, che potrebbe alimentare la rete già nei primi anni 2030. Nel frattempo, la Nrc (Nuclear Regulatory Commission) ha scelto una regolamentazione più agile per gli impianti di fusione come Arc, trattandoli come strutture di medicina nucleare e distinguendoli dagli impianti a fissione tradizionale.
Questa decisione riflette un approccio diverso: mentre la fissione rompe atomi pesanti come l’uranio, la fusione punta a un’energia più pulita con rischi molto inferiori. Cfs guarda ora anche all’Europa, sperando in un aggiornamento normativo per favorire la fusione su scala globale.