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Eurobond, valanga di richieste per scadenze a 3 e 15 anni. Novità Repo: un tentativo per renderli più liquidi

La mancanza di liquidità è sempre stato un tema che ha afflitto le emissioni del debito comune e i Repo potranno migliorare la situazione. Resta l’incertezza per il futuro degli eurobond: la Ue emetterà al 2026 fino a 750 miliardi. E dopo?

Eurobond, valanga di richieste per scadenze a 3 e 15 anni. Novità Repo: un tentativo per renderli più liquidi

L’Unione europea ha collocato ieri un nuovo bond per sostenere l’Ucraina e finanziare il Pnrr da 11 miliardi che ha visto richieste per ben 166 miliardi. Ma la vera novità è stato il lancio del meccanismo dei repo, che consertirà, almeno in parte, di risolvere il problema della liquidità che affligge lo strumento del debito comune, visto che né l’Ice né l’Msci hanno voluto inserire gli eurobond nei loro indici.

Eurobond a 3 e 15 anni richiesti per 166 miliardi e collocati per 11

La Commissione europea ha collocato Eurobond per 11 miliardi di euro nella sua nona operazione sindacata per il 2024. Per le due tranche di obbligazioni a 3 e 15 anni le richieste hanno raggiunto la super cifra di 166 miliardi. Nel dettaglio, l’operazione ha riguardato un’emissione con scadenza dicembre 2027 per 5 miliardi a un tasso lordo del 2,506% e una con scadenza ottobre 2039 per ulteriori 6 miliardi al 3,227%. Le due tranche sono state richieste rispettivamente per 81 e 85 miliardi, vale a dire 16 e 14 volte l’ammontare assegnato.

Ma la vera novità è il miglioramento della liquidità

Questa settimana alla presenza del commissario al Bilancio, Johannes Hahn, e del governatore della Bundesbank, Joachim Nagel, presso la Borsa di Francoforte si è teneuta la cerimonia della campana nella sala delle negoziazioni per lanciare i “repo” sugli Eurobond, realizzando un progetto nel cassetto dal dicembre del 2022.

Questo, che sembra un dettaglio tecnico, ha invece una valenza molto ampia. Infatti un handicap degli eurobond, la cui necessità è stata largamente sottolineata anche da Mario Draghi nel suo rapporto, è sempre stata la sua poca liquidità rispetto agli altri titoli sovrani, come i Bund, gli Oat, i Btp o i Bonos, anche se godono del rating tripla A. Oltretutto nelle scorse settimane l’Intercontinental Exchange Inc. (Ice) ha annunciato che non includerà gli Eurobond nel suo indice. Egualmente il giugno scorso aveva fatto il Morgan Stanley Capital International (Msci). Entrambi i provider finanziari considerano i bond dell’Unione Europea “emissioni sovranazionali” e quindi non dei “safe asset”. La liquidità è un fattore determinante per gli scambi, perché riduce il rischio per chi vende di ritrovarsi senza una domanda immediatamente disponibile e per chi compra di dover cercare a lungo un venditore. Quando la liquidità degli scambi è bassa, i rendimenti tendono ad essere più volatili e gli spread denaro-lettera relativamente elevati. La Banca centrale europea stessa da tempo sollecita le istituzioni comunitarie a dare vita a un “safe asset” nell’area, in quanto necessità avvertita dal mercato.

Il meccanismo dei pronti contro termine (Repo), va in questa direzione poiché fornisce liquidità ai “primary dealer” per il caso in cui dispongano di titoli insufficienti da offrire alla controparte che li richiede. “Questa operazione” fa notare Elena Moalli, strategist di Intesa Sanpaolo, migliorerà la liquidità del mercato”. Inoltre anche Bloomberg ha annunciato una consultazione sull’inclusione dei titoli Ue nei propri indici di titoli di Stato.

Obbiettivo al 2026: emettere 750 miliardi di eurobond

La UE emetterà fino al 2026 fino a 750 miliardi di euro di obbligazioni per finanziare il Next Generation EU, il piano di rilancio dell’economia continentale studiato in piena pandemia e per sostenere l’Ucraina. L’Italia è la principale beneficiaria con quasi 200 miliardi tra prestiti (120 miliardi) e sussidi (70 miliardi). Con questa ultima operazione la Commissione ha totalizzato emissioni per circa 44 miliardi, sui 65 miliardi che rappresentano il suo obiettivo di finanziamento per la seconda metà del 2024.

Complessivamente con l’ultimo collocamento, la Ue ha emesso 410 miliardi di euro in Eurobond nell’ambito dell’approccio di finanziamento unificato. Nel dettaglio, dei proventi raccolti, quasi 260 miliardi sono stati erogati agli Stati membri nell’ambito del Pnrr. Altri 64 miliardi sono stati assegnati ad altri programmi Ue che beneficiano dei finanziamenti di NextGenerationEu. Oltre 10 miliardi sono stati infine erogati finora quest’anno all’Ucraina nell’ambito del piano che finanzierà fino a 33 miliardi tra il 2024 e il 2027. Il debito totale Ue ammonta attualmente a circa 577 miliardi, di cui circa 20 miliardi di euro sotto forma di Eu Bills, titoli a breve termine analoghi ai nostri BoT.

Che cosa accadrà nel 2026 quando terminerà il programma?

Resta l’incertezza sul futuro: dopo il 2026 Bruxelles continuerà ad emettere titoli del debito comune? Questi dubbi fanno sì che i rendimenti spuntati risultino superiori a quelli di emittenti con rating tripla A come la Germania. In pratica, alla Commissione indebitarsi costa più del governo tedesco.

A monte persiste un tema squisitamente politico: non tutti gli stati comunitari concordano sulla necessità di emettere maggiore debito comune. Del resto la Ue continua ad essere sprovvista di entrate proprie, per cui i governi nazionali restano gli unici esposti indirettamente alle emissioni sovranazionali.
La Germania guida il fronte dei contrari, custode della propria supremazia sui mercati obbligazionari. Teme di dover condividere i debiti con paesi fiscalmente poco solidi e di finire per pagare di più per emettere il proprio debito.

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