Elon Musk è tornato a far parlare di sé con un’iniziativa moto discutibile che unisce strategia politica e provocazione: il miliardario offrirà 47 dollari a ogni elettore che firmerà una petizione a difesa del Primo e del Secondo emendamento della Costituzione. E chiunque convinca qualcun altro a farlo avrà diritto a un “bonus” della stessa cifra. Ma dietro questo gesto “patriottico” si cela una verità ben più cruda: far vincere Donald Trump alle elezioni presidenziali del 2024. Un “difensore della libertà” che, curiosamente, non perde mai occasione di tutelare prima di tutto i suoi interessi.
L’iniziativa di Musk è legale?
Negli Stati Uniti, le leggi federali stabiliscono chiaramente che non si può pagare direttamente gli elettori per registrarsi o votare. Eppure, il fondatore di Tesla ha trovato una scappatoia per eludere queste restrizioni. Attraverso il suo comitato di azione politica (America PAC), ha proposto 47 dollari non per votare, ma per firmare una petizione. Qui sta il trucco: la legge americana non vieta il pagamento per la raccolta firme, permettendo così a Musk di operare in un limbo legale, pur trasmettendo un messaggio politico chiaro a favore dei suoi interessi.
Chiunque firmerà la petizione, incentrata sulla difesa del Primo emendamento (che garantisce la libertà di espressione) e del Secondo (che sancisce il diritto di possedere armi), verrà ricompensato. Ovviamente, l’obiettivo va oltre la semplice raccolta di firme. Musk spera che i firmatari siano anche incentivati a votare per il tycoon, considerato da molti come il paladino di tali diritti. “Trump è l’unico che può difenderli davvero,” ha dichiarato Musk in una recente intervista.
Perché proprio 47 dollari?
La cifra di 47 dollari non è affatto casuale: se rieletto, Trump diventerebbe il 47° presidente degli Stati Uniti, un dettaglio che Musk ha sfruttato in modo astuto. L’iniziativa è rivolta a sette Stati decisivi per il risultato delle elezioni: Pennsylvania, Georgia, Nevada, Arizona, Michigan, Wisconsin e North Carolina. Sono gli stessi Stati che nel 2020 hanno decretato la vittoria di Joe Biden, spesso con margini minimi. Musk punta a raccogliere un milione di firme in questi territori, il che potrebbe avere un impatto notevole. Per l’uomo più ricco del mondo, 47 milioni di dollari sono una cifra irrisoria, ma è pur sempre un tentativo di alterare il risultato elettorale.
A gettare benzina sul fuoco le dichiarazioni della madre di Musk. Commentando l’iniziativa del figlio, Maye ha suggerito “ironicamente” che gli elettori possano aggirare il sistema elettorale americano: “Il giorno delle elezioni inventatevi 10 nomi falsi, andate in 10 seggi diversi e votate 10 volte. Sono 100 voti e non è illegale. Forse dovremmo anche sfruttare il sistema.”
Musk scommette su Trump per salvaguardare i propri interessi
Il magnate ha apertamente dichiarato che, per lui, sostenere Trump è un investimento. Infatti, l’amministrazione Biden ha introdotto regolamentazioni più severe per le grandi aziende tecnologiche, colpendo settori come quello delle auto elettriche e delle piattaforme digitali, in cui Musk è un leader con Tesla e X (ex Twitter). Al contrario, Trump ha promesso di smantellare il potere delle agenzie federali di regolamentazione, come l’Epa, favorendo così le imprese e i loro imprenditori.
Questa alleanza non è unidirezionale: dopo aver acquistato Twitter (ora X), Musk ha deciso di riabilitare Trump sulla piattaforma, permettendogli di tornare a pubblicare dopo il ban del 2021. Inoltre, Trump ha promesso di nominare Musk a capo di una “commissione per l’efficienza governativa”, un ruolo che conferirebbe al miliardario un’influenza senza precedenti nella gestione del governo federale. “Se Trump torna alla Casa Bianca, potrò fare davvero la differenza nel riorganizzare la macchina governativa. Se perde, sono fottuto,” ha confessato Musk. Non sorprende, quindi, che il miliardario sudafricano stia puntando tutto su Trump.
Il cinismo di Musk mette a rischio l’integrità del sistema elettorale
Per quanto bizzarra possa sembrare l’iniziativa di Musk, si tratta di una strategia politica ben orchestrata. Puntare sugli elettori degli Stati in bilico e su temi caldi come la libertà di parola e il diritto a possedere armi è una mossa mirata a galvanizzare una parte dell’elettorato. Nelle elezioni del 2020, bastarono poche migliaia di voti per decidere il vincitore in molti di questi Stati. Ora Musk vuole sfruttare ogni leva disponibile per far sì che quei voti si riversino su Trump.
E mentre Musk si spaccia per un paladino della libertà d’espressione, la sua manovra rivela un cinismo inquietante: non si tratta di valori, si tratta di potere. La sua alleanza con Trump non è altro che una strategia calcolata per mantenere la sua influenza sulla scena politica e proteggere i suoi interessi aziendali.
In un’epoca in cui la fiducia nel sistema elettorale è già fragile, la trovata di Musk non solo mette a rischio l’integrità del processo democratico, ma rappresenta anche un tentativo spudorato di manipolare le regole a proprio favore. Se questo è il futuro della politica americana, forse è il caso di preoccuparsi.