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Auto, aumento dei prezzi: da bene di consumo a lusso inaccessibile? Cosa c’è dietro i rincari

L’industria automobilistica è in crisi, con l’aumento dei prezzi che ha reso l’acquisto di un’auto un lusso. Nel 2023, la spesa media in Italia ha toccato quasi 29 mila euro, un aumento del 38% dal 2019. Le cause includono la scarsità di microchip, l’incremento dei costi delle materie prime, normative ambientali più severe e l’introduzione di tecnologie avanzate nei modelli. Ecco cosa sta accadendo nel settore mentre le immatricolazioni continuano a calare

Auto, aumento dei prezzi: da bene di consumo a lusso inaccessibile? Cosa c’è dietro i rincari

Le case automobilistiche sono in crisi, e una delle cause è l’aumento dei prezzi delle auto, che rallenta le vendite. Questo fenomeno non riguarda solo le auto elettriche, i cui costi di produzione sono già elevati, ma si estende a tutto il settore automotive. Negli ultimi quattro anni, il prezzo delle automobili è aumentato drasticamente, con un incremento che va ben oltre l’inflazione media. Nel 2023, gli italiani hanno speso 46 miliardi di euro per acquistare auto, con una crescita del 22,3% rispetto all’anno precedente. Mentre nel 2019 la spesa media per auto si aggirava intorno ai 21.000 euro, nel 2023 è salita a quasi 29.000 euro, con un aumento del 38%. Si tratta di un rialzo decisamente alto, soprattutto considerando che, nello stesso periodo, l’inflazione è cresciuta del 16,2%, secondo i dati forniti dall’Istat.

Le vendite di auto sono crollate durante la pandemia e non sono ancora tornate ai livelli pre-2020. E così per compensare il calo delle vendite, le case automobilistiche hanno adottato una strategia di aumento dei prezzi, puntando a guadagnare di più su ogni singolo veicolo venduto. Una scelta che ha portato a un ulteriore incremento dei listini, soprattutto per i modelli di fascia alta, che garantiscono margini più elevati.

L’auto: da priorità a lusso inaccessibile

Un tempo, l’acquisto di un’auto era considerato una delle priorità dopo la casa. Oggi, tuttavia, la situazione è cambiata radicalmente. Nonostante gli incentivi statali, come gli eco-bonus per le auto plug-in e per quelle con emissioni comprese tra 61-135 g/km di CO2, l’interesse per l’acquisto è diminuito. Le fasce di prezzo più basse, con modelli popolari come la Fiat Panda, la Dacia Duster o la Renault Captur, rappresentano la maggior parte delle immatricolazioni. Ma, anche in queste categorie economiche, l’aumento dei prezzi rende l’acquisto un peso, piuttosto che una necessità.

Secondo Michele Crisci, presidente dell’Unrae, “l’aumento esponenziale dei contenuti tecnologici” ha contribuito all’incremento dei prezzi delle auto. Oggi, i modelli sono molto più avanzati rispetto a 10 o 15 anni fa, ma il costo di queste innovazioni tecnologiche si riflette direttamente sul prezzo finale al consumatore.

L’evoluzione dei modelli e dei prezzi

Per comprendere meglio la portata dell’aumento, è utile fare dei confronti tra i modelli più venduti nel passato e oggi. Un esempio emblematico è la Fiat Panda: nel 2014, il modello base costava circa 10.710 euro. Nel 2023, lo stesso modello, con motore ibrido e leggero, ha raggiunto un prezzo di 15.900 euro, segnando un incremento del 48,5% in meno di dieci anni. Allo stesso modo, la Volkswagen Golf ha visto un aumento dei prezzi del 65% tra la settima e l’attuale ottava generazione. La Dacia Sandero, una delle auto più economiche, è passata da 7.450 euro nel 2014 a 13.250 euro nel 2023, quasi raddoppiando il suo prezzo.

E gli italiani, oggi, non si possono più permettere come un tempo l’acquisto di un’auto nuova. Un recente studio dell’Osservatorio Findomestic evidenzia che il 66% della popolazione non è in grado di spendere più di 20 mila euro per un’auto nuova, mentre il 14% ha un budget massimo di 10 mila euro. Il 56% degli intervistati ha dichiarato di dover posticipare l’acquisto, principalmente per motivi economici, e solo il 7% prevede di cambiare veicolo entro il 2024. Non sono solo i prezzi elevati a frenare i progetti di sostituzione, ma anche l’incertezza sulla motorizzazione più adatta alle attuali esigenze. Come sottolinea Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic: “A bloccare i progetti di sostituzione non sono unicamente i costi crescenti, ma anche il dubbio su quale motorizzazione sia la più adeguata al momento.”

I prezzi sono quindi aumentati, ma quali sono i fattori che hanno contribuito a questo rialzo?

La crisi dei microchip e la scarsità di componenti

Uno dei fattori principali che ha spinto verso l’alto i prezzi delle auto è la crisi globale dei microchip, scatenata dalla pandemia di Covid-19. Tra il 2020 e il 2023, la produzione di semiconduttori, necessari per la fabbricazione dei veicoli, è stata rallentata o addirittura bloccata. La carenza di microchip ha limitato la produzione di nuove auto, riducendo l’offerta disponibile e aumentando la domanda, portando così i prezzi alle stelle.

La produzione di semiconduttori è concentrata in Asia, in particolare in Paesi come Cina, Taiwan e Corea del Sud, e la mancanza di impianti produttivi altrettanto grandi in Europa ha esacerbato i problemi di fornitura. Questa dipendenza dalle importazioni rende il mercato dell’auto vulnerabile a crisi internazionali e fluttuazioni dei prezzi.

Il costo delle materie prime

L’aumento dei prezzi delle auto è anche dovuto all’incremento dei costi delle materie prime. Secondo J.P. Morgan, quasi la metà dell’aumento dei prezzi dei veicoli nuovi può essere attribuita all’aumento dei costi produttivi. L’acciaio, l’alluminio, il rame e le materie plastiche hanno raggiunto picchi di prezzo nel 2022, aggravando i costi di produzione. A questi si aggiungono l’inflazione, l’aumento dei costi energetici e la logistica, che hanno ulteriormente spinto al rialzo i prezzi finali.

Le normative ambientali sempre più stringenti

Poi ci sono le normative ambientali europee che stanno impattando notevolmente sui costi di produzione delle auto. Le regole per ridurre le emissioni di CO2 impongono ai produttori di investire ingenti risorse per sviluppare motori sempre più efficienti, tecnologie avanzate e sistemi di controllo delle emissioni. Ad esempio, lo stop previsto per il 2035 alla vendita di auto con motore termico sta spingendo i costruttori a investire miliardi di euro nella transizione verso l’auto elettrica, con la costruzione di costose gigafactory per la produzione di batterie.

Innovazioni tecnologiche e sicurezza: costi sempre più alti

Oltre all’aspetto ambientale, le auto moderne sono dotate di dispositivi tecnologici avanzati che hanno un costo importante. Anche i modelli base sono ora equipaggiati con display per l’infotainment e connessioni digitali, che un tempo erano riservati solo alle auto di fascia alta. Inoltre, la Commissione europea ha reso obbligatori una serie di sistemi di sicurezza (Adas), come la frenata automatica d’emergenza e il rilevamento della stanchezza del guidatore, che contribuiscono all’aumento dei costi. I criteri sempre più stringenti per ottenere le 5 stelle nei crash test Euro Ncap richiedono componenti di sicurezza avanzati, che influiscono ulteriormente sui prezzi finali.

La fine delle citycar

C’è poi da segnalare la quasi scomparsa del mercato delle auto piccole ed economiche. Le citycar, un tempo vendute a prezzi inferiori ai 9.000 euro, sono oggi quasi inesistenti. La pandemia, la crisi dei microchip e la guerra in Ucraina hanno avuto un impatto devastante sul mercato automobilistico, causando una drastica riduzione dell’offerta. Inoltre, l’aumento dei costi di produzione e l’inflazione hanno reso impossibile per le case automobilistiche mantenere prezzi accessibili per questi modelli

Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor, evidenzia la quasi scomparsa delle auto di piccole dimensioni, dovuta a una “strategia delle case automobilistiche europee”. L’aumento del prezzo medio delle vetture – spiega Quagliano – spinto dall’espansione delle auto elettriche, ha raggiunto circa il 25%, creando confusione tra i consumatori. Oggi, infatti, sono disponibili solo una decina di citycar, rispetto alle quasi 30 del 2012, mentre i SUV dominano il mercato e i modelli a batteria vengono “rifiutati” senza incentivi importanti.

E le immatricolazioni continuano a calare, anche Tesla rallenta

In tutta questa situazione, il mercato italiano dell’auto continua a rallentare. Dopo i pessimi risultati di agosto (sulla scia di un 2024 negativo) anche a settembre si registra un brusco calo delle immatricolazioni. A settembre 2024 le immatricolazioni di auto sono scese a 121.666 unità, evidenziando un calo del 10,7% rispetto alle 136.316 unità del settembre 2023. Nei primi nove mesi del 2024, la crescita cumulativa si attesta al 2,1%, con un totale di 1.202.122 nuove targhe.

Analizzando le tipologie di carrozzeria, si nota un declino nelle berline e nelle citycar, mentre le Suv continuano a guadagnare quote di mercato. In termini di alimentazioni, le vetture a benzina hanno visto una flessione del 3,9%, mantenendo il 25,4% del mercato, mente le diesel scendono al 12,7%. Crescono, invece, le auto Gpl (+9,3%) e le ibride che hanno raggiunto il 43,9% della quota, mostrando una crescita del 4,4%. Segno verde per le auto elettriche, che dopo il boom per gli incentivi a giugno, tornano a crescere con un incremento del 29%, portando la loro quota al 5,2%.

Stellantis continua a essere il leader di mercato con 29.489 immatricolazioni, nonostante un calo del 33,9%. Volkswagen si posiziona al primo posto con 9.742 auto vendute, seguita da Toyota con 9.704. Fiat subisce una forte contrazione, scendendo al terzo posto con 9.078 immatricolazioni, un calo del 43,74%. Cresce il gruppo Renault, mentre prendono quota le voci di fusione con Stellantis, che registrato una crescita del 16,25%, totalizzando 15.340 unità.

A livello globale anche Tesla subisce la crisi del settore. La casa di Elon Musk ha consegnato 462.890 veicoli nel terzo trimestre, ma i risultati sono inferiori alle aspettative (il dato delle consegne era di 463.310). La concorrenza crescente, in particolare da parte di aziende cinesi come BYD e Geely, mette pressione alla casa americana, che ha visto il suo titolo scendere nel pre-market di ieri oltre il 4,5%. Sebbene non siano state fornite indicazioni specifiche per le consegne del 2024, i dirigenti prevedono un tasso di crescita inferiore rispetto all’anno precedente, nonostante l’introduzione del nuovo Cybertruck.

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