La vittoria del partito austriaco filonazista della Libertà (FPO), guidato da Herbert Kickl, noto per le sue posizioni euroscettiche, anti-migranti e filorusse, ha rappresentato un altro brusco risveglio per l’Unione Europea alla vigilia del secondo mandato di Ursula von der Leyen.
Kickl aveva promesso ai suoi elettori che, in caso di vittoria, avrebbe governato il Paese come “Volkskanzler”, cancelliere del popolo, termine usato già da Adolf Hitler. Tuttavia, la costituzione austriaca e la necessità di trovare un accordo con il partito di centro-destra ÖVP renderebbero improbabile l’automatica nomina di Kickl a cancelliere, come già accadde 24 anni fa dopo la vittoria dell’ÖVP allora guidato da Jörg Haider. Se il partito filonazista riuscirà davvero a entrare nella stanza dei bottoni del governo austriaco, Vienna allungherà la lista di quegli Stati membri della UE che si dichiarano apertamente euroscettici e filorussi, a cominciare dall’Ungheria di Orban, per proseguire con la Slovacchia e forse la Repubblica Ceca, dove i sondaggi sulle elezioni del prossimo anno potrebbero essere confermati. Se a questi si aggiungono Paesi non apertamente filorussi, ma comunque conservatori, come Italia e Belgio, il quadro che si prospetta per il futuro dell’Unione non appare affatto rassicurante.
Il declino dell’impatto dei partiti filonazisti in Europa
Molto è cambiato rispetto al 2000, quando la vittoria di Haider fu perfino sanzionata a Bruxelles e si discusse se far uscire o meno l’Austria dall’Unione Europea. Lo shock di avere un partito filonazista in Europa ha perso negli anni molto del suo impatto, fino ad oggi, quando il partito di estrema destra tedesca, Alternativa per la Germania (AfD), ha vinto le ultime elezioni statali nella Germania orientale, dopo le affermazioni della francese Marine Le Pen e in presenza di un governo italiano guidato da Giorgia Meloni, ex militante del Movimento Sociale, erede diretto dell’ideologia fascista.
Immigrazione: divisioni politiche sempre più sfumate
Appare tuttavia sempre più probabile che le profonde divisioni tra destre estreme, da una parte, e grandi famiglie politiche europee come PPE e socialisti, dall’altra, non si giocheranno più in futuro sui temi migratori, dove le posizioni tendono sempre più a confondersi e quasi a omologarsi. Basterà guardare le recenti dichiarazioni dell’attuale viceministro francese per l’Europa, già capogruppo del partito di ispirazione gollista “Les Républicains”, Benjamin Haddad, che in un’intervista per “Politico” ha spiegato che “ovunque, in tutti i nostri Paesi, al di là della divisione tra destra e sinistra, c’è una forte richiesta da parte dei nostri cittadini di prendere il controllo della nostra immigrazione”.
Questo, secondo Haddad, “non significa chiudere i nostri confini, significa scegliere i nostri criteri per rimanere sul nostro territorio ed essere in grado di espellere coloro che non dovrebbero rimanervi”. La settimana scorsa anche Bruno Retailleau, ministro dell’Interno del governo di centro-destra francese guidato da Michel Barnier (ex negoziatore UE per la Brexit), ha sollecitato un’alleanza tra quei Paesi che “vogliono una risposta più dura sull’immigrazione per rivedere la legislazione europea, che non è più rilevante”.
Le preoccupazioni per la nomina di Brunner come commissario Ue
Anche Paesi non dichiaratamente di destra, come Danimarca e Svezia, hanno posto il problema di un controllo più stringente dell’immigrazione illegale. Ciò non toglie che la designazione da parte della von der Leyen a nuovo commissario UE per gli Affari interni e la Migrazione del ministro austriaco delle Finanze, Magnus Brunner, abbia suscitato più di qualche preoccupazione ai piani alti delle istituzioni europee. L’Austria, anche prima dell’ultima vittoria del partito di Kickl, era già nota per la sua posizione in materia di libertà di circolazione all’interno dell’UE. Il governo austriaco ha bloccato l’integrazione di Romania e Bulgaria nell’area Schengen ed è stato condannato per aver esteso illegalmente i controlli alle frontiere.
Brunner avrebbe sperato in un portafoglio economico e finanziario, in linea con le sue attuali competenze. Per di più dovrà condividere molti dossier con la croata Dubravka Suica, nuova commissaria per la sicurezza nel Mediterraneo, la quale, a sua volta (in base alla macchinosa logica dei portafogli intrecciati studiati ad hoc dalla von der Leyen), dovrà riferire anche all’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Kaja Kallas.
La Brexit e la necessità di un accordo migratorio con Londra
A preoccupare quasi tutti i ministri dell’Interno dei 27 c’è il fatto che almeno un terzo degli immigrati irregolari che arrivano sul territorio europeo si dirigono verso il Regno Unito. Nasce da qui la richiesta, ai primi di settembre, del ministro dell’Interno uscente, Gerald Darmanin, di “ristabilire una relazione migratoria classica con il nostro amico e vicino britannico”. Una richiesta che seguiva di poche ore il naufragio di un’imbarcazione nel Canale della Manica, che aveva provocato almeno 12 morti.
Darmanin ricordava che la Francia richiede da due anni “un trattato migratorio tra la Gran Bretagna e l’Unione Europea, che potrebbe imporre la creazione di vie d’immigrazione legali, ad esempio per i migranti che cercano di raggiungere la loro famiglia”.
Insieme alla ministra dell’Interno tedesca, Nancy Faeser, Darmanin ha inviato alcune settimane fa una lettera alla commissaria uscente per gli Affari interni e la Migrazione, Ylva Johansson, per sollecitare un trattato ad hoc con Londra sui migranti. Secondo Darmanin e Faeser, “la Brexit ha gravemente compromesso la coerenza delle politiche migratorie all’interno dell’UE”. Per questo “la Commissione dovrà presentare rapidamente un progetto di mandato di negoziazione in vista di un accordo con il Regno Unito sulle questioni di asilo e immigrazione”.
Il G7 Interni e la gestione dei flussi migratori
Negli stessi giorni (il 14 settembre) il nuovo premier britannico, Keir Starmer, volava a Roma per chiedere consigli alla premier Meloni sulla gestione dei flussi migratori e sul “modello Albania”, una sorta di outsourcing migratorio.
Sta di fatto che i dati recenti sugli arrivi di migranti sulle coste italiane segnano una significativa flessione di circa il 60% a settembre rispetto allo stesso mese del 2023.
Anche di questo parleranno i ministri dell’Interno del G7 a Mirabella Eclano (Avellino) nel G7 Interni presieduto dal ministro Matteo Piantedosi, che si aprirà il 3 ottobre. Oltre agli scenari internazionali, la diffusione delle droghe sintetiche e la cybersecurity, il piatto forte sarà appunto l’immigrazione venerdì 4 ottobre.
A questa sessione dovrebbero prendere parte anche i ministri di alcuni Paesi di origine e transito dei migranti. E, ai suoi colleghi, Piantedosi dovrà spiegare in quella sede come è riuscito a frenare in maniera così drastica gli sbarchi di migranti.