L’inflazione in Argentina è un fenomeno ormai proverbiale, un termine di paragone per indicare un costo della vita estremamente alto per la maggior parte della popolazione. Con il nuovo governo di Javier Milei, seppur tramite una terapia d’urto tutt’altro che indolore, il dato sta tornando sotto controllo, ma resta superiore a quello di qualsiasi altro Paese del mondo occidentale: ad agosto su base mensile ha rallentato al 4,2% su base mensile, ma è rimasta sul 95% su base annua, cioè prezzi praticamente raddoppiati rispetto ad un anno fa. Ma cosa significa, concretamente, tutto questo? Proprio ad agosto è uscito un’interessante analisi del Centro Estudios para la Recuperaciòn Argentina, che quantifica gli effetti dell’inflazione sulla vita quotidiana delle persone, confrontandola con quella degli altri Paesi sudamericani e dell’Europa.
Il costo della vita in Argentina
Lo studio ha rivelato che Il costo medio della vita per una persona in Argentina che vive in affitto è di quasi 5 salari minimi, mentre quello di una famiglia tipo (coppia con due figli) equivale a più di 14 salari minimi, per poter acquistare beni e servizi di base e pagare l’affitto di un trilocale in città. Nel vicino Brasile, i dati scendono rispettivamente a meno di 3 e meno di 9 salari minimi. L’Italia non viene presa a parametro perché da noi non esiste il salario minimo, ma ad esempio risulta che in Francia un salario minimo è sufficiente ad una singola persona per vivere in affitto, mentre per una famiglia di quattro persone ne bastano poco meno di 3, un quinto rispetto all’Argentina. O meglio, 11 salari minimi in meno per sbarcare il lunario. Questo perché, anche se l’inflazione si sta sgonfiando, per la maggior parte della popolazione argentina sta pesando la maxi svalutazione del peso, che si è deprezzato del 118% dallo scorso 10 dicembre, quando è entrato in carica il governo Milei.
Le spese per l’alimentazione
Il centro studi ha analizzato anche le varie voci di spesa, ad incominciare da quella fondamentale per la sopravvivenza: l’alimentazione. Ne è venuto fuori che rispetto all’area latinoamericana, in Argentina è necessario in media un reddito doppio per acquistare un paniere alimentare di 2.400 calorie al giorno, e in media un reddito di quasi cinque volte maggiore rispetto ai Paesi europei. Ma soprattutto, non è sufficiente nemmeno un salario minimo argentino, cioè 105.500 pesos a luglio 2024, per garantirsi quel paniere, che arriva a costare quasi il 110% di quella cifra, mentre ad un cittadino tedesco che guadagna meno di tutti gli altri costa solo il 18%. In Spagna e Francia si supera di poco il 20% del salario minimo, il Brasile rimane sotto il 70%.
Oltre che mangiare, nella vita di tutti i giorni ci si veste e ci si sposta. Il CERA ha usato come parametro un paio di scarpe Nike, che di certo non è un bene necessario ed è più caro perché importato, ma costa il 70% di un salario minimo, mentre in Germania il 4%. In Spagna invece un litro di carburante costa lo 0,04% del salario minimo, contro lo 0,55% in Argentina: più di dieci volte tanto.
Argentina: c’è crisi anche nel turismo
In tutto questo, a peggiorare la situazione ci si è messa la crisi del turismo. In un Paese che ha disperatamente bisogno di riserve in dollari per garantire i suoi creditori, e che le ottiene soprattutto attraverso l’export ma anche con il turismo, le politiche di Milei hanno reso sempre meno conveniente viaggiare in Argentina per chi paga in dollari o in euro. Soggiornare costa almeno un 20% in più, mentre di fare shopping a Buenos Aires e dintorni non se ne parla, è tutto molto più caro non solo rispetto all’Europa, ma anche agli Stati Uniti, anche perché l’Argentina produce poco e importa quasi tutti i beni che mette in commercio. Secondo i dati ufficiali del ministero, si è arrivati al paradosso che gli argentini che viaggiano all’estero hanno superato, come numero, i visitatori stranieri in Argentina: 5,2 milioni tra gennaio e luglio di quest’anno, contro 4 milioni.