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Auto elettrica in crisi, VW chiude stabilimenti in Germania e Bentivogli avverte: “I dazi alla Cina non bastano”

Lo storico leader delle tute blu Cisl avverte che la crisi dell’automotive, aggravata dal calo del mercato tedesco e dalle difficoltà di Stellantis, potrebbe favorire l’invasione delle auto cinesi. Senza una strategia chiara e investimenti in tecnologie e competenze, l’Italia rischia di perdere tutto il settore automotive

Auto elettrica in crisi, VW chiude stabilimenti in Germania e Bentivogli avverte: “I dazi alla Cina non bastano”

Marco Bentivogli, ex segretario generale della Fim-Cisl e attuale coordinatore di Base Italia, ha recentemente espresso forti preoccupazioni riguardo alla crisi che sta colpendo il settore dell’automotive, in particolare a causa della contrazione del mercato delle auto elettriche in Europa. Lo storico leader delle tute blu Cisl, intervenendo a Rai News 24, ha evidenziato come il calo dell’8% nel mercato tedesco, il più grande d’Europa, rappresenti un segnale allarmante per l’intera industria. L’intero comparto automobilistico europeo è in sofferenza, con una produzione in calo del 22% rispetto al 2019, il che evidenzia una crisi profonda che mina la competitività dell’intero settore.

Questa crisi è aggravata dalle recenti mosse di grandi case automobilistiche come Volkswagen, che sta valutando per la prima volta nella sua storia la chiusura di stabilimenti in Germania e la sospensione della “garanzia del lavoro” per circa 110mila dipendenti, secondo quanto riportano Handelsblatt e Bild. Il piano di austerità, annunciato dal ceo Oliver Blume, mira a ridurre i costi di 5 miliardi di euro e potrebbe causare notevoli sconvolgimenti tra i lavoratori. Tuttavia, il consiglio di sorveglianza della casa automobilistica tedesca potrebbe opporsi a queste misure, poiché lo stato della Bassa Sassonia, con una partecipazione del 20,2% e due membri nel consiglio, ha il diritto di veto su tutte le decisioni cruciali.

Stellantis in crisi e la minaccia delle auto cinesi a basso costo

Stellantis, uno dei giganti mondiali dell’automobile, sta affrontando difficoltà serie, sia in Europa, Italia inclusa, sia negli Stati Uniti. Bentivogli avverte che questa situazione sta aprendo le porte all’invasione di auto cinesi a basso costo, con conseguenze pesanti non solo per l’industria, ma anche per l’occupazione. Secondo lui, le politiche di transizione tecnologica finora adottate hanno mancato l’obiettivo, contribuendo a peggiorare la crisi del settore.

Con l’incontro del 17 settembre tra il ministro per il Made in Italy, Adolfo Urso, e Stellantis all’orizzonte, Bentivogli insiste sul fatto che il governo deve fare pressione sul gruppo italo-francese per mantenere gli impegni presi. Ha sottolineato l’importanza dei 400 milioni di euro stanziati dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) e ha criticato la decisione di sospendere l’installazione della produzione di batterie presso la gigafactory di Termoli. Il quadro, secondo Bentivogli, è piuttosto cupo. In Italia l’ecosistema dell’elettrico è ai blocchi di partenza, non produciamo batterie, che rappresentano il 40% del valore di un’auto, lasciando il paese dipendente dalle importazioni da Cina e Corea. “Non affrontare il problema – avverte – vuol dire perdere progressivamente tutto il settore dell’automotive”.

Bentivogli: “L’Italia perde posti e competenze, e i dazi da soli non bastano”

Bentivogli punta il dito contro l’assenza di una strategia integrata che sappia accompagnare la transizione ecologica con politiche industriali e occupazionali concrete. Ritiene che sia sbagliato giustificare la perdita di posti di lavoro con la necessità di “salvare il pianeta”, quando la vera colpa risiede in politiche inadeguate e nella mancanza di competenze specifiche. 

“In Italia – continua – abbiamo solo un gruppo (Stellantis) che sta anche incoraggiando i fornitori a migrare in altri paesi. Dalla sua nascita, abbiamo perso oltre 11mila posti di lavoro”, un risultato che Bentivogli considera fallimentare.

Inoltre, lo storico leader delle tute blu Cisl critica l’idea del governo di attrarre assemblatori cinesi in Italia, definendola un errore strategico. Questa mossa, secondo lui, non porterà competenze, lavoro qualificato o avanzamento tecnologico, ma si limiterà al semplice montaggio di componenti prodotti altrove. “La risposta parziale è quella dei dazi: negli Usa e in Canada possono arrivare fino al 100%, mentre noi scenderemo dal 38 al 36%, con una politica europea e italiana schizofrenica: che da un lato impone dazi sulle auto cinesi e dall’altro incentiva l’acquisto di queste vetture con la spesa pubblica”. I dazi, secondo lui, sono necessari, ma non risolutivi. “Serve una politica che sostenga le tecnologie e le competenze di cui ci siamo privati, per una politica europea che ha pensato di difendere l’industria solo con le norme. È il momento di una strategia lungimirante, che creda davvero nell’industria, investendo in tecnologie avanzate e nelle competenze.” Solo così l’Italia e l’Europa possono evitare di “diventare province industriali di un impero dominato da altri”.

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