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Stellantis e Benetton: aziende diverse ma stessi problemi. Nuove strategie in vista

Le due aziende si trovano entrambe alle prese con problemi di mercato che affronteranno con riorganizzazioni e reimpostazioni di nuove strategie

Stellantis e Benetton: aziende diverse ma stessi problemi. Nuove strategie in vista

Non sempre la pausa estiva porta distensione. Da una parte Stellantis, dall’altra Benetton, entrambe sono alle prese con nuove strategie e reimpostazioni che, elaborate durante la calura estiva, vedranno la luce nelle prossime settimane: Stellantis è preoccupata soprattutto per il mercato Usa, le tensioni con i sindacati e la produzione di auto elettriche, mentre l‘azienda di Ponzano Veneto, che dal 2013 che non ha un bilancio positivo, ha chiamato Cristina Girelli, la top manager esperta in missioni impossibili per cercare di risollevarsi, ma la ristrutturazione passerà inevitabilmente dalla chiusura di molti punti vendita, anche in Italia

Tavares ed Elkann: meeting estivo nel quartier generale di Stellantis

Grattacapi non da poco in casa Stellantis. Al centro delle preoccupazioni di Stellantis al momento c’è l’America e negli ultimi giorni il ceo Carlos Tavares è volato al suo quartier generale, raggiunto dal presidente John Elkann, per affrontare quello che è considerato il momento più complesso da quando, nel 2021, Fca si è fusa con Psa in Stellantis. Il gruppo vuole rivedere la sua strategia sul mercato americano, dopo che la semestrale ha certificato che in quell’area geografica, da sempre la più redditizia, Stellantis ha accumulato troppe scorte e non vende più come prima (-18% nel primo semestre): la conseguenza è stata il crollo dell’utile operativo (-40%) e del titolo in borsa (oltre -40% dai massimi di marzo).

Il colosso franco-italo-americano dell’auto è anche di nuovo nel mirino del sindacato americano, che la scorsa settimana ha minacciato il gruppo di indire un nuovo sciopero nazionale, dopo quello dello scorso anno. La protesta del 2023 si era conclusa con un nuovo accordo sul contratto collettivo di fronte a una serie di impegni di cui Stellantis prometteva di farsi carico. Ma che, secondo il sindacato, il gruppo non sta rispettando. Uno sciopero nazionale potrebbe paradossalmente convenire a Stellantis, poichè uno stop alla produzione potrebbe contribuire a ridurre lo stock di auto invendute, senza penalizzare le vendite. La minaccia di sciopero è legata soprattutto alla promessa dell’investimento, da 1,5 miliardi di dollari, per riaprire lo stabilimento di Belvidere, in Illinois, convertendolo alla produzione di modelli elettrici. Promessa che Stellantis, di fronte alla troppo blanda crescita del mercato dei veicoli a batteria, si sta rimangiando, ritardando l’investimento.

L’elettrico di Stellantis in Messico e in Italia

Resta però l’impegno di Stellantis per l’elettrico, in Messico e in Italia. Proprio in questi giorni la società ha avviato la produzione di veicoli elettrici nello stabilimento di Toluca, in Messico, dove ha investito 1,6 miliardi di dollari per fare la Jeep Wagoneer S elettrica sulla nuova piattaforma Stla Large, architettura versatile che supporta anche motori ibridi. Sull’elettrico Stellantis si è impegnata anche in Italia, unico Paese nel quale sono già state assegnate due delle nuove piattaforme Stla, su cui fare anche modelli a batteria: la Large a Cassino e la Medium a Melfi. Il gruppo però ha fatto retromarcia sul progetto di conversione dello stabilimento di Termoli, che dovrebbe diventare la prima gigafactory italiana. Per il progetto ballano 369 milioni di euro di investimento pubblico attraverso il Pnrr, fondi sui quali il ministro Adolfo Urso ha dato un ultimatum a Stellantis: senza risposte verranno spostati su altro. Il ministero di Urso sta per convocare ufficialmente la società a un tavolo per ottenere un sì o un no definitivi al progetto entro il 17 settembre.

Benetton: arriva Cristina Girelli, la top manager esperta in crisi aziendali

Acque inquiete anche in casa Benetton, dove, dopo soli sei mesi di lavoro a fine luglio, si è dimesso, secondo quanto risulta a MF, Iacopo Martini, il chief financial officer selezionato a febbraio da Edizione dopo che il precedente, Ugo Giorcelli, aveva lasciato il gruppo sul finire dello scorso esercizio di bilancio chiusosi con l’ennesima perdita (230 milioni di euro). E’ dal 2013 che Benettorn non chiude un bilancio in utile, continuando a drenare risorse dalla cassaforte.

Dal 2 settembre arriverà invece dall’ex-Ilva Cristina Girelli, individuata dall’ad di Benetton Claudio Sforza (anche lui ex Ilva) e da Enrico Laghi, amministratore delegato della controllante Edizione, per il suo profilo specializzato nelle crisi d’impresa. Formatasi alla scuola del commissario straordinario Enrico Bondi in Parmalat (dov’è stata capo delle investor relation dal 2004 al 2007), Girelli ha lavorato anche in Alitalia (sempre in amministrazione straordinaria, dove ha incrociato Laghi) e all’Ilva (nella parte finanza straordinaria). La nuova cfo lascerà il colosso dell’acciaio dopo dieci anni.

La rivoluzione dei punti vendita

Sforza sta creando la propria prima linea che dovrà affiancarlo nella difficile impresa di risollevare Benetton Group. A dicembre era stata arruolata Bain per studiare un nuovo piano di rilancio, la quale ha messo sul tavolo di Sforza una serie di proposte fra cui quella di una razionalizzazione in più fasi. Intanto, come direttore commerciale è stato chiamato Paolo Venturini, dirigente con esperienza prevalentemente nell’Ict (Wind, ItNet, Postel, Italiaonline), secondo MF. Venturini è in forza a Era Group, una delle più grandi società di consulenza al mondo specializzata nella gestione dei costi. È sul controllo delle spese tramite la rete di vendita (specialmente indiretta, attraverso i negozi in franchising) che si sta concentrando in questo momento l’azione del nuovo management di Ponzano.

A fine giugno, sono partite le lettere indirizzate anche ai grandi rivenditori storici titolari di più punti vendita (che in passato lavoravano a stretto contatto con il fondatore Luciano Benetton) per una composizione ordinata della chiusura dei negozi strutturalmente improduttivi, tagli che avranno ricadute occupazionali sul territorio. L’impatto sulla rete italiana sarà importante (specie al Sud, mentre all’estero le razionalizzazioni societarie sono in corso da anni), ma alle chiusure dovrebbero corrispondere – riporta MFanche riaperture in aree con maggiori potenzialità. Assieme al nuovo posizionamento del gruppo e a una reale strategia sull’e-commerce, Sforza presenterà il nuovo piano ai sindacati a fine settembre. Il 29 agosto aziende e sigle rinnoveranno invece quello sulle uscite volontarie.

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