Aiuto. Trema la terra attorno a Tokyo investita all’alba da un maremoto di una forza mai vista. Arretra, anzi sprofonda la Borsa giapponese, la terza del pianeta per dimensioni, un mercato che spesso fa storia a sé. Anche stavolta sembrava che, sotto la regìa del governatore Kazuo Ueda, la finanza nipponica avesse trovato la formula giusta per agganciare gli altri mercati senza traumi.
Ahimè, mai speranza fu più vana. Non solo le azioni nipponiche imboccano la via del ribasso ma, a differenza di altre volte, il calo, violento, ha anticipato un trend drammatico, all’apparenza inarrestabile che ha investito uno dopo l’altro i principali indici, soffrono in particolare i tech. Dal Nasdaq addirittura -5% in avvio seduta. all’ S&P 500 -4,3% in partenza.
Una sorpresa? Mica tanto: tra gli addetti ai lavori, ha scritto mesi fa lo strategist Alessandro Fugnoli, da tempo tiene banco la chiusura delle posizioni finanziate in yen. “Negli anni – ha scritto – gli operatori giapponesi, che a casa loro hanno visto rendimenti obbligazionari reali sempre più negativi, hanno preso a convertire (e coprire solo in parte) i loro yen in dollari (per comprare azioni americane, Treasuries e oro) e in euro (soprattutto per comprare titoli governativi francesi). La crescita della Borsa americana e gli ottimi rendimenti dei Treasuries e la stabilità li hanno indotti a mantenere nel tempo le loro posizioni. Negli ultimi tempi, l’idea è che l’America stia rallentando e che il tanto atteso ciclo di ribasso dei tassi stia davvero per cominciare, riducendo il differenziale di rendimento rispetto ai titoli giapponesi e rendendo via via meno conveniente rimanere sui Treasuries”.
Fugnoli, basta questa spiegazione? All’apparenza no. Può il Giappone scatenare una tempesta di queste dimensioni?
“Certo, se il fenomeno non resta circoscritto al Sol Levante ma gli eccessi si accentuano come è successo con il movimento dei titoli legati all’Intelligenza Artificiale. Un fenomeno paragonabile a quello dei tecnologici nel 1999. Questi movimenti sono poi accompagnati da un utilizzo crescente dei derivati”.
E adesso? Quanto tempo ci vorrà per assorbire gli eccessi?
“Difficile, quasi impossibile dirlo. Almeno per ora. Nessuno è in grado di prevedere il comportamento degli investitori giapponesi né quanto tempo occorrerà per la chiusura delle loro posizioni oggi sotto tiro. Quello che sappiamo è che la chiusura cominciata venerdì scorso e sta destabilizzando molti asset finanziari. Sappiamo anche che tra il Tesoro americano e quello giapponese c’è su questo tema uno stretto coordinamento”.
Il paracadute della Fed eviterà il peggio?
“L’indice Ism non manifatturiero, per il mese di luglio, è migliorato a 51,40 da 48,8, meglio dei 51 punti stimati, grazie all’aumento degli ordini e dell’occupazione… Quest’ultimo dato allontana i timori emersi nel weekend di una brusca recessione… In proposito, il presidente della Federal Reserve di Chicago, Austan Goolsbee, ha detto che i dati sull’occupazione negli Stati Uniti di venerdì scorso, pur essendo più deboli del previsto, non fanno pensare a una recessione, ma che i funzionari della Fed devono essere consapevoli dei cambiamenti del contesto economico per evitare di essere troppo restrittivi con i tassi di interesse.
“Non credo che Powell intenda agire con particolare energia, il presidente della Federal Reserve di Chicago, Austan Goolsbee, ha detto che i dati sull’occupazione negli Stati Uniti di venerdì scorso, pur essendo più deboli del previsto, non fanno pensare a una recessione. Anche perché la discesa dei tassi è già cominciata”.
Nessuno fermerà la valanga, insomma.
“Diciamo che non è saggio affidarsi ai mercati azionari in tempi così turbolenti segnati dalla chiusura delle posizioni giapponesi finanziate in yen, i discorsi sul rallentamento americano e i dubbi sulla redditività dell’AI. Il rallentamento Usa è però ancora da dimostrare e dai Magnifici Sette si può ruotare in molti altri settori interessanti. Una correzione estiva del 10 per cento è parte della fisiologia del mercato e può avvenire senza bisogno di cause scatenanti: il quadro, insomma, rimane positivo, ma c’è un grado minore di convinzione, ci sono dubbi e c’è confusione”.
“Gli operatori, del resto, possono far conto sull’eccellente situazione dei mercati dei bond, purché di buona qualità. È sempre più probabile il taglio dei tassi, 25 punti base a settembre. Difficile che si faccia di più. L’economia va bene, dice Alan Blinder sul Wall Street Journal, e il mercato del lavoro, anche se meno tirato rispetto a un anno fa, rimane solido. Insomma, non si vede perché avere fretta di tagliare quando mantenere le cose come stanno ancora per qualche settimana può consentire all’inflazione di completare la sua discesa”.
A meno che l’urlo del samurai non convinca la Fed a far di più. Difficile.