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Ex Ilva: il bando per la vendita è arrivato. Governo e sindacati giocano la nuova partita del rilancio

Il bando per la vendita si conclude a settembre ma il cammino deve includere tutti i principali punti non risolti. Governo e sindacati alla prova delle rispettive responsabilità.

Ex Ilva: il bando per la vendita è arrivato. Governo e sindacati giocano la nuova partita del rilancio

5 agosto e 31 settembre: queste due date potrebbero segnare la vera svolta nel destino dell’ex Ilva. Lunedi a Roma ci sarà un incontro dei sindacati con il Ministro Adolfo Urso per capire se il bando di gara per la vendita del Gruppo, appena pubblicato, va nella direzione giusta o no. Il 31 settembre si dovrebbe sapere chi sarà la nuova proprietà, con offerte che devono arrivare entro il 20 settembre. A gestire l’operazione è stato, intanto, nominato Francesco Zambon, presidente di Finpiemonte Partecipazioni. Sarà lui a presidiare le fasi delle offerte in questi due mesi cruciali.

Il bando di gara riguarda l’acquisizione dei beni e delle attività aziendali di Ilva e Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria (AS) e delle altre società del Gruppo: Ilva Servizi Marittimi SpA, Ilvaform SpA, Taranto Energia Srl, Socova Sas, Adi Energia Srl, Adi Servizi Marittimi Srl, Adi Tubiforma Srl , Adi Socova Sas. L’avviso di vendita porta la firma dei commissari straordinari e gira intorno alle storiche esigenze dell’impresa dell’acciaio. Lo sviluppo della produzione siderurgica, l’attuazione del piano di tutela ambientale, la decarbonizzazione dei processi produttivi, la tutela dei livelli occupazionali, restano i pilastri di una costruzione semicrollata sotto i colpi della competitività mondiale.

Lunedi incontro al Ministero

“La procedura di cessione mira a prevedere attività e forme di compensazione a favore delle comunità locali e a preservare la continuità dei complessi aziendali delle Società in AS, con l’obiettivo di riportarle rapidamente ai massimi livelli di attività” dice una nota del Ministero delle Imprese. Non si fa fatica a pensare a Taranto. A giudicare dalle prime valutazioni dei sindacati il bando ha preso una strada poco agevole. Hanno avuto fretta a dirlo? L’incontro di lunedì ci farà capire meglio. Però, se l’interesse del governo è di chiudere una vicenda simbolo della “distrazione” della politica rispetto al futuro dell’industria nazionale, della impreparazione alle sfide del cambiamento e della sostenibilità, i lavoratori hanno il diritto di immaginare qualsiasi destino. Non bisogna temere di chiamare le cose con nome e cognome, nella fattispecie l’acciaieria di Taranto come ferita di un paese privo di progettualità. Produrre acciaio rispettando la salute dei cittadini, applicando le norme, dialogando con territori e istituzioni richiede uno sforzo politico e manageriale che è diventato sempre più imponente. L’industria mondiale ha bisogno di acciaio e il modo di produrlo accresce o riduce il successo di un imprenditore. Vengano avanti quelli che voglio fare sul serio. È da pensare che chiunque diventerà proprietario dell’Ilva avrà messo nel conto non solo il rilancio della produzione (teorica) a Taranto fino ai 7-8 milioni di tonnellate, ma il vigore necessario per competere con una infinità di soggetti interessati a lavorare, alla tutela della salute e al risanamento ambientale.

Abbassare gli impatti ambientali

Nel bando, secondo il segretario della Uil Rocco Palombella vengono riproposti gli stessi criteri del 2016. Quattro anni fa fu Giuseppe Conte premier a firmare un atto di morte industriale del sito di Taranto lasciando campo libero ad ArcelorMittal. Un disastro politico nell’illusione di fantasiosi piani ambientali e di rigenerazione industriale. La situazione si è aggravata con altre inchieste giudiziarie, altre campagne, altre vittime per danni alla salute, sebbene oggi si faccia affidamento sul prestito ponte di 320 milioni di euro dell’Ue. Forse è arrivato il momento di non contrastare a oltranza ipotesi tecnologicamente valide. Riformare è una parola che si concilia con le trasformazioni industriali e a Taranto val bene misurarsi. “Per evitare che si ripetano gli errori del passato, dal Governo e dai Commissari straordinari ci aspettiamo la massima responsabilità nella scelta dell’investitore che comprerà l’ex Ilva” ha detto Palombella. Il sindacato per lo stabilimento pugliese pensa alla costruzione di forni elettrici e a un impianto di preridotto ma in un dialogo con i Commissari e il governo. Gli impatti ambientali si ridurrebbero e si possono rispolverare vecchi progetti. Ai commissari manager va riconosciuto l’impegno di aver avviato la procedura di vendita e lo sforzo di voler tutelare i livelli occupazionali. Lo Stato si farà garante del tempo e dei progetti indispensabili a capire se l’Italia deve restare o no nel mercato dell’acciaio? È come una chiamata d’appello. In fondo la vendita questo ci dice, per non ripetere la lista di errori e orrori del passato.

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