La Cina, appena chiuse le porte dell’Plenum di Partito, prova a prendere più seriamente in considerazione “la questione economica”, dopo averne riconosciute le difficoltà. La notte scorsa la Banca centrale cinese ha sorpreso i mercati conducendo, per la seconda volta questa settimana, un’operazione non programmata di limatura dei tassi sui prestiti: ha tagliato a sorpresa il tasso a 1 anno, chiamato prestito a medio termine (Mlf), di 20 punti base, al 2,3% dal 2,5% del 25 luglio, la prima riduzione di questo tipo da un anno a questa parte e il taglio più grande da aprile 2020, quando era in piena pandemia da Covid. Inoltre ha fornito 200 miliardi di yuan. Non solo, ma 3 giorni fa, il 22 luglio, la Banca centrale cinese ha sforbiciato di 10 punti base al prime rate Lpr a uno e a 5 anni.
Uno sforzo coordinato per far ripartire l’economia
“Si tratta fondamentalmente di uno sforzo coordinato tra tutti i principali tassi di interesse per alleggerire la politica monetaria”, ha dichiarato Lynn Song, capo economista della Greater China presso ING Bank. “Vale la pena sottolineare che questo ciclo di allentamento ha preso il via con il RR a sette giorni, il che potrebbe essere un segnale del suo ruolo futuro come tasso di politica principale”.
“Le autorità di governo e quelle monetarie stanno mettendo in campo sforzi fuori del normale per far ripartire un’economia domestica asfittica, che sta pagando la debole ripartenza post-pandemia e soprattutto gli effetti dello scontro con l’Occidente sul fronte geostrategico” dicono gli analisti di Websim
Nel secondo trimestre il Pil cinese è cresciuto del 4,7% su base annua: inferiore alle aspettative e a quello del primo trimestre (5,3%). Anche le vendite al dettaglio sono state deludenti, con un +2% su base annua a giugno, il ritmo più lento dal dicembre 2022. L’economia cinese riguarda anche l’economia europea visto che molte aziende stanno soffrendo proprio per il venire meno della presenza cinese. In questa ore questa situazione è stata segnalata nel settore del lusso, con i conti di Kering e di Lvmh in netto calo per via della sebolezza del mercato asiatico in generale, cinese in particolare.
Xi Jinping prova a prendre “saldamente” in considerazione l’economia
La settimana scorsa si è concluso il Terzo Plenum del Comitato centrale del Partito comunista cinese dopo quattro giorni di dibattito a porte chiuse. Solo in questi giorni sono state comunicate alcune linee da cui è emersa l’intenzione di un sostegno all’’economia pur in “in stile cinese”, oltre che la difesa della sicurezza nazionale. L’agenzia Xinhua, la voce ufficiale del Partito-Stato, ha diffuso il comunicato che riassume la linea dettata da Xi Jinping: l’avverbio più ricorrente è “saldamente“. Il conclave ha annunciato che “guiderà saldamente lo sviluppo dell’economia pubblica” e altrettanto farà per “incoraggiare” quella privata (sempre dirigendola con fermezza). Il Partito si impegna anche a migliorare la distribuzione del reddito e, sempre “saldamente” ad “approfondire le riforme“.
Per gli analisti di Bloomberg Economics “né le riforme del Plenum né le riduzioni di 10 punti base sono le mosse che il mercato desidera. Tuttavia, vanno nella giusta direzione e il fatto che siano arrivate insieme è un segno di urgenza”. “Sebbene i tagli dei tassi offrano una certa rassicurazione sul fatto che i responsabili politici stiano reagendo alla recente perdita di slancio dell’economia, il peso maggiore dovrà venire dalla politica fiscale, non da quella monetaria”, dichiara Julian Evans-Pritchard, responsabile dell’economia cinese presso Capital Economics. Nello storico Plenum presieduto da Deng nel 1978 la parola “mercato” non c’era, le “riforme” erano citate appena due volte.
Le difficoltà della Cina e gli obiettivi di Xi
Per cercare di dare una patina di innovazione, l’agenzia Xinhua ha pubblicato sul suo canale estero un profilo di Xi Jinping che lo accomuna a Deng Xiaoping come “vero riformatore“. Xi e Deng “si sono fatti carico della stessa missione: modernizzare la Cina“, ha detto l’agenzia di stato. Ma subito ha precisato che “le circostanze oggi sono molto diverse”, osservando che i tempi della crescita eccezionale sono passati e sottolineando che “la parte facile delle riforme è finita”.
Eppure, le difficoltà della seconda potenza economica del mondo sembrerebbero evidenti: il settore immobiliare è in crisi (i nuovi cantieri si sono ridotti del 23 per cento da inizio anno), i consumi sono deboli, le amministrazioni locali sono altamente indebitate, gli investimenti diretti dall’estero sono in netto calo rispetto al passato (-28% negli ultimi sei mesi).
Xi Jinping deve per forza mandare qualche segnale al mercato interno e a quello internazionale. Il comunicato promette così di “eliminare i rischi” nell’industria immobiliare e nel debito e di stimolare la domanda interna. Viene ripetuto lo slogan lanciato negli ultimi mesi da Xi sulla “sviluppo di alta qualità affidato a nuove forze produttive”, che tradotto significa investire nell’industria ad alta tecnologia, dall’intelligenza artificiale, alle auto elettriche. L’obiettivo proclamato è di costruire entro il 2035 un “sistema di economia di mercato socialista e di alta qualità”.
Ma la Cina sconta seri problemi di credibilità, anche interni. Per esempio resta l’incertezza di tutti quei risparmiatori rimasti con il cerino in mano a causa del fallimento di Evergrande. Quasi tre anni dopo il più drammatico crack della storia recente cinese, sono ancora migliaia gli obbligazionisti che aspettano i ristori. Nella sola provincia di Hunan, il governo locale alla fine dello scorso anno ha identificato 45 progetti di Evergrande rimasti incompiuti e abbandonati.