La Federal Reserve degli Stati Uniti sta valutando la modifica di alcune regole che potrebbe far risparmiare alle otto maggiori banche del Paese miliardi di dollari di capitale, come lungamente richiesto dal settore. Lo riporta Reuters, sentite quattro fonti a conoscenza della cosa. La questione centrale riguarda la modalità con cui la banca centrale calcola quell’ammontare di capitale aggiuntivo che impone alle banche statunitensi di importanza sistemica globale (GSIB), noto come “supplemento GSIB”, introdotto nel 2015 per aumentare la loro sicurezza e solidità.
La Fed sta ora valutando la possibilità di aggiornare i dati utilizzati nel calcolo, per adeguarli alla crescita economica e riflettere così in modo più accurato le dimensioni delle banche rispetto all’economia globale. L’aggiornamento di questi input o “coefficienti” ridurrebbe i punteggi sistemici delle banche e il conseguente supplemento di capitale. Lo studio della Fed è ancora in corso e per ora non sono state prese decisioni, hanno le fonti.
Le Gsib detengono 230 miliardi di dollari di capitale per la sovratassa
La disponibilità della banca centrale a rivedere la questione rappresenta un importante progresso nella pluriennale campagna delle GSIB, finora inascoltata, per cercare di ridurre la sovratassa. Il potenziale risparmio di capitale per le otto banche, che includono JPMorgan, Citigroup e Bank of America, dipenderebbe da una serie di fattori, tra cui i loro modelli di business.
Secondo dati della stessa Fed, nel primo trimestre del 2024 le GSIB statunitensi detenevano circa 230 miliardi di dollari di capitale per via della sovrattassa, di conseguneza anche un piccolo cambiamento potrebbe comportare un risparmio significativo per alcune banche. Per esempio, un supplemento dello 0,5% equivale a più di 8 miliardi di dollari ciascuno per JPMorgan e Bank of America, secondo un calcolo di Reuters. Si tratta di denaro che le banche dicono di poter riversare nell’economia attraverso i prestiti. I portavoce delle GSIB, che comprendono anche Wells Fargo , Goldman Sachs, Morgan Stanley, BNY e State Street, non hanno commentato.
Del resto giusto un paio di settimane fa le grandi banche americane hanno superato gli stress test annuali della Federal Reserve: i 31 istituti sotto esame, da colossi quali JP Morgan a leader delle carte di credito quali American Express e a gruppi regionali quali Truist, hanno dimostrato di essere in grado se necessario di affrontare scenari di seria recessione e crisi preservando adeguati livelli di capitale, migliori dei requisiti minimi richiesti e in grado di continuare a sostenere flussi di finanziamenti alle aziende e a consumatori.
I coefficienti sono stati definiti 10 anni fa e non più aggiornati
La sovrattassa era stata introdotta nel 2009 a seguito della crisi finanziaria globale inniscata dal fammimento di Lehman Brothers e serviva per aumentare la resilienza delle GSIB, vista la minaccia che rappresentano per la stabilità finanziaria. Nel 2015 la Fed aveva poi fissato i coefficienti, che si riferiscono alle dimensioni, all’interconnessione, alla complessità e all’attività transfrontaliera di una banca, utilizzando i dati del 2012-2013. La banca centrale disse che questo approccio avrebbe migliorato la prevedibilità dei punteggi e reso più facile la pianificazione per le banche, aggiungendo che il quadro sarebbe stato periodicamente rivisto. Ma le GSIB attendono da tempo tale revisione. Esse sostengono che poiché le banche tendono a crescere in linea con l’economia, l’utilizzo di una metodologia obsoleta le fa apparire più grandi rispetto all’economia globale di quanto non siano in realtà. “Le GSIB statunitensi detengono più di 59 miliardi di dollari di riserve di capitale GSIB attribuibili esclusivamente alla crescita economica generale”, ha scritto JPMorgan in una lettera pubblica mandata alla Fed lo scorso gennaio. La Fed dunque ora sta valutando la possibilità di aggiornare i coefficienti per tenere conto della crescita economica globale degli ultimi anni.
Il confronto con Basilea
I funzionari della Fed sono stati a lungo restii a rivedere i coefficienti, nel timore di essere visti come sostenitori di un gruppo ristretto di banche giganti, dicono le fonti. Ma l’anno scorso la banca centrale ha innescato un dibattito quando ha presentato, insieme ad altri due regolatori, la proposta “Basel Endgame“, che aumenterebbe il capitale delle GSIB e di altre grandi banche. I funzionari della Fed hanno sostenuto che il piano avrebbe misurato in modo più accurato il rischio di perdite bancarie.
Allo stesso tempo, la Fed ha proposto di poter autonomamente rendere il supplemento GSIB più sensibile ai rischi delle banche. Non ha discusso i coefficienti e ha previsto che i cambiamenti avranno un impatto minimo sull’entità dei supplementi di capitale delle banche, anche se alcune banche affermano che li aumenteranno. Ma le proposte hanno scatenato una massiccia attività di lobbying del settore, aprendo la porta alle GSIB per spingere nuovamente sui coefficienti. Le grandi banche sono le più colpite dalla proposta di Basilea e hanno sostenuto in modo aggressivo che le costringerà a limitare i prestiti. La Fed è comprensiva nei confronti di queste lamentele e sta lavorando per rivedere la proposta, ma qualsiasi concessione deve essere concordata con gli altri regolatori, che sono meno disponibili, ha riferito Reuters.
L’aggiornamento dei coefficienti di maggiorazione è un modo con cui la Fed potrebbe compensare in modo indipendente l’impatto degli aumenti di Basilea per le grandi banche. “La Federal Reserve potrebbe alleggerire l’onere sulle banche più grandi, proponendo contemporaneamente una riforma della sovrattassa GSIB” ha scritto Jaret Seiberg, analista di TD Cowen, in una nota in risposta a Reuters. Questo potrebbe escludere qualsiasi aumento di capitale per le banche più grandi, che potrebbe essere compreso tra il 3% e il 5%”.