Nell’Unione europea non si parla d’altro che del ballottaggio francese, ma alle porte ci sono altre elezioni che potrebbero cambiare se non il volto, quantomeno i giochi di forza del vecchio continente. Mentre nell’Ue dilaga l’estrema destra c’è infatti un Paese in Europa che si prepara a spostarsi a sinistra: è il Regno Unito, dove giovedì 4 luglio ci saranno le elezioni anticipate che potrebbero determinare la più grande sconfitta della storia per il partito conservatore ininterrottamente al potere dal 2010, o – dipende dalla parte verso cui si guarda – la più sonora vittoria di sempre del partito laburista dopo oltre un decennio di subalternità politica che ha costretto i progressisti oggi guidati da Keir Starmer a rifondarsi partendo dalla base. In mezzo, o meglio ancora più a destra, c’è il solito Nigel Farage, osservato speciale, che si prepara ad entrare per la prima volta nella sua lunga carriera politica a Westminster, infierendo sui Tory già agonizzanti.
Le elezioni anticipate nel Regno Unito
Giovedì 4 luglio, dalle ore 7 del mattino fino alle 22, nel Regno Unito si vota per eleggere i 650 nuovi membri della Camera dei Comuni, la Camera bassa del Parlamento britannico, di cui però è il ramo dominante. Le elezioni sono state convocate lo scorso 22 maggio dal Primo Ministro Rishi Sunak con sei 6 mesi di anticipo rispetto alla scadenza naturale della legislatura. Una mossa che molti giornali inglesi, anche quelli di stampo conservatore, hanno definito “suicida”, bollandola come una “follia”, dato l’enorme vantaggio di cui godono i laburisti nei sondaggi realizzati negli ultimi anni (ci ritorneremo a breve), con percentuali che in pochi avrebbero potuto prevedere dopo le elezioni del 2019 che diedero all’allora Premier Boris Johnson una maggioranza schiacciante a Westminster. In mezzo però ci sono stati i negoziati per la Brexit, una serie di scandali che avrebbero fatto impallidire qualunque elettore, il disastro politico di Liz Truss, rimasta a Downing Street per soli 45 giorni (giusto il tempo di causare il crollo della sterlina), e un nuovo Primo Ministro, Sunak appunto, che non ha mai saputo fare davvero breccia nel cuore elettorato conservatore, che lo considera troppo vicino a Goldman Sachs (lavorava lì) e troppo poco ai cittadini.
Elezioni Regno Unito, come si vota? Il “First Past the Post”
Più semplice di così non si può, ma nemmeno più “iniquo” sostengono i detrattori. Chi prende più voti vince, il leader del partito vincitore diventa Premier. Punto.
Il sistema elettorale britannico è un maggioritario puro denominato “First Past the Post”. Risale addirittura al Medioevo ed è stato aggiornato solo una volta, nel 1948, con il “Representation of the Law”. Si rifà alle tradizionali corse dei cavalli in Inghilterra in cui “vince il primo che supera il palo”. E funziona letteralmente così: il Regno viene suddiviso in collegi elettorali e in ogni collegio l’elettore riceve una sola scheda e può esprimere una sola preferenza. Il candidato che prende più voti vince e va a rappresentare il proprio territorio alla Camera dei Comuni. Le percentuali non contano: si può vincere con il 51 o con l’80 per cento, si può perdere con il 49 o con il 10%, in tema di rappresentanza non cambia nulla.
I sostenitori del “First Past The Post” sostengono sia l’unico sistema elettorale al mondo in grado di garantire una vera stabilità ai Governi, permettendo una diretta rappresentanza in Parlamento ad ogni territorio e facendo in modo che i deputati siano costretti a rispondere delle proprie azioni di fronte agli elettori. Inoltre, tra i vantaggi, ci sarebbe anche la tendenza a escludere i partiti estremisti o privi di radicamento locale, favorendo invece le forze moderate.
Chi invece non lo ama sostiene che si tratti di un sistema iniquo perché anche se un partito ottiene una percentuale elevata di voti a livello nazionale può comunque restare fuori dal parlamento se perde nei collegi. Un esempio su tutti? Proprio Nigel Farage che pur prendendo moltissimi voti e pur essendo uno dei politici più popolari del Regno non è mai riuscito ad entrare in Parlamento perché non ha mai vinto nel suo collegio.
Piccola curiosità: fino al 2021 per votare non serviva neanche un documento di riconoscimento (nel Regno Unito non esiste la carta d’identità). Bastava presentarsi al seggio e “auto-certificarsi”. La legge è stata cambiata tre anni fa dal Governo Johnson per evitare frodi elettorali, suscitando diverse polemiche perché molti ritengono che il nuovo “paletto” scoraggi la partecipazione al voto.
Elezioni Regno Unito: i candidati, occhi su Nigel Farage
Il leader del partito vincitore fa i bagagli e si trasferisce al n. 10 di Downing Street. Chi sono dunque i candidati alla poltrona? Il favorito è Keir Starmer, che potrebbe riportare al potere il Labour Party per la prima volta dai tempi di Gordon Brown. È stato lui a rifondare il partito, riportandolo a posizioni più moderate rispetto a quelle sostenute dal suo predecessore Jeremy Corbyn e facendolo risalire nei sondaggi. Ci ha messo cinque anni, ma – a meno di clamorose sorprese – ce l’ha fatta. Nella remota possibilità in cui vincessero i Tory, invece, a Downing Street resterebbe l’attuale Premier Rishi Sunak, nonostante la sua popolarità tra i sudditi di sua maestà non sia proprio ai massimi.
John Swinney è il candidato dello Scottish National Party, il terzo partito partito politico più grande del Regno Unito, dopo laburisti e conservatori. Per i liberaldemocratici in corsa c’è invece Ed Davey, ex membro della Camera dei comuni per i collegi di Kingston e Surbiton e leader del partito dal 2020. Tra i candidati alle urne ci sono anche anche il Green Party, che si presenta con il duo Carla Denyer e Adrian Ramsay, il partito gallese di Plaid Cymru guidato da Rhun ap Iorwerth, e il partito nazionalista e indipendentista scozzese di Alba, con il suo leader Alex Salmond.
Non doveva neanche candidarsi, ma ha cambiato idea a giugno. Il protagonista assoluto di questa tornata elettorale è Nigel Farage. Non più alla guida dell’Ukip, il partito che promosse la Brexit, ma di Reform Uk, nome diverso, idee sostanzialmente uguali condite da qualche dimostrazione di simpatia nei confronti di Putin. Dal suo risultato, secondo molti osservatori, dipenderà l’ampiezza del tonfo dei conservatori. Nel corso della sua lunga carriera politica, Farage si è presentato per ben sette volte alle elezioni per la Camera dei Comuni, ma non è mai stato eletto, riuscendo invece a conquistare un seggio all’interno di quel Parlamento europeo (perché il sistema elettorale è diverso) che diceva di odiare. Stavolta, secondo i sondaggi, potrebbe essere quella buona con il Reform Uk che potrebbe accaparrarsi due seggi, compreso quello del suo leader nel collegio di Clacton on sea, nell’Essex, costa Est dell’Inghilterra. Ma a contare in questo caso saranno anche le percentuali. Perché pur avendo poche possibilità di vittoria nella maggioranza dei territori, Farage potrebbe rubare ai tory moltissimi voti a destra, determinandone la sconfitta in ancora più seggi di quelli già previsti prima della sua discesa in campo (ed erano già molti). Non a caso, il settimanale conservatore Spectator l’ha definito “l’arma più grande” dei laburisti.
Elezioni Regno Unito: cosa dicono i sondaggi?
I sondaggi sono pressoché unanimi: il partito conservatore subirà la più grande sconfitta elettorale della sua storia. E parliamo di una storia lunga 200 anni. Tutte le rilevazioni lo danno in svantaggio di circa 20 punti percentuali rispetto ai laburisti. Secondo il mega sondaggio condotto dall’Economist, il Labour potrebbe conquistare 465 dei 652 seggi nel prossimo parlamento, contro i 76 dei conservatori. Sarebbe la maggioranza più ampia mai ottenuta dalla Seconda Guerra Mondiale. Lo stesso sondaggio indica il Reform Uk di Farage al 14% e lo definisce decisivo in molti collegi per condannare alla sconfitta il candidato conservatore. Altri sondaggi lo danno addirittura al 20%, ma i deputati del partito dovrebbero comunque essere solo due.