“L’autonomia differenziata darà all’Italia un vestito d’Arlecchino peggiorando il funzionamento della macchina pubblica, complicando la vita ai cittadini ed alle imprese, e portando ad un aumento dei costi complessivi del settore pubblico per le inevitabili duplicazioni tra centro e periferia”. Giampaolo Galli, economista e direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici della Cattolica di Milano, ha appena pubblicato una nota molto critica sulla legge appena approvata dalla Camera dei deputati dopo una stravagante seduta notturna.
Per Giampaolo Galli il nostro sistema sarà come un vestito di Arlecchino
Galli ritiene che ogni regione chiederà le materie che più le sembreranno attinenti alla propria vocazione ed alla propria politica (a parte il Veneto che ha chiesto tutte le 23 materie previste dalla Costituzione). In questo modo si getterà il paese nello scompiglio dato che ci saranno su varie materie leggi diverse tra regione e regione e tra Stati e regioni, mentre l’amministrazione centrale dovrà varare provvedimenti differenziati per le regioni che hanno podestà su una determinata materia e regioni che invece quella materia hanno lasciato allo Stato. Già la nostra legislazione non brilla per chiarezza. Figurarsi dopo l’attuazione di questo tipo di regionalismo che sistema incomprensibile si verrà a configurare. Non solo ma questo rischia di aumentare ancora il contenzioso tra centro e periferia intasando la Corte Costituzionale che già lavora molto per dirimere le controversie Stato-Regioni.
Insomma non è solo una questione tra Nord e Sud. Il primo pensa di trattenere una quota maggiore delle risorse che produce il proprio territorio, mentre il secondo teme che questi possa comportare tagli importanti ai trasferimenti di risorse statali alle regioni meno sviluppate del paese. C’è, forse soprattutto, una questione di funzionamento complessivo del sistema. Cosa vuol dire, ad esempio trasferire alle regioni il settore dell’energia, quello dei trasporti, le Tlc, l’ambiente e il commercio con l’estero? Per quel che riguarda le risorse si dice che questi trasferimenti di poteri dovranno avvenire senza costi aggiuntivi. Ma questa non rischia di essere una illusione?
Anche il Nord avrà una delusione se pensa di avere più soldi
“Inizialmente – afferma Giampaolo Galli – Calderoli aveva pensato di trasferire alle regioni che ne facevano richiesta, una quota rilevante delle entrate fiscali incassate in quella regione. Poi si deve essere accorto che in questo modo sarebbero rimaste allo Stato centrale risorse insufficienti perfino per i servizi essenziali, quali Difesa, Giustizia, Sicurezza, politica Estera. E nulla sarebbe avanzato per la perequazione sociale in favore delle aree più svantaggiate e per fare politiche economiche anticongiunturali, in caso di necessità. Peraltro pochi hanno notato che un sistema destinato ad aumentare la spesa pubblica aumenterebbe la pressione di Bruxelles e dei mercati per un riequilibrio che dovrebbe essere fatto con tagli alle spese o con nuove tasse. In entrambi i casi il sistema produrrebbe delle spinte recessive a causa proprio dello spostamento delle risorse necessario per finanziare le esigenze della burocrazia pubblica. “
Ma il trasferimento delle competenze alle regioni dovrebbe avvenire solo dopo aver fissato i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni) che devono essere uguali per tutti i cittadini italiani.
“Non so quanta fiducia si possa riporre in un simile esercizio. Peraltro si dice che prima si devono calcolare i Lep per le materie oggetto dei trasferimenti dal centro alla periferia e poi si passa ad esaminare i livelli per tutte le altre materie economiche e sociali. Ma se tutte le risorse verranno assegnate al primo gruppo cosa rimane per il secondo? Il bilancio del nostro Stato non può assorbire ulteriore deficit e nuovo debito. Anzi ora dovremo impegnarci in un serio programma settennale di rientro del debito. Nell’ultima versione del testo di legge, invece, è stato immaginato un sistema un po’ complesso per fissare le risorse da trasferire ed i fabbisogni. Fermo restando la necessità di completare l’esercizio del Lep, si creerà una commissione paritetica tra singola regione e governo per stabilire ogni anno se le risorse devolute dallo Stato sono maggiori o minori dei fabbisogni. Nel caso siano minori la pressione delle regioni sarà per avere un aumento della partecipazione al gettito fiscale, mentre nel caso di un surplus di risorse la commissione che deve deliberare all’unanimità difficilmente troverà un accordo per trasferire risorse allo Stato centrale. Insomma non può esserci molta fiducia sul funzionamento dei Lep e su questo sistema di perenne contrattazione tra centro e periferia. L’esperienza della sanità dove erano previsti i Lea (Livelli essenziali di assistenza) testimonia che alla fine conta la spesa storica e l’assegnazione pro capite del fondo sanitario nazionale. E comunque è chiaro che sul bilancio dello Stato non potranno essere scaricati nuovi oneri.“
Le attuali Regioni non sono nel cuore degli italiani
In definitiva, rispetto al funzionamento delle regioni attuali, in futuro ci saranno meno materie concorrenti, cioè lo Stato avrà meno possibilità di intervenire su quello che fanno le regioni, ci sarà un aumento dei costi e non è detto che l’efficienza possa migliorare considerando che in certe materie, come l’energia e i trasporti la dimensione regionale non ha senso, tanto che nemmeno quella nazionale basta più e si preme per avere politiche comunitarie integrate. Ma sulla base dell’esperienza degli ultimi decenni questa specie di federalismo regionale, ha funzionato oppure no?
“Non si può dare un giudizio negativo generalizzato – dice Galli – ma nel complesso non penso che le Regioni siano nel cuore degli italiani. Molti cittadini sono legati al Comune e magari alla provincia. Sanno cosa fanno gli amministratori, mentre della regione sanno poco. Non ci sono criteri trasparenti sulla allocazione delle risorse. L’informazione segue poco le vicende regionali a parte gli scandali giudiziari. Comunque ora, referendum a parte, si apre una fase negoziale tra governo e singola regione. Il presidente del Consiglio può escludere dalla trattativa materie che ritiene di interesse nazionale. Vedremo cosa succederà ma è sicuro che ci troviamo di fronte ad una legge davvero fatta male che ha risentito di tendenze ideologiche contrapposte e che bisognerebbe affrontare con molto realismo e senso di responsabilità. La battaglia al grido “legge spacca Italia “, dopo che l’articolo 116 della Costituzione e stato voluto dalla sinistra, crea analogo arroccamento nella squadra avversaria ed alla fine verrà fuori sempre il peggiore dei mondi possibile.“
Io mi chiedo come si possa dare credito a questi signori visto il loro passato? Che oltre che essere fatto di iniziative a dir poco ridicole hanno fatto perdere a questo paese 30 anni di crescita e creato uno stallo per stare dietro iniziative inutili oltre che becere. Dare credito a questi signori è la cartina di tornasole del livello culturale oltre che di onestà intellettuale in cui è precipitato questo Paese. La mobilitazione per un referendum abrogativo non dovrebbe essere iniziativa di una partito per due motivi: primo perché ha responsabilità diretta con la modifica del Titolo V . Secondo perché si innesca un “ambiguo gioco delle parti” che riguarderebbe solo questa patetica classe politica di ambedue i schieramenti. L’iniziativa del Referendum dovrebbe essere una iniziativa della società civile ( cittadini, intellettuali, imprenditori, associazioni di categoria etc. etc.) dal Nord al Sud del Paese. Questo consentirebbe di riacquisire una credibilità perduta nei confronti dell’ Europa e del mondo e stanerebbe i tanti direi troppi soggetti che ” che lanciano il sasso e nascondono la mano”
Mi auguro che avvenga!!