A poche settimane dal voto per il nuovo Parlamento europeo dobbiamo convincerci: ci sono due Italie per due diverse concezioni dell’Europa. C’è l’Italia europeista, anti-sovranista e anti-populista del Presidente Sergio Mattarella, dell’ex premier ed ex Presidente della Bce, Mario Draghi, dell’ex premier Enrico Letta e del nuovo Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta. Poi c’è l’Italia che non crede nell’Europa o ci crede a giorni alterni: è quella della premier Giorgia Meloni, del leader della Lega, Matteo Salvini, della segretaria del Pd, Elly Schlein e dell’ex premier e leader dei Cinque Stelle, Giuseppe Conte.
L’allucinante astensionismo generale dell’Italia sul nuovo Patto di stabilità è diventato lo spartiacque delle due Italie, tra l’Italia che ci rende orgogliosi nel mondo e l’Italietta della politica piccola piccola.
La prima Italia ha capito da tempo che le sfide dei nostri tempi – dalla transizione energetica a quella digitale e alla crisi demografica – sono troppo grandi perché si possano risolvere sul piano nazionale e chiedono più Europa, ma un’Europa profondamente diversa da quella di oggi, radicalmente riformata e finalmente più unita. La seconda Italia è, al contrario, quella della politica piccola piccola che non sa andare oltre i propri miopi interessi elettorali e non è mai stata in grado di esprimere una visione capace di attrezzare il Paese per affrontare le sfide dei tempi nuovi. Finora all’Italietta che si fonda sulle “convergenze parallele degli opposti populisti” della destra e dell’estrema sinistra sapevamo che appartenevano la Meloni, Salvini e Conte ma la surreale astensione del Pd sul nuovo Patto stabilità e, in precedenza, le oscillazione, sulle armi all’Ucraina, obbliga a prendere atto che all’Italietta s’è iscritta anche Elly Schlein. E’ incredibile che per raccattare un voto in più la segretaria del Pd sia pronta a seppellire l’anima riformista ed europeista di un partito che una volta era un baluardo della democrazia e che ora è il regno della confusione e della nefasta sudditanza ai Cinque Stelle.
Mattarella, Draghi, Letta e Panetta sono l’espressione dell’Italia che ci rende orgogliosi nel mondo
Tutt’altra musica con Mattarella, Draghi, Letta, Panetta, espressioni di quell’Italia che ci onora e che si fa onorare in tutto il mondo. “L’Europa -ha detto solo qualche giorno fa il Capo dello Stato-non è soltanto uno spazio geografico e non è solo un ambito di auspicabile collaborazione fra gli Stati. E’ di più, è cultura comune, valori, campi di consonanza ideale, di principi di libertà, di diritto, di rispetto di ogni singola persona, ed è promessa di pace. Ma servono riforme profonde”. E’ quello che con grande passione sosterrà nel suo Rapporto sulla competitività anche l’ex Premier ed ex Presidente della Bce, Mario Draghi, secondo cui il mondo sta cambiando rapidamente ed è ora che l’Europa si metta al passo con profonde riforme, meglio se approvate da tutti i 27 Paesi che ne fanno parte ma anche soltanto “con chi ci sta”, in caso di insuperabili dissensi. Abbiamo bisogno di “un cambiamento radicale” e di realizzare “la trasformazione dell’intera economia europea”. Sulla stessa linea si colloca il Rapporto sul mercato unico dell’ex premier Enrico Letta: mentre il partito di cui è stato segretario fino a poco tempo fa non sa rinunciare a miopi tatticismi elettoralistici e si astiene sul nuovo Patto di stabilità, perdendo l’occasione di rappresentare la vera alternativa europeista e ante-sovranista alla Meloni e ai Cinque Stelle, lui, Letta, chiama l’Europa a unire le forze almeno sull’energia e sulla difesa comune e, come Draghi, raccoglie il caloroso apprezzamento del Presidente Mattarella e del Presidente francese Emmanuel Macron.
La sorpresa anti-sovranista di Panetta. 800 miliardi l’anno per finanziare le transizioni
La sorpresa degli ultimi giorni è la splendida lectio magistralis del nuovo Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, in occasione della sua laurea honoris causa all’Università Roma Tre. E pensare che la Meloni lo voleva ministro dell’Economia…. Quello di Panetta è stato un inno al rafforzamento della Ue (“è un obbligo”), che necessita di almeno 800 miliardi l’anno per finanziare le transizioni e che richiede anche una gestione più lungimirante dei flussi migratori, condito – come commenta “Il Foglio” – da “tante sculacciate agli anti-europeisti”. Quanto mai pertinente la sua conclusione con la citazione di Luigi Einaudi: “Il problema non è tra l’indipendenza e l’unione, è tra l’esistere uniti o lo scomparire”. Esattamente quello che ha detto Macron nel suo discorso del 25 aprile alla Sorbona: “Europa svegliati perché rischi di morire”.
Meloni e la destra in Europa
Di fronte a manifestazioni così lucide e così lungimiranti sull’Europa che verrà (o almeno così si spera), vedremo cosa dirà oggi a Pescara la premier Giorgia Meloni nell’apertura della campagna elettorale per le elezioni europee di giugno. Ma l’idea che voglia andare il 19 maggio alla manifestazione degli estremisti spagnoli di Vox non è un buon viatico e speriamo che ci ripensi. E che dire di Salvini che si presenta all’Europa, che ha sempre detestato, candidando il Generale Vannacci? Ma anche l’atteggiamento da coniglio sull’Europa (Patto di stabilità e Mes) del ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, è a dir poco sconcertante.
Insomma, due Italie per due diverse concezioni dell’Europa: la prima non ha mai dimenticato il sogno federalista di Altiero Spinelli, la seconda, nelle sue espressioni più grevi come quella di Salvini, sogna la stessa Europa di Putin e annovera tra i suoi sostenitori anche Giuseppe Conte (“Armi all’Ucraina? No grazie”).