Il Medio Oriente è sul filo del rasoio dopo il massiccio attacco con centinaia di missili e droni sferrato dall’Iran contro Israele nella notte tra sabato 13 e domenica 14 aprile. Questo ha innescato una serie di reazioni a livello internazionale, con la premier italiana Meloni che ha convocato una riunione di emergenza del G7 su spinta del presidente degli Stati Uniti Biden. Ora, l’attenzione è rivolta al Gabinetto di Guerra israeliano, il quale sta decidendo la risposta all’attacco iraniano mentre la comunità internazionale esorta alla moderazione per evitare un’ulteriore escalation nella regione del Medio Oriente
Attacco Iran-Israele: cosa è successo?
L’attacco dell’Iran è stato una risposta diretta all’attacco israeliano del 1° aprile al consolato iraniano a Damasco, che ha portato alla morte del generale delle Guardie rivoluzionarie iraniane Mohammad Reza Zahedi. Questo ha rappresentato un punto di svolta nel conflitto tra Israele e l’Iran, che fino ad allora aveva principalmente coinvolto incursioni israeliane in Libano e Siria, evitando diretti confronti con l’Iran, spesso a causa dell’opposizione degli Stati Uniti. Sin dal giorno dell’attentato di Damasco, l’Iran aveva minacciato vendetta con “ogni mezzo possibile”. Così, nel weekend successivo, Teheran ha scagliato un’offensiva massiccia utilizzando un numero impressionante di droni e missili. Fortunatamente, il 99% degli oltre 170 droni, 30 missili da crociera e 120 missili balistici lanciati è stato intercettato dalle difese israeliane e alleate degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Solo alcuni sono riusciti a colpire la base aerea di Nevatim.
L’Iran ha optato per una risposta misurata nei confronti di Israele, ampiamente annunciata, utilizzando droni e missili cruise dal proprio territorio e dando a Israele il tempo di reagire. Tuttavia, alcuni osservatori suggeriscono che l’Iran avrebbe potuto adottare un approccio più aggressivo, magari colpendo di sorpresa dalla Siria. Questa scelta potrebbe riflettere la volontà dell’Iran di evitare un’escalation eccessiva, mantenendo al contempo la sua posizione di potenza regionale. Il delicato equilibrio tra azione militare e rischio di una guerra totale è influenzato anche dal malcontento interno in Iran, con la popolazione che protesta contro le politiche repressive e un’economia soffocata dalle sanzioni. D’altra parte, Netanyahu affronta notevoli problemi interni che mettono a repentaglio il suo potere. Entrambe le nazioni, Israele e Iran, tengono in grande considerazione il fronte interno, cercando di soddisfare le esigenze e le richieste della propria popolazione e dei gruppi di potere.
Il botta e risposta
Continua il botta e risposta tra i due Paesi. Il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian ha avvertito che in caso di ulteriori attacchi da parte di Israele, l’Iran risponderà con una forza maggiore. Questo è stato seguito dalle dichiarazioni del capo di Stato maggiore delle Forze armate iraniane, Mohammad Bagheri, che ha enfatizzato il successo degli obiettivi dell’operazione e che Teheran non intraprenderà ulteriori azioni di questo genere se Israele non risponderà all’attacco.
In risposta, Netanyahu promette una risposta adeguata, ma non immediata. Tuttavia, Tel Aviv ha deciso di temporeggiare, riservandosi di decidere la portata della reazione all’attacco.
Ora uno dei problemi è capire cosa succederà se quello che finora è stato un botta e risposta tra due paesi rivali si trasformasse in un conflitto più ampio che coinvolge tutta la regione.
Iran-Israele: cosa succede adesso?
Difficile capire la prossima mossa di Israele. Potrebbero esserci tre scenari secondo l’analisi di Luigi Toninelli (Ispi). Il primo scenario prevede una mancata risposta da parte di Israele, portando così a una conclusione dell’escalation attuale e a un possibile raffreddamento delle tensioni tra i due paesi. Il secondo scenario potrebbe vedere Israele rispondere con un attacco limitato ma significativo contro l’Iran. In questo caso, potrebbero essere presi di mira i proxy iraniani nella regione, come Hezbollah in Libano e gruppi miliziani in Siria e Iraq. Infine, il terzo scenario, il più inquietante, potrebbe richiamare a quanto accaduto a Gaza in passato. In tal caso, Israele potrebbe decidere di affrontare direttamente la minaccia iraniana, cercando di neutralizzarla una volta per tutte prima che questa possa contare sull’arma atomica che sembra sia in grado di avere in poco tempo. Questo potrebbe includere azioni mirate contro obiettivi iraniani sensibili.
L’auspicio è che Israele segua le linee guida di Biden. Tuttavia, come abbiamo visto nelle scorse settimane, gli Stati Uniti non sempre sono riusciti a convincere Israele a tenere il piede sul freno, come dimostrato dalle operazioni a Gaza e dall’ascesa delle tensioni nel Sud del Libano e nel Nord di Israele. Inoltre, il ruolo degli stati arabi sunniti della regione potrebbe essere cruciale. Paesi come l’Arabia Saudita, la Giordania, gli Emirati Arabi Uniti e l’Egitto sono storicamente ostili all’Iran e sono profondamente preoccupati dalle azioni di Teheran. La loro risposta politica sarà un fattore determinante per il futuro della situazione nel Medio Oriente.