Tra l’Occidente e la Cina qualcosa sta cambiando e le distanze con Pechino, benché sempre grandi, si stanno un po’ accorciando. La Cina non è vicina, diversamente da come raccontava nel 1967 un bellissimo film di Marco Bellocchio, ma è meno lontana di qualche tempo fa. La seconda visita cinese in pochi mesi della Segretaria al Tesoro americano, Janet Yellen, e, nel suo piccolo, la riunione della Commissione Italia-Cina dell’altro giorno in vista del prossimo viaggio a Pechino della premier Giorgia Meloni testimoniano che qualcosa si muove. Non sono rose e fiori e la mission della Yellen non è ovviamente bastata a convincere i cinesi a ridurre la propria capacità produttiva nell’high tech, come non sarà una passeggiata la visita della Meloni. Però il riavvicinamento è nelle cose perché, come spiegava su “la Repubblica” il brillante economista bocconiano Giorgio Barba Navaretti “business is business” e “un Occidente senza Cina e un mondo diviso in due bocchi commerciali ed economici, è un’opzione troppo costosa per realizzarsi veramente” perché “una grande parte dell’economia mondiale continuerà a girare intorno al gigante asiatico” e l’interdipendenza commerciale “è ineludibile”. I costi una rottura sarebbero devastanti e non caso il Fondo Monetario Internazionale ha calcolato che, se ciò malauguratamente avvenisse con un riposizionamento della produzione fuori dalla Cina, gli Stati Uniti e l’Europa perderebbero tra il 2 e il 4% del Pil e per Pechino sarebbe ancora peggio. Non si può fare. Ben venga il riavvicinamento.
La Cina ritorna più vicina: business is business. Insostenibili i costi di una rottura
Qualcosa si muove tra Cina e Occidente e le distanze si riducono: è interesse reciproco ma è anche un bene. Il doppio viaggio della Yellen e la prossima visita di Meloni