La Corte d’Appello di Roma ha emesso una sentenza fondamentale per Tim, ponendo fine a una disputa legale durata ben 15 anni. La questione riguardava il rimborso del canone concessorio del 1998, subito dopo la liberalizzazione nel settore delle telecomunicazioni. Lo annuncia l’operatore italiano in una nota.
L’importo da restituire, approssimativamente 500 milioni di euro, comprende il canone originale più somme significative per rivalutazione e interessi, totalizzando circa 1 miliardo di euro. La sentenza, con effetto immediato, richiede a Tim di avviare tempestivamente le azioni necessarie per recuperare tale importo.
Il lungo iter legale ha visto anche l’intervento significativo della Corte di Giustizia dell’Unione europea, che in più occasioni ha evidenziato l’incongruenza tra la direttiva sulla liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni e le disposizioni nazionali che avevano prorogato l’obbligo di pagamento del canone per l’anno 1998 agli operatori del settore. In particolare, nel 2020 la Corte europea ha sottolineato che la normativa comunitaria non ammetteva la possibilità per le normative nazionali di estendere l’obbligo, precedentemente imposto alle imprese di telecomunicazioni, come Tim, di versare un canone calcolato sul fatturato per l’anno 1998. Era consentita soltanto la richiesta di copertura dei costi amministrativi legati al rilascio, gestione, controllo e attuazione delle autorizzazioni generali e delle licenze individuali.