Tutte le volte che si parla di decarbonizzazione del sistema Italia, ci si scontra con un convitato di pietra energetico che è l’idrogeno verde. Quella fonte non inquinante, molto redditizia, ottenuta mediante l’elettrolisi dall’acqua e solo con energie rinnovabili. Per produrre idrogeno verde ci vogliono gli elettrolizzatori, macchine all’avanguardia in rapida diffusione. Il loro impiego aiuta le industrie a non generare più CO2 ma ce ne sono pochi in attività.
Il convitato, tuttavia, può essere smosso per dare una mano vera ai processi di trasformazione dell’industria italiana. Non per niente l’idrogeno verde è indicato anche nel piano no-carbon dell’ex Ilva di Taranto. L’Italia, purtroppo, non ha un contesto regolatorio che ne agevola la diffusione. Tutt’altro. Oggi, più di prima c’è bisogno “di una strategia nazionale che indirizzi gli sforzi verso il consolidamento della filiera e il perseguimento degli obiettivi di decarbonizzazione”.
Contributo all’innovazione
La proposta non arriva da industriali interessati alla diffusione dell’ idrogeno, ma da uno studio di Cassa Depositi e Prestiti. Un documento molto utile, allorché il governo in primis ne intenda sfruttare il valore scientifico e industriale. Ė significativo che il brief sia nato all’interno di una struttura pubblica che segue il mercato e le opportunità di investimento utili al paese. L’innovazione tecnologica è la partita più delicata che si gioca in un contesto globale, dove se esci sconfitto non si sa quando potrai riprenderti.
L’Italia, nonostante le esitazioni accumulate negli ultimi tempi sulla transizione energetica, secondo Cdp ha dei punti di forza rispetto ad altri paesi europei. Tra questi ci sono un sistema manifatturiero ai primi posti nell’UE per produzione di tecnologie termiche e meccaniche convertibili all’idrogeno. Il paese ha una rete del gas capillare e riconvertibile, oltre a una crescente produzione di energie rinnovabili e di biometano.
Dal punto di vista tecnologico sono elementi che ”rendono l’idrogeno verde facilmente integrabile nel sistema energetico”. Da parte nostra ricordiamo che industrie come Tenaris, Snam, Edison da tempo sperimentano l’uso di idrogeno pulito nelle acciaierie Dalmine. È la volontà politica, ancora una volta, a dover stabilire un quadro di regole e di incoraggiamento per non restare indietro. A favorire passi avanti, non la negazione di un tragitto ecosostenibile studiato a lungo e sicuramente perfettibile. Viviamo tempi resi difficili da interpretazioni ideologiche su temi cardine.
Che farà il Governo?
Cdp ritiene che la posizione geografica italiana sia strategica per la costruzione di quell’hub energetico per i flussi provenienti dal Nord Africa. La premier Giorgia Meloni sarà contenta di questo passaggio che puntella il suo Piano Mattei. Prima di vedere realizzato quel Piano, però, ”servono meccanismi di incentivazione per la produzione di idrogeno in grado di colmare il gap di costo rispetto alle fonti fossili, in aggiunta a quelli già previsti dal Pnrr”. È un’occasione d’oro per segnali di svolta.
Siamo al quid, ossia alla previsione di una specifica componente di spesa da accompagnare alla semplificazione del rilascio delle autorizzazioni. In pratica c’è da costruire un disegno di organizzazione della filiera energetica che riservi uno spazio all’idrogeno green. Può darsi che in Cdp stiano studiando anche altre opzioni per facilitare il compito ai decisori politici, sempre che questi non intendano ancora “fare la guerra”a Bruxelles.
Data l’autorevolezza del brief che si collega al pacchetto di proposte contenute nel Fit-for-55 europeo e agli obiettivi ambiziosi al 2030, che giudizio ne darà il governo? Nella transizione, l’idrogeno prenderà il posto del gas naturale ? Si, ma il convitato di cui dicevamo, deve aumentare almeno del 50% la capacità da fonti green installata” per sostituire un quinto del gas naturale utilizzato”. Vogliamo davvero decarbonizzare l’industria pesante (vetro, meccanica, siderurgia)? Il gas rappresenta l’85% dei consumi dell’intera manifattura italiana. Cambierà tutto nei prossimi sei anni ? La sostenibilità dell’Italia è nella mission di Cdp, società controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il Ministro dovrebbe dare un primo riscontro a un importante documento “fatto in casa” e spianare la strada alle soluzioni indicate. Non resta che sperare.