Monta il caso del batterio Xylella, dopo che di recente l’Unione europea ha stimato in 30 milioni gli ulivi da abbattere, per evitare un contagio che si allargherebbe ben oltre la Puglia e l’Italia, e arrivano le prime richieste di risarcimento. Il destinatario è la Regione Puglia, colpevole – secondo le autorità continentali – di aver sottovalutato il problema per motivi politici: e così all’attacco sono passati intanto i vivaisti, che hanno promosso un’azione civile collettiva (curata dallo studio Trevisan & Cuonzo di Milano) nei confronti della Regione “per il risarcimento degli ingenti danni patrimoniali e di immagine subiti in conseguenza della mala gestio dell’emergenza Xylella che ha portato al blocco delle importazioni da parte dei Paesi terzi di tutto il materiale vivaistico potenzialmente sensibile al batterio della Xylella.
Il batterio della Xylella fastidiosa ha colpito un’estesa porzione dell’intero territorio pugliese, ma ha focolai evidenti anche nelle regioni Liguria e Toscana. E per arginare la contaminazione molti Paesi esteri hanno bloccato l’export degli ulivi e di altre varietà arboree soggette al batterio, di cui l’Italia è produttore leader. La Commissione europea ha in corso una ispezione in Puglia per valutare l’evolversi della situazione, mentre è di pochi giorni fa la visita del Ministro dell’Agricoltura in Puglia per monitorare la situazione. La class action, che avrà una richiesta risarcitoria di diversi milioni di euro (quantificati al momento intorno ai 4 milioni di euro ma destinati ad aumentare esponenzialmente), entra nel vivo in seguito al deposito del decreto di archiviazione da parte della Procura di Lecce.
Se infatti, da un lato, il decreto di archiviazione ha escluso l’ipotesi di reato di inquinamento ambientale, dall’altro ha dato forza alle accuse e le richieste di risarcimento per danno patrimoniale. Il giudice di Lecce ha confermato come la gestione dell’emergenza, soprattutto nella fase di iniziale insorgenza del fenomeno, sia stata caratterizzata da “molteplici irregolarità”, “incredibile ritardo” e “inadeguatezza delle misure adottate”. Si tratta di accuse che i magistrati pongono a carico degli organi preposti alla gestione dell’emergenza Xylella che, si legge testualmente negli atti di indagine, “disponevano da tempo degli elementi sufficienti per individuare la patologia, la sua rapida diffusione e conseguentemente confrontarsi con un approccio il più possibile condiviso sul suo contenimento”. Negli atti di indagine si parla addirittura di “incredibile sciatteria” che ha caratterizzato l’operato dei soggetti preposti alla gestione del fenomeno e tra questi anche funzionari e dirigenti dell’Osservatorio o della Regione Puglia.
“Abbiamo fornito al Tribunale di Lecce – ha commentato l’avvocato Vincenzo Acquafredda, socio dello studio Trevisan & Cuonzo – le conclusioni dell’indagine svolta in sede penale che a nostro avviso rappresentano un’importante conferma della nostra tesi difensiva contro la Regione Puglia ed il proprio Osservatorio Fitosanitario. Riteniamo che siano stati inefficaci tutti i provvedimenti adottati da Regione e Osservatorio soprattutto durante la prima fase della diffusione della patologia vegetale. In particolare, la nostra tesi è che non vi sia stata una reazione tempestiva all’insorgenza del fenomeno con la conseguente mancata attuazione di idonee misure per il contenimento del batterio e di una adeguata comunicazione agli operatori del settore”.