A un passo dal crack Signa, il colosso immobiliare di origine austriaca, ha pensato alla famiglia del fondatore, René Benko, e ha trasferito un pacchetto complessivo di oltre 300 milioni. La ricostruzione è del Financial Times, secondo il quale risulta che Signa Development abbia versato 125 milioni a Laura Finance Holding e altri 190 milioni di euro a Laura Holding, due filiali della Fondazione Laura (il nome della figlia di Benko), guidata dalla madre del fondat
Signa all’inizio di novembre aveva dovuto portare i libri in tribunale nonostante Renè Benko abbia fatto di tutto, liquidando anche gioelli e il suo amato yacht, per evitarlo. Poi a fine anno due divisioni chiave della società immobiliare hanno mostrato di essere sull’orlo della bancarotta. La prima è Prime Selection, la più grande divisione del gruppo con proprietà valutate 19,3 miliardi e 4,5 miliardi di debiti, che ha presentato istanza di ristrutturazione autogestita al Tribunale di Vienna. La seconda è Prime Development, che ha un bilancio di 4,6 miliardi. Gli analisti stimano per il crack del colosso immobiliare un buco di oltre 10 miliardi
I creditori non sono stati informati
I dettagli riporati da FT sui trasferimenti sono emersi dal bilancio e dai documenti che i creditori di Signa hanno ricevuto dal gruppo immobiliare all’interno della procedura di auto-amministrazione, che permette di ristrutturarsi sotto il controllo del Tribunale, a cui sono ricorse diverse divisioni oltre alla holding. I creditori, tra cui rientrano diverse banche europee, compresa Unicredit, non hanno ricevuto spiegazioni sul perché dei trasferimenti. E dalla dichiarazione di insolvenza di Signa Development emerge che la società non punta a recuperare il denaro.
Qualcosa non torna riguardo i prestiti infra gruppo
I documenti hanno rivelato che Signa Development ha trasferito centinaia di milioni anche ad altre entità del gruppo, violazioni che a dicembre hanno spinto il cda a licenziare l’ad Timo Herzberg. In generale, il confine tra gli interessi personali di Benko e quelli di Signa si è rivelato spesso sottile. Prestiti reciproci sono avvenuti tra diverse entità del gruppo, una pratica che si è intensificata nei mesi prima del quasi crack. Tutto ciò a discapito dei creditori, perché dai conti di Signa Development del primo semestre 2023 è emerso che, nonostante la vendita degli asset pregiati, la liquidità in contanti ammontava a soli 32 milioni di euro. Spiccioli per un gruppo con un patrimonio immobiliare del valore di circa 28 miliardi, tra cui rientravano anche il grattacielo Chrysler di New York e i grandi magazzini Selfridges di Londra.