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Bettino Craxi, 24 anni fa la morte del leader socialista: è tempo di rileggere la sua storia oltre Mani pulite

L’anniversario della morte di Craxi, commemorato ad Hammamet, spinge a una riflessione critica della sua storia che vada oltre la semplice vicenda giudiziaria

Bettino Craxi, 24 anni fa la morte del leader socialista: è tempo di rileggere la sua storia oltre Mani pulite

Ieri e oggi nel  cimitero cristiano di Hammamet la commemorativa del 24° anniversario della morte di Bettino Craxi. Poi alla Galleria “In Art” della Medina, inaugurata la mostra fotografica “Craxi e l’Europa” che ripercorre, attraverso immagini custodite nell’archivio dell’istituto, i momenti salienti, i vertici, gli incontri tenuti dal leader socialista nelle varie stagioni che hanno accompagnato la sua azione per la costruzione comunitaria. Proiettato anche il cortometraggio “Europa, Europa”.

Anche quest’anno numerose presenze per l’omaggio alla tomba di Craxi, ai piedi della Medina, affacciata sul mare e rivolta all’Italia con sopra la scritta, voluta dall’ex premier, “La mia libertà equivale alla mia vita”.

In un videomessaggio alla Fondazione Craxi il presidente della Camera, il leghista, Lorenzo Fontana definisce Craxi “un uomo politico di indubbio rilievo: la sua azione e le sue scelte hanno lasciato un’impronta indelebile nella scena pubblica del nostro Paese”. Fontana ricorda che ” Craxi si fece interprete dei ceti più dinamici e produttivi, non dimenticando i più deboli. La sua vittoriosa battaglia sul costo del lavoro, con il taglio di tre punti di scala mobile, contribuì ad abbattere l’inflazione. L’Italia divenne la quinta potenza industriale del mondo. Fu firmato un nuovo concordato fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica”. Molte altre personalità politiche hanno ricordato la figura del leader socialista. Silenzio dal Pd, il  cui antenato Pds, abbandonato come un cane in autostrada dopo il crollo dell’Urss, fu recuperato nell’Internazionale socialista proprio da Bettino Craxi nel 1992.

È comunque onesto riconoscere che da alcuni anni nell’approssimarsi degli anniversari dell’inchiesta di Mani pulite è in atto – oltre che un’importante rivalutazione, sia pure a denti stretti, del politico e dello statista socialista – una comune analisi del fenomeno del finanziamento illegale dei partiti, come comportamento sistemico, sia pure con differenti protagonisti, interlocutori e metodi,  in ogni fase della storia del secondo dopoguerra.

E fu proprio tale forma di finanziamento – della cui esistenza era in generale consapevole l’opinione pubblica  (dal momento che quelle pratiche di corruttela non erano solo visibili, ma note) – a fungere da passepartout per accedere all’accusa di reati più gravi di concussione e corruzione, attraverso l’abuso, a strascico, della carcerazione preventiva,  allo scopo di indurre confessioni e delazioni.

Sembra essere ormai chiarito (ed ammesso anche dagli interessati più onesti intellettualmente) che il pool di Milano si servì di un vero e proprio bisturi per amputare il sistema politico, senza infierire su alcuni settori a cui fu nei fatti affidata la ricostruzione di un sistema nuovo. Mentre le forze politiche laiche e socialiste,  all’interno dell’alleanza di pentapartito, vennero demolite, furono risparmiate le correnti della sinistra democristiana e il Pds, anche se agli eredi del Pci fu chiesto di pagare il pegno di qualche esponente migliorista meneghino  di seconda fila, proprio perché ritenuto filo-socialista e perciò corruttibile e coinvolto nell’andazzo della cosiddetta Milano da bere, la capitale del craxismo realizzato.

Tipico fu il caso dell’Emilia Romagna dove le inchieste furono pochissime (e riguardanti qualche dirigente minore della cooperazione): per salvare gli ex Pci, le toghe inquirenti dovettero chiudere un occhio anche per i socialisti e i democristiani, da sempre invitati, pro quota, alle spartizioni dei finanziamenti illeciti (perché non denunciati a bilancio).  È comunque significativo che i protagonisti di quelle inchieste allora idolatrati dall’opinione pubblica e dai quotidiano alla stregua di tanti San Giorgi che infilzano il drago, oggi siano dimenticati. 

L’ultimo sopravvissuto a livello pubblico di quel pool delle stelle, Piercamillo Davigo è incappato nella legge del contrappasso e si trova sotto processo a criticare la corte che lo giudica.  La storia di ricorderà di Bettino Craxi. Craxi, morto a 65 anni, quasi 66, quest’anno tra un mese, il 24 febbraio, avrebbe compiuto 90 anni.

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